Politica: Cateno Laqualunque, “pluriassolto” o “pluriprescritto”?
Cateno De Luca e Dino Bramanti (stampalibera.it) |
Cateno
De Luca, che lunedì diventerà sindaco di Messina stravincendo il ballottaggio
contro Dino “Dammi un Crodino” Bramanti, in uno degli ultimi comizi ha
replicato all’attacco di quest’ultimo (che gli dava del «pluriindagato e
pluriarrestato») definendosi «pluriassolto». Come sempre accade nel caso di
Cateno Laqualunque, bene che vada è una mezza verità: in particolare per quanto
riguarda l’ultimo dei tanti processi che il deputato regionale ha affrontato,
quello per il cosiddetto “sacco di Fiumedinisi”, anche se Cateno detesta quella definizione tanto da minacciare di querela
chiunque la utilizzi.
Quello che diceva
Bramanti, in soldoni, è che se Cateno Laqualunque venisse eletto si troverebbe
quasi subito a fronteggiare due scadenze potenzialmente già esiziali per il suo
mandato di sindaco. Perché il 28 giugno (ad appena quattro giorni dal
ballottaggio) è in programma l'udienza preliminare del processo relativo alla Fenapi, nel quale è accusato di evasione fiscale, mentre il 2 luglio la Corte di Cassazione dovrà esaminare un altro ricorso della
Procura: quello contro la scarcerazione di De Luca, decisa dal Gip e confermata dal Tribunale della libertà, nella stessa operazione. Se la Suprema Corte
dovesse accogliere il ricorso e annullare l'ordinanza del Tdl, in effetti il neo sindaco potrebbe essere nuovamente
arrestato. A settembre, poi, si aprirà il processo d'appello per il "sacco di Fiumedinisi" nel quale, in primo grado, la Procura aveva chiesto la condanna di De Luca a ciqnue anni. Quindi non si può affermare – o meglio, si
può se sei Cateno, visto che a lui la verità interessa il giusto – che Bramanti
abbia rivelato chissà quali segreti giudiziari conosciuti tramite il complotto
giudo-pluto-massonico: Cateno sa perfettamente cosa rischia, e non per questo
si è tirato indietro.
Per carità, Cateno sa
perfettamente anche di non essere “pluriassolto” ma “pluriprescritto”
quantomeno nel processo per abuso d’ufficio, tentata concussione e falsità
ideologica (più qualche reato edilizio di contorno) che si è concluso a novembre
del 2017 a ben tredici mesi dalla richiesta di condanna. (Qui il link all’articolo
nel quale ricostruisco i trucchi con i quali Cateno è riuscito a far passare
tanto tempo, solo in parte coperto dalla sospensione dei termini di
prescrizione.)
Un composto Cateno commenta le sue vicende giudiziarie |
Come detto, il collegio
presieduto da Mario Samperi e composto da Rosa Calabrò e Valeria Curatolo lo ha
assolto con la formula “il fatto non sussiste” solo per due episodi di abuso d’ufficio
continuato: nel primo caso avrebbe rilasciato concessioni edilizie a se stesso,
sfruttando lo strumento urbanistico del “Contratto di Quartiere” per realizzare
una
struttura alberghiera con centro benessere della società Dioniso srl della
quale era amministratore unico, i centri di formazione permanente del Caf
Fenapi srl (presidente) e 16 alloggi della cooperativa edilizia Mabel (legale
rappresentante il fratello Tindaro). Una speculazione edilizia, in pratica,
così come quella che gli veniva contestata per le delibere di Giunta con le
quali, senza aver acquisito la necessaria VIA (valutazione di impatto
ambientale) da parte della Regione, avrebbe autorizzato lavori di
consolidamento e attraversamento del torrente Fiumedinisi per far aumentare il
valore dei terreni limitrofi di sua proprietà.
Ma il “capolavoro” di
Cateno è la prescrizione – alla quale non ha mai rinunciato, a differenza di
quanto ha spergiurato per mari e monti, e alla quale anche volendo non può più rinunciare
essendo stata dichiarata in sentenza – per tutti gli altri reati, che vanno
dalla tentata concussione (non concretizzata «per motivi indipendenti dalla sua
volontà») alla falsità ideologica ad altri episodi di abuso d’ufficio, e che si
possono sintetizzare così: prima, in qualità di sindaco e con il concorso del funzionario
comunale responsabile, si sarebbe rilasciato concessioni edilizie farlocche
senza la preventiva approvazione della Regione, senza nulla osta della
Soprintendenza per le zone vincolate, senza opere di urbanizzazione. E per non
lasciare nulla al caso, in seguito avrebbe costruito – da committente – «in totale
difformità dalla concessione»: per capirci, attraverso la “Dioniso” avrebbe
realizzato «nel piano seminterrato un centro benessere e 4 camere con bagno, e nel
piano sottotetto 7 camere con servizi, e quindi realizzando due ulteriori piani
abitabili e agibili non consentiti dal Regolamento edilizio» e così via. Ma il
termine di prescrizione per questi reati è di 6 anni, quindi già nel corso del
procedimento erano quasi tutti estinti per tale motivo.
Il più interessante è
però la tentata concussione, perché getta una luce inquietante su cosa potrebbe
significare essere amministrati da uno come Cateno: si tratta di due episodi, confermati
dai testimoni (che il Nostro ha ovviamente denunciato insieme ai giudici del
collegio, al procuratore capo, al ministro della Giustizia, alla buonanima di Santi
Licheri e a Sant’Ivo, patrono dei magistrati), di pressioni esercitate, ancora
nella sua qualità di sindaco, nei confronti dei proprietari di alcuni terreni dove
De Luca e i suoi sodali avrebbero dovuto realizzare gli alloggi della
cooperativa “Mabel” del fratello Tindaro e il parcheggio a servizio di un
impianto sportivo.
Cateno De Luca a Fiumedinisi (corriere.it) |
Al rifiuto opposto da Domenico
Giardina e Maria Ricca all’offerta di acquistare il loro terreno, Cateno era
accusato di averli minacciati così: «O mu
vinni o te lo sproprio... non mi fermo, vado avanti... noi ce lo prendiamo, lo
espropriamo» e, successivamente, di aver fatto scaricare nel terreno una
gran quantità di materiale di scavo proveniente dai movimenti terra effettuati
dalla società “Dioniso” (mai rimosso nonostante l’ordine del Tribunale di
Messina) e di non aver fatto riparare la conduttura della rete idrica comunale –
rotta chissà come – a servizio del terreno. Allo stesso modo, Carmelo De
Francesco sarebbe stato minacciato così dal sindaco (dal sindaco!) dopo aver
rifiutato un’offerta di acquisto del terreno a 25 euro al metro quadrato: «Perché se no... io poi se mi serve te lo
esproprio e poi tu pagu a prezzo comune, a prezzo di mercato, a quattru euru o
metru... perché dice poi nun mi viniti a chianciri ccà se...». (Solo a me
risuona in testa Antonio Albanese nei panni di Cetto Laqualunque?) Analogo il
metodo utilizzato per convincere De Francesco che non era il caso di rifiutare
l’offerta: l’ostruzione di una stradella di accesso sulla quale il proprietario
esercitava una servitù di passaggio, e la collocazione di grosse tubazioni in
cemento sempre da parte della “Dioniso”. Anche qui, era dovuto intervenire il
Tribunale civile per garantire al proprietario di rientrare in possesso del
terreno.
Ora, se il Tribunale
avesse mantenuto per questi reati l’originaria contestazione di concussione
(art. 317 c.p.), sarebbero stati estinti per prescrizione dopo 15 anni, quindi
Cateno sarebbe stato processato e quindi condannato o assolto anche per gli
episodi che ho citato sopra; ma la Legge 190/2012 ha introdotto il reato di “induzione
indebita a dare o promettere utilità”, in continuità normativa con la vecchia “concussione
per induzione” ma con la differenza che, se nella concussione il pubblico ufficiale costringe il privato a piegarsi al suo
volere mediante violenza o minaccia, nell’induzione si tratta piuttosto di una pressione che non comporta – a differenza
della costrizione esercitata nel caso della concussione – la «compromissione
della libertà di autodeterminazione della vittima». Tanto che, in determinati
casi, viene introdotta addirittura l’opzione del concorso di quest’ultima. Ma
la differenza più significativa è che, essendo l’induzione indebita punita con
pene più lievi, la prescrizione interviene prima: 7 anni e 6 mesi anziché 15 e reato
estinto.
Cateno ai domiciliari postava video su FB |
Alzi la mano chi non ha
quantomeno aggrottato le sopracciglia: cioè, io sono il sindaco e voglio un
terreno di tua proprietà per realizzarci delle speculazioni edilizie (anche il
reato previsto dall’art. 44 lettera C del DPR 380/2001 in tema di rilievo
penale degli abusi edilizi è prescritto), tu rifiuti di vendermelo, io ti minaccio di prendermelo lo stesso
espropriandolo e, al tuo ulteriore rifiuto, ci scarico quintali di materiali di
risulta o piazzo delle tubazioni in cemento ad ostruirti l’accesso, però non ti
sto costringendo. No, no, ti sto solo inducendo,
in pratica ti ho convinto. E’ vero, le sentenze non si commentano ma si appellano:
e infatti la Procura – dopo aver aggrottato le sopracciglia, immagino – ha presentato
ricorso. Ma non per questi reati che, come detto, ormai sono estinti, bensì
solo per i casi di abuso d’ufficio più recenti per i quali il Tribunale lo ha
assolto, per dirla banalmente, perché al suo potenziale vantaggio economico non
corrispondeva un danno per altri. Se
Cateno dovesse essere condannato, “ballano” cinque anni di reclusione. A meno
che in Appello non ottenga la prescrizione anche per questi, visto che il
termine è di sei anni. Ma in quel caso, non ho alcun dubbio che rinuncerà come
ha già fatt...oops.
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