Il metodo De Luca: «Chiudiamoli a casa loro». Ah, era «aiutiamoli»?
I pompini di Cateno (da Facebook) |
«Lo sa? Mai nessun
bipede al mondo
ha avuto tanta urgenza di
un biscotto sanfratellano quanto lei!»
(Robin Williams - Good morning, Vietnam!)
ha avuto tanta urgenza di
un biscotto sanfratellano quanto lei!»
(Robin Williams - Good morning, Vietnam!)
Io, onestamente, ’sti
tizi della Gazzetta del Sud proprio
non li capisco. E dire che ci lavoro pure. Pensavano di poter criticare
impunemente Cateno Laqualunque per il divieto di sosta durante la presentazione
della candidatura alle Europee di un suo assessore (ovviamente quello alla
Viabilità, non mi viene in mente il nome), o addirittura di potersi
scandalizzare per il greve gioco di parole sui biscotti tipici di San Fratello,
una battuta da fenomeno del baretto (immagino la scena: Cateno che entra da Gugliotta
in piazza a Fiumedinisi e tutti a chiedergli «Dài, raccontane una delle tue!»
per poi offrirgli il caffè, d’altra parte in ogni bar c’è un personaggio così)
senza scatenare la reazione dell’Unto del Signore, uno che parla al telefono
col Papa un giorno sì e l’altro pure, solo perché la battuta è stata fatta da
uno che dovrebbe essere il sindaco? (Dico «dovrebbe» perché nulla di quanto ha
fatto finora avvalora questa ipotesi?)
Ma soprattutto, voi che
di mestiere fate i cronisti, non conoscete la storia? Perdete tempo a
polemizzare sulle bancarelle del mercato della Zir piazzate per ordinanza
davanti ai passi carrabili di via Bonino (immagino redatta dall’illuminato
dirigente al ramo di nome Mario Pizzino del quale non voglio parlare male
perché è comunque una creatura di Dio, in latino Opus Dei) come se fosse semplicemente un atto amministrativo giusto
o sbagliato, consentendo a questo signore di palleggiarsi le responsabilità con
l’assessore non-mi-ricordo-il-nome e con il dirigente
me-lo-ricordo-benissimo-purtroppo o addirittura di berciare che verificherà se
quei passi carrabili siano in regola (ma Cateno, Catenuccio, Catenello: in quel
caso li revochi e basta, non ci piazzi le bancarelle. Dài cazzo, è l’ABC!) quando
invece vi sarebbe bastato leggere IlMaxFactor per sapere che è semplicemente il
“metodo De Luca”, il trattamento che Cateno Laqualunque riserva a chi si
permette di contrariarlo?
Cateno De Luca in Tribunale (stampalibera.it) |
E vabbè, mettetevi comodi
così vi spiego (anzi, intanto vi metto qui il link nel caso vogliate leggere
tutta la storia). Parliamo del processo per quello che è stato definito – con
un’espressione cara a Cateno – il “sacco di Fiumedinisi”, che inizierà in
Appello il 6 maggio dopo che in primo grado il Nostro è stato assolto per due
reati e prescritto per gli altri otto. Cateno era accusato di aver utilizzato i
finanziamenti del “Contratto di Quartiere”, quando era sindaco del paesino
ionico, per fare delle speculazioni edilizie attraverso società amministrate da
lui o dal fratello Tindaro (non sono coinvolte le sorelle Fatima e Czestochowa).
Solo che alcuni cittadini, proprietari dei terreni sui quali la società
“Dioniso” – della quale Cateno era amministratore unico – doveva costruire degli
alloggi in cooperativa e un parcheggio, non glieli volevano vendere. Allora
lui, da buon padre di famiglia, li minacciava di espropriarli pagandoli
ovviamente molto meno di quanto aveva offerto inizialmente e con questo
argomento cercava senza esito di convincerli che a loro convenisse vendere
(ecco perché il reato, da concussione, è stato riqualificato in “induzione
indebita a dare o promettere utilità” e quindi prescritto: era solo un
consiglio da amico!).
Un colpo di fortuna per
Cateno, perché di lì a poco quei terreni si rivelavano essere “stregati”: nel
fondo di Domenico Giardina e Maria Ricca si rompeva per ben due volte in pochi
giorni la conduttura idrica e il Comune non riusciva a ripararla, e come se non
bastasse si materializzava improvvisamente un’enorme quantità di sterro e
materiale di risulta che ostruiva completamente l’accesso al terreno (secondo
le testimonianze sarebbe stata opera di un fantasma travestito da camion della
società “Dioniso”). Il terreno di Carmelo De Francesco, invece, si trovava la
stradella d’accesso sulla quale aveva una servitù di passaggio bloccata da
materiali di scavo, e addirittura sempre il fantasma travestito da camion della
“Dioniso” vi depositava delle grosse tubazioni in cemento per essere sicuro che
nessuno potesse accedervi. Certo, il fantas... ehm, Cateno ha recisamente
negato la circostanza (minacciando denunce a destra e a manca), che però è
citata in sentenza come pacifica; inoltre, in entrambi i casi è intervenuto il
Tribunale civile di Messina ordinando alla “Dioniso” di rimuovere i materiali.
Quindi il fantasma l’aveva pensata proprio bene.
La birra Minchia |
Ora, non ci trovate
almeno un paio di sinistre coincidenze con la vicenda che ha coinvolto la Gazzetta? Anche in questo caso, dopo le
critiche seguite alla piéce teatrale
sui pompini sanfratellani che era finita pure su Dagospia, c’era stato un
avvertimento: il giornalista Sebastiano Caspanello era stato simpaticamente
invitato a prendere una Minchia, la birra artigianale della quale Cateno è testimonial, ma da quell’orecchio non ci
aveva sentito (forse perché ascolta Ligabue, e alla lunga l’orecchio si ribella
per forza) e aveva così sfidato, con tutta la Gazzetta, le forze del Male e il Fantasma Formaggino. Che ha piazzato
le bancarelle fin dentro la stanza del capocronista Lucio D’Amico confidando nel fatto che il
giorno dopo sarebbe stato il 1. Aprile e quindi, alle brutte, poteva sempre
giocarsi la carta dello scherzone. O al limite giustificarsi dicendo che, nel
suo percorso di avvicinamento politico alla Lega di Salvini, aveva mal
interpretato lo slogan «Aiutiamoli a casa loro» capendo invece «Chiudiamoli a
casa loro»...
Direte voi: bravo, fai
pure lo spiritoso, ma allora tu cosa avresti fatto al posto dei tuoi colleghi
della Gazzetta? Presto detto: avrei
telefonato alla diffusione e mi sarei fatto mandare un furgone con la resa
dell’ultimo periodo da scaricare dentro Palazzo Zanca, proprio davanti alla
porta dell’ufficio del sindaco. Così Cateno non sarebbe potuto entrare – e, in
questo modo, almeno per quel giorno non avrebbe potuto fare danni – esattamente
come i dipendenti della Gazzetta
domenica. Scherzo troppo crudele? Ma no; se anche a Cateno fosse venuto un
colpo per la rabbia, a Palazzo Zanca c’è il defibrillatore donato da Accorinti
che gli avrebbe salvato la vita. Così avrebbe dovuto pure ringraziare Renato...
Questa sì, che è una vendetta. Dilettanti.
Bravo Max
RispondiEliminase ognuno di no dicesse quello che pensa, anche non in modo brillante come sai fare tu, la nostra povera Messina avrebbe qualche speranza in più.
Bravo Max, e grazie