XFactor 11: il Fedez melodico e il Morgagnelli fenomeno

Il palco del Bootcamp a Livorno (blogosfere.it)
Che questa per XFactor fosse un’annata dispari si era capito sin dalla prima puntata delle audizioni: poco talento, poca varietà, poca prospettiva e… poche eccezioni. La conferma è arrivata dai Bootcamp: come ogni anno, i quattro giudici hanno dovuto ridurre a 48 i qualificati, ma stavolta il lavoro non è stato particolarmente duro perché i “sì” accordati durante le audizioni erano appena 73. E c’era pure la cinese che cantava Mina, per dire.

E così, la fase del “taglio delle teste” è apparsa molto meno cruenta del solito. Meglio, così siamo arrivati in maniera indolore al gioco delle sedie, tradizionalmente il momento più selvaggio del talent, quello in cui esplodono contraddizioni e differenze di gusti musicali tra i giudici e il pubblico e tra i singoli giudici. Ricordate i fischi e la rivolta popolare che accolsero l’eliminazione di Gabriele Esposito da parte di Arisa? Ecco, stavolta non accade niente di tutto ciò. Anche perché Gabriele Esposito, questa volta, è nelle mani di Fedez e passa in scioltezza.

Fedez il primo a conoscere la sua categoria  (xfactor.sky.it)
A proposito di Fedez (voto 5): il primo giudice a conoscere la sua categoria e a dover quindi selezionare i cinque concorrenti da portare agli Home Visit – altra novità, erano sei fino all’anno scorso – aveva per le mani tanta roba, almeno stando all’impressione destata dai ragazzi alle audizioni. Ma si è incartato nel tentativo di risultare più raffinato e “melodico” del suo pedigree, si è ritrovato senza un rapper che sia uno e soprattutto, a metà Bootcamp, con una serie di cantanti da ballad un po’ in fotocopia. Anche perché all’inizio aveva distribuito sedie a tutti tranne a quelli che si sono suicidati con la scelta del pezzo (Dune mosse di Zucchero o Mentre tutto scorre dei Negramaro). Alla fine ha eliminato via via i primi che si erano seduti, ma soprattutto ha approfittato dell’improvvisa abbondanza per togliersi davanti Francesco Bertoli, ex cantante dei Jarvis che lo scorso anno si erano ritirati dopo aver conquistato gli Home Visit, nonostante la sua Let me entertain you di Robbie Williams fosse stata una delle esibizioni migliori. Della sua squadra fa parte un possibile vincitore, il 19enne rifugiato nigeriano Samuel Storm, che tra l’altro non potrà fare gli Home Visit con gli altri perché si svolgeranno all’estero e lui, per il suo status, non può espatriare. Un “bagno” di realtà che non guasta.

Il momento dell'assegnazione dei gruppi (xfactor.sky.it)
La seconda categoria a caccia di sedia (anzi, di sgabello Kartell) è quella dei gruppi, la cui assegnazione a Manuel Agnelli (voto 6,5) è una sorpresa quanto l’identità di Superpippo secondo Claudio Bisio. I primi concorrenti sono i palermitani Heron Temple, che avevano chiuso le audizioni con una delle migliori esibizioni in assoluto. Stavolta in Way down we go degli islandesi Kaleo armonizzano in maniera un po’ meno precisa, ma sono comunque troppa roba per lasciarli fuori specie in un’edizione sin qui modesta. Dopo aver cacciato abbastanza in malo modo un paio di band e aver apostrofato i Belize per la scelta di Perfect degli Smashing Pumpkins («Questa canzone è un suicidio, vi siete suicidati», e infatti di lì a poco li fa alzare), Manuel finisce ancora una volta vittima del suo personalissimo buonismo politically correct: si porta agli Home Visit il duo Sam & Stenn che in pantaloncini e lustrini canta (si fa per dire) Into you di Ariana Grande, e invece lascia a piedi i The Noizers autori di un coraggioso mash-up tra due brani di De Andrè (Dolcenera e Bocca di rosa) facendosi condizionare dall’idea snob del sacrilegio e prendendosela con il cantante che invece a me ha ricordato Danilo Sacco dei Nomadi. Forse non sono abbastanza freak, al loro posto si accomodano i Maneskin che insieme ai Ros (interessante la loro Svalutation di Adriano Celentano) sono forse i più convincenti della serata grazie a un’ottima versione di Io vengo dalla luna di Caparezza.


A questo punto, l’impressione è che con i gruppi stia accadendo l’esatto contrario di quello che abbiamo visto con gli Under Uomini: una categoria con più talento di quanto avevamo visto alle audizioni, anche se il colpo finale di Manuel è una ingiustificata sedia al duo spagnolo Ana e Carolina, la prima con una voce pazzesca sulle note basse e sempre meno convincente più si alza, l’altra che sa appena strimpellare la chitarra e fare i coretti. Ma ormai lo sappiamo: se non fa il fenomeno, Morgagnelli gode solo a metà.

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