venerdì 22 giugno 2018

Politica: Cateno Laqualunque, “pluriassolto” o “pluriprescritto”?

Cateno De Luca e Dino Bramanti (stampalibera.it)

Cateno De Luca, che lunedì diventerà sindaco di Messina stravincendo il ballottaggio contro Dino “Dammi un Crodino” Bramanti, in uno degli ultimi comizi ha replicato all’attacco di quest’ultimo (che gli dava del «pluriindagato e pluriarrestato») definendosi «pluriassolto». Come sempre accade nel caso di Cateno Laqualunque, bene che vada è una mezza verità: in particolare per quanto riguarda l’ultimo dei tanti processi che il deputato regionale ha affrontato, quello per il cosiddetto “sacco di Fiumedinisi”, anche se Cateno detesta quella definizione tanto da minacciare di querela chiunque la utilizzi.

Quello che diceva Bramanti, in soldoni, è che se Cateno Laqualunque venisse eletto si troverebbe quasi subito a fronteggiare due scadenze potenzialmente già esiziali per il suo mandato di sindaco. Perché il 28 giugno (ad appena quattro giorni dal ballottaggio) è in programma l'udienza preliminare del processo relativo  alla Fenapi, nel quale è accusato di evasione fiscale, mentre il 2 luglio la Corte di Cassazione dovrà esaminare un altro ricorso della Procura: quello contro la scarcerazione di De Luca, decisa dal Gip e confermata dal Tribunale della libertà, nella stessa operazione. Se la Suprema Corte dovesse accogliere il ricorso e annullare l'ordinanza del Tdl, in effetti il neo sindaco potrebbe essere nuovamente arrestato. A settembre, poi, si aprirà il processo d'appello per il "sacco di Fiumedinisi" nel quale, in primo grado,  la Procura aveva chiesto la condanna di De Luca a ciqnue anni. Quindi non si può affermare – o meglio, si può se sei Cateno, visto che a lui la verità interessa il giusto – che Bramanti abbia rivelato chissà quali segreti giudiziari conosciuti tramite il complotto giudo-pluto-massonico: Cateno sa perfettamente cosa rischia, e non per questo si è tirato indietro.

Per carità, Cateno sa perfettamente anche di non essere “pluriassolto” ma “pluriprescritto” quantomeno nel processo per abuso d’ufficio, tentata concussione e falsità ideologica (più qualche reato edilizio di contorno) che si è concluso a novembre del 2017 a ben tredici mesi dalla richiesta di condanna. (Qui il link all’articolo nel quale ricostruisco i trucchi con i quali Cateno è riuscito a far passare tanto tempo, solo in parte coperto dalla sospensione dei termini di prescrizione.)

Un composto Cateno commenta le sue vicende giudiziarie
Come detto, il collegio presieduto da Mario Samperi e composto da Rosa Calabrò e Valeria Curatolo lo ha assolto con la formula “il fatto non sussiste” solo per due episodi di abuso d’ufficio continuato: nel primo caso avrebbe rilasciato concessioni edilizie a se stesso, sfruttando lo strumento urbanistico del “Contratto di Quartiere” per realizzare una struttura alberghiera con centro benessere della società Dioniso srl della quale era amministratore unico, i centri di formazione permanente del Caf Fenapi srl (presidente) e 16 alloggi della cooperativa edilizia Mabel (legale rappresentante il fratello Tindaro). Una speculazione edilizia, in pratica, così come quella che gli veniva contestata per le delibere di Giunta con le quali, senza aver acquisito la necessaria VIA (valutazione di impatto ambientale) da parte della Regione, avrebbe autorizzato lavori di consolidamento e attraversamento del torrente Fiumedinisi per far aumentare il valore dei terreni limitrofi di sua proprietà.

Ma il “capolavoro” di Cateno è la prescrizione – alla quale non ha mai rinunciato, a differenza di quanto ha spergiurato per mari e monti, e alla quale anche volendo non può più rinunciare essendo stata dichiarata in sentenza – per tutti gli altri reati, che vanno dalla tentata concussione (non concretizzata «per motivi indipendenti dalla sua volontà») alla falsità ideologica ad altri episodi di abuso d’ufficio, e che si possono sintetizzare così: prima, in qualità di sindaco e con il concorso del funzionario comunale responsabile, si sarebbe rilasciato concessioni edilizie farlocche senza la preventiva approvazione della Regione, senza nulla osta della Soprintendenza per le zone vincolate, senza opere di urbanizzazione. E per non lasciare nulla al caso, in seguito avrebbe costruito – da committente – «in totale difformità dalla concessione»: per capirci, attraverso la “Dioniso” avrebbe realizzato «nel piano seminterrato un centro benessere e 4 camere con bagno, e nel piano sottotetto 7 camere con servizi, e quindi realizzando due ulteriori piani abitabili e agibili non consentiti dal Regolamento edilizio» e così via. Ma il termine di prescrizione per questi reati è di 6 anni, quindi già nel corso del procedimento erano quasi tutti estinti per tale motivo.

Il più interessante è però la tentata concussione, perché getta una luce inquietante su cosa potrebbe significare essere amministrati da uno come Cateno: si tratta di due episodi, confermati dai testimoni (che il Nostro ha ovviamente denunciato insieme ai giudici del collegio, al procuratore capo, al ministro della Giustizia, alla buonanima di Santi Licheri e a Sant’Ivo, patrono dei magistrati), di pressioni esercitate, ancora nella sua qualità di sindaco, nei confronti dei proprietari di alcuni terreni dove De Luca e i suoi sodali avrebbero dovuto realizzare gli alloggi della cooperativa “Mabel” del fratello Tindaro e il parcheggio a servizio di un impianto sportivo.

Cateno De Luca a Fiumedinisi (corriere.it)
Al rifiuto opposto da Domenico Giardina e Maria Ricca all’offerta di acquistare il loro terreno, Cateno era accusato di averli minacciati così: «O mu vinni o te lo sproprio... non mi fermo, vado avanti... noi ce lo prendiamo, lo espropriamo» e, successivamente, di aver fatto scaricare nel terreno una gran quantità di materiale di scavo proveniente dai movimenti terra effettuati dalla società “Dioniso” (mai rimosso nonostante l’ordine del Tribunale di Messina) e di non aver fatto riparare la conduttura della rete idrica comunale – rotta chissà come – a servizio del terreno. Allo stesso modo, Carmelo De Francesco sarebbe stato minacciato così dal sindaco (dal sindaco!) dopo aver rifiutato un’offerta di acquisto del terreno a 25 euro al metro quadrato: «Perché se no... io poi se mi serve te lo esproprio e poi tu pagu a prezzo comune, a prezzo di mercato, a quattru euru o metru... perché dice poi nun mi viniti a chianciri ccà se...». (Solo a me risuona in testa Antonio Albanese nei panni di Cetto Laqualunque?) Analogo il metodo utilizzato per convincere De Francesco che non era il caso di rifiutare l’offerta: l’ostruzione di una stradella di accesso sulla quale il proprietario esercitava una servitù di passaggio, e la collocazione di grosse tubazioni in cemento sempre da parte della “Dioniso”. Anche qui, era dovuto intervenire il Tribunale civile per garantire al proprietario di rientrare in possesso del terreno.

Ora, se il Tribunale avesse mantenuto per questi reati l’originaria contestazione di concussione (art. 317 c.p.), sarebbero stati estinti per prescrizione dopo 15 anni, quindi Cateno sarebbe stato processato e quindi condannato o assolto anche per gli episodi che ho citato sopra; ma la Legge 190/2012 ha introdotto il reato di “induzione indebita a dare o promettere utilità”, in continuità normativa con la vecchia “concussione per induzione” ma con la differenza che, se nella  concussione il pubblico ufficiale costringe il privato a piegarsi al suo volere mediante violenza o minaccia, nell’induzione si tratta piuttosto di una pressione che non comporta – a differenza della costrizione esercitata nel caso della concussione – la «compromissione della libertà di autodeterminazione della vittima». Tanto che, in determinati casi, viene introdotta addirittura l’opzione del concorso di quest’ultima. Ma la differenza più significativa è che, essendo l’induzione indebita punita con pene più lievi, la prescrizione interviene prima: 7 anni e 6 mesi anziché 15 e reato estinto.

Cateno ai domiciliari postava video su FB
Alzi la mano chi non ha quantomeno aggrottato le sopracciglia: cioè, io sono il sindaco e voglio un terreno di tua proprietà per realizzarci delle speculazioni edilizie (anche il reato previsto dall’art. 44 lettera C del DPR 380/2001 in tema di rilievo penale degli abusi edilizi è prescritto), tu rifiuti di vendermelo, io ti minaccio di prendermelo lo stesso espropriandolo e, al tuo ulteriore rifiuto, ci scarico quintali di materiali di risulta o piazzo delle tubazioni in cemento ad ostruirti l’accesso, però non ti sto costringendo. No, no, ti sto solo inducendo, in pratica ti ho convinto. E’ vero, le sentenze non si commentano ma si appellano: e infatti la Procura – dopo aver aggrottato le sopracciglia, immagino – ha presentato ricorso. Ma non per questi reati che, come detto, ormai sono estinti, bensì solo per i casi di abuso d’ufficio più recenti per i quali il Tribunale lo ha assolto, per dirla banalmente, perché al suo potenziale vantaggio economico non corrispondeva un danno per altri. Se Cateno dovesse essere condannato, “ballano” cinque anni di reclusione. A meno che in Appello non ottenga la prescrizione anche per questi, visto che il termine è di sei anni. Ma in quel caso, non ho alcun dubbio che rinuncerà come ha già fatt...oops.

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