lunedì 1 aprile 2019

Il metodo De Luca: «Chiudiamoli a casa loro». Ah, era «aiutiamoli»?

I pompini di Cateno (da Facebook)

«Lo sa? Mai nessun bipede al mondo
ha avuto tanta urgenza di
un biscotto sanfratellano quanto lei!»
(Robin Williams - Good morning, Vietnam!)

Io, onestamente, ’sti tizi della Gazzetta del Sud proprio non li capisco. E dire che ci lavoro pure. Pensavano di poter criticare impunemente Cateno Laqualunque per il divieto di sosta durante la presentazione della candidatura alle Europee di un suo assessore (ovviamente quello alla Viabilità, non mi viene in mente il nome), o addirittura di potersi scandalizzare per il greve gioco di parole sui biscotti tipici di San Fratello, una battuta da fenomeno del baretto (immagino la scena: Cateno che entra da Gugliotta in piazza a Fiumedinisi e tutti a chiedergli «Dài, raccontane una delle tue!» per poi offrirgli il caffè, d’altra parte in ogni bar c’è un personaggio così) senza scatenare la reazione dell’Unto del Signore, uno che parla al telefono col Papa un giorno sì e l’altro pure, solo perché la battuta è stata fatta da uno che dovrebbe essere il sindaco? (Dico «dovrebbe» perché nulla di quanto ha fatto finora avvalora questa ipotesi?)

Ma soprattutto, voi che di mestiere fate i cronisti, non conoscete la storia? Perdete tempo a polemizzare sulle bancarelle del mercato della Zir piazzate per ordinanza davanti ai passi carrabili di via Bonino (immagino redatta dall’illuminato dirigente al ramo di nome Mario Pizzino del quale non voglio parlare male perché è comunque una creatura di Dio, in latino Opus Dei) come se fosse semplicemente un atto amministrativo giusto o sbagliato, consentendo a questo signore di palleggiarsi le responsabilità con l’assessore non-mi-ricordo-il-nome e con il dirigente me-lo-ricordo-benissimo-purtroppo o addirittura di berciare che verificherà se quei passi carrabili siano in regola (ma Cateno, Catenuccio, Catenello: in quel caso li revochi e basta, non ci piazzi le bancarelle. Dài cazzo, è l’ABC!) quando invece vi sarebbe bastato leggere IlMaxFactor per sapere che è semplicemente il “metodo De Luca”, il trattamento che Cateno Laqualunque riserva a chi si permette di contrariarlo?

Cateno De Luca in Tribunale (stampalibera.it)
E vabbè, mettetevi comodi così vi spiego (anzi, intanto vi metto qui il link nel caso vogliate leggere tutta la storia). Parliamo del processo per quello che è stato definito – con un’espressione cara a Cateno – il “sacco di Fiumedinisi”, che inizierà in Appello il 6 maggio dopo che in primo grado il Nostro è stato assolto per due reati e prescritto per gli altri otto. Cateno era accusato di aver utilizzato i finanziamenti del “Contratto di Quartiere”, quando era sindaco del paesino ionico, per fare delle speculazioni edilizie attraverso società amministrate da lui o dal fratello Tindaro (non sono coinvolte le sorelle Fatima e Czestochowa). Solo che alcuni cittadini, proprietari dei terreni sui quali la società “Dioniso” – della quale Cateno era amministratore unico – doveva costruire degli alloggi in cooperativa e un parcheggio, non glieli volevano vendere. Allora lui, da buon padre di famiglia, li minacciava di espropriarli pagandoli ovviamente molto meno di quanto aveva offerto inizialmente e con questo argomento cercava senza esito di convincerli che a loro convenisse vendere (ecco perché il reato, da concussione, è stato riqualificato in “induzione indebita a dare o promettere utilità” e quindi prescritto: era solo un consiglio da amico!).

Un colpo di fortuna per Cateno, perché di lì a poco quei terreni si rivelavano essere “stregati”: nel fondo di Domenico Giardina e Maria Ricca si rompeva per ben due volte in pochi giorni la conduttura idrica e il Comune non riusciva a ripararla, e come se non bastasse si materializzava improvvisamente un’enorme quantità di sterro e materiale di risulta che ostruiva completamente l’accesso al terreno (secondo le testimonianze sarebbe stata opera di un fantasma travestito da camion della società “Dioniso”). Il terreno di Carmelo De Francesco, invece, si trovava la stradella d’accesso sulla quale aveva una servitù di passaggio bloccata da materiali di scavo, e addirittura sempre il fantasma travestito da camion della “Dioniso” vi depositava delle grosse tubazioni in cemento per essere sicuro che nessuno potesse accedervi. Certo, il fantas... ehm, Cateno ha recisamente negato la circostanza (minacciando denunce a destra e a manca), che però è citata in sentenza come pacifica; inoltre, in entrambi i casi è intervenuto il Tribunale civile di Messina ordinando alla “Dioniso” di rimuovere i materiali. Quindi il fantasma l’aveva pensata proprio bene.

La birra Minchia
Ora, non ci trovate almeno un paio di sinistre coincidenze con la vicenda che ha coinvolto la Gazzetta? Anche in questo caso, dopo le critiche seguite alla piéce teatrale sui pompini sanfratellani che era finita pure su Dagospia, c’era stato un avvertimento: il giornalista Sebastiano Caspanello era stato simpaticamente invitato a prendere una Minchia, la birra artigianale della quale Cateno è testimonial, ma da quell’orecchio non ci aveva sentito (forse perché ascolta Ligabue, e alla lunga l’orecchio si ribella per forza) e aveva così sfidato, con tutta la Gazzetta, le forze del Male e il Fantasma Formaggino. Che ha piazzato le bancarelle fin dentro la stanza del capocronista Lucio D’Amico confidando nel fatto che il giorno dopo sarebbe stato il 1. Aprile e quindi, alle brutte, poteva sempre giocarsi la carta dello scherzone. O al limite giustificarsi dicendo che, nel suo percorso di avvicinamento politico alla Lega di Salvini, aveva mal interpretato lo slogan «Aiutiamoli a casa loro» capendo invece «Chiudiamoli a casa loro»...

Direte voi: bravo, fai pure lo spiritoso, ma allora tu cosa avresti fatto al posto dei tuoi colleghi della Gazzetta? Presto detto: avrei telefonato alla diffusione e mi sarei fatto mandare un furgone con la resa dell’ultimo periodo da scaricare dentro Palazzo Zanca, proprio davanti alla porta dell’ufficio del sindaco. Così Cateno non sarebbe potuto entrare – e, in questo modo, almeno per quel giorno non avrebbe potuto fare danni – esattamente come i dipendenti della Gazzetta domenica. Scherzo troppo crudele? Ma no; se anche a Cateno fosse venuto un colpo per la rabbia, a Palazzo Zanca c’è il defibrillatore donato da Accorinti che gli avrebbe salvato la vita. Così avrebbe dovuto pure ringraziare Renato... Questa sì, che è una vendetta. Dilettanti.

1 commento:

  1. Bravo Max
    se ognuno di no dicesse quello che pensa, anche non in modo brillante come sai fare tu, la nostra povera Messina avrebbe qualche speranza in più.
    Bravo Max, e grazie

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