venerdì 3 novembre 2017

Il Cateno elementare 2: come rendersi (im)presentabili

Una caratteristica espressione di Cateno De Luca (palermo.repubblica.it)
Sono sincero: avevo deciso di non tornare sulla questione Cateno De Luca. Avevo scritto un post ad aprile dopo l’annuncio della candidatura a sindaco di Messina, lui si era preso la briga di mandare una rettifica non esattamente vera e io avevo replicato; ma in vista delle Regionali mi interessava più capire chi fossero i quattro principali candidati alla presidenza, non un qualsiasi aspirante consigliere, quindi morta lì.

Almeno, così pensavo. Perché in questi giorni, rientrando al giornale dopo una settimana di assenza, ho trovato sulla mia scrivania questo documento, indirizzato alla mia attenzione. Per i non cancellieri (no, non Cancelleri), si tratta del certificato generale del casellario giudiziale di Cateno De Luca, rilasciato su richiesta dell’interessato, dal quale si evince che nella banca dati non risulta nulla. Ovvero, che Cateno non ha riportato condanne penali, e quindi è incensurato. Sorvolo sulla finalità del gesto – informativo, preventivo, intimidatorio o cosa? – e cerco di leggere in filigrana il messaggio: dal momento che il tema di questa campagna elettorale per le Regionali, Luigino Genovese a parte, sono i cosiddetti “impresentabili”, Cateno vuol ricordarmi che lui non lo è, anzi. Che è un uomo onesto, che ha collezionato quattordici assoluzioni o archiviazioni in altrettanti processi (notizia che non ho verificato: ma quando parla Cateno io gli credo sempre sulla parola, tanto che voterò per lui anche come sindaco di Messina. Messina la città del Sudafrica, intendo).

La cosa strana è che non ho mai definito De Luca pregiudicato o “impresentabile”. Anzi, nell’accennare alla condanna da parte della Corte dei Conti a risarcire 13 mila euro per le “spese pazze” con i fondi del gruppo all’Ars, ho puntualmente dato conto dell’assoluzione nel processo penale. Quindi perché tanta sollecitudine? E soprattutto, perché tanta insistenza sulla sua fedina penale “pulita”? Forse Cateno pensa che IlMaxFactor non sappia che su di lui pende una richiesta di condanna a cinque anni nel processo per il cosiddetto “sacco di Fiumedinisi” – per il quale fu anche arrestato e sospeso dall’Ars prima che la Cassazione annullasse l’ordinanza cautelare – pronunciata dal pubblico ministero addirittura ad ottobre del 2016? O che IlMaxFactor ignori gli stratagemmi, i cavilli legali, le sceneggiate con cui Cateno ha evitato che una eventuale condanna gli cadesse tra capo e collo prima delle elezioni?

Alla fine, mi sembra di poter interpretare il messaggio di Cateno in questo senso: guarda IlMaxFactor, guarda come sono stato bravo ad evitare per un anno che venga pronunciata una sentenza contro di me. Ricostruisci la vicenda e consegnala ai posteri, che sappiano quanto sono furbo e intelligente. Insomma, altro che “impresentabile”: presentami piuttosto ai tuoi lettori riconoscendo il mio genio, così capiranno che ho tutte le qualità per rappresentarli prima alla Regione e poi come sindaco. E chi sono io per contraddire Cateno?

De Luca è stato sindaco di Fiumedinisi e S. Teresa (stampalibera.it)
Riassumo in due parole la vicenda giudiziaria relativa al “sacco di Fiumedinisi”: De Luca viene arrestato il 28 giugno del 2011 con l’accusa di falso in atto pubblico e tentata concussione per l’utilizzo dei finanziamenti del “Contratto di Quartiere II-Vivi Fiumedinisi” con i quali il Comune del quale Cateno era sindaco avrebbe dovuto realizzare interventi finalizzati alla riqualificazione edilizia, all’adeguamento delle opere di urbanizzazione e al recupero dei manufatti colpiti da eventi sismici o calamità. Secondo la sezione di PG della Polizia municipale di Messina che ha svolto le indagini, quasi tutti gli interventi proposti ed approvati – che hanno comportato una variante al PRG – erano speculazioni edilizie direttamente o indirettamente riconducibili al sindaco o ai suoi familiari: una struttura alberghiera con centro benessere della società Dioniso srl della quale De Luca era amministratore unico, i centri di formazione permanente del Caf Fenapi srl (presidente) e 16 alloggi della cooperativa edilizia Mabel (legale rappresentante il fratello Tindaro).

De Luca viene mandato ai domiciliari e sospeso dall’Ars, poi la misura cautelare viene convertita nel divieto di dimora a Fiumedinisi, infine a luglio la Cassazione annulla l’ordinanza rimettendolo in libertà. Nel luglio del 2012 l’ex sindaco di Fiumedinisi è rinviato a giudizio; tre giorni prima si era dimesso dall’Ars. Il processo, nel quale De Luca è difeso dagli avvocati Carlo Taormina e Tommaso Micalizzi, inizia ad ottobre e procede tra le intemerate del Nostro contro i giudici, la Procura, la Regione e il fato: era rimasto senza benzina. Aveva una gomma a terra. Non aveva i soldi per prendere il taxi. La tintoria non gli aveva portato il tight. C’era il funerale di sua madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa sua! Il tutto fino al 21 ottobre  2016, quando il sostituto procuratore Liliana Todaro ha la pessima idea di chiedere la condanna a 5 anni. La sentenza è attesa per il 7 dicembre, dopo la presentazione di una memoria difensiva da parte dei legali di Cateno, e invece arriva un rinvio al 7 febbraio 2017 per... problemi intestinali di un avvocato.

Una settimana prima della nuova udienza, De Luca presenta alla Corte di Cassazione un’istanza di rimessione (cioè di trasferimento) del processo a Reggio Calabria invocando l’incompatibilità ambientale. Fonti del Nostro riferiscono che la richiesta consta di ben 200 pagine con 25 diversi motivi di lagnanze e 155 allegati per circa 5.000 pagine complessive, divise in 9 tomi. Il 7 febbraio, quando il collegio respinge la richiesta di sospensione del processo perché l’istanza di remissione non è stata ancora calendarizzata dalla Cassazione (art. 47, comma 1 c.p.p.), Cateno si ricorda evidentemente del Perozzi di Amici miei che si chiedeva: «Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione», e s’inventa la revoca del mandato ai suoi legali. Cioè: licenzia l’avvocato Taormina e l’avvocato Micalizzi e nomina l’avvocato Salvatore Sorbello, che subito chiede i termini a difesa per studiare le carte del processo. Rinvio accordato dalla Corte al 24 febbraio.

Taormina, De Luca e Micalizzi (palermo.repubblica.it)
Non che Cateno sia scontento dell’operato del “principe del Foro” Carlo Taormina; anzi, già il giorno dopo gli riaffida il mandato giustificando la buffonata in Aula come «un espediente tecnico-legale per far rinsavire il collegio». Ma non è finita: il 24 febbraio i legali di De Luca sono assenti e sostituiti... dall’avvocato Sorbello, che chiede nuovamente i termini a difesa. Stavolta ai giudici girano davvero le balle e la risposta è no. Ma la discussione ha impegnato il collegio per diverse ore e, dopo le arringhe delle difese degli altri imputati, viene fissata un’udienza straordinaria il 9 marzo per completare le arringhe ed emettere la sentenza. Ma non andrà così: all’udienza la difesa di De Luca comunica che l’esame dell’istanza di rimessione è stato assegnato alla VI Sezione penale della Corte di Cassazione e calendarizzato il 21 aprile, e a questo punto sì, il processo va sospeso per davvero.

Si arriva così al 27 settembre, quando la Cassazione dopo diversi rinvii respinge l’istanza di rimessione: il processo resta a Messina e riprenderà il 9 novembre, dopo le Regionali, sempre davanti al collegio presieduto da Mario Samperi e composto ora da Rosa Calabrò e Valeria Curatolo. Ma Cateno ha un ultimo asso nella manica che riguarda proprio quest’ultimo magistrato, e annuncia che la Procura della Cassazione ha aperto un procedimento (n. 872/17) nei suoi confronti perché non si sarebbe astenuta pur avendo abitato per alcuni anni, in gioventù, in casa della famiglia De Luca con la quale i rapporti si sarebbero successivamente deteriorati. In realtà, né sul sito della Procura né su quello della Suprema Corte risulta nulla al riguardo. L’unica fonte è lo stesso Cateno, e la stampa amica immagina già lo scenario futuro: surroga del giudice e inizio del processo da capo, per una durata di altri tre-quattro anni che porteranno a quella prescrizione che il Nostro ha più volte giurato di non volere.


De Luca è candidato alle Regionali con l'UDC (letteraemme.it)
Se fosse davvero così, perché la dottoressa Curatolo non ha pensato di astenersi? E perché De Luca non ha sollevato subito questa causa di incompatibilità del magistrato, anziché aspettare la richiesta di condanna? Chissà. Sapremo qualcosa di più solo il 9 novembre, quando – a rigore – il processo dovrebbe essere subito aggiornato o andare a sentenza. In quest’ultimo caso, se la sentenza fosse di condanna il mandato di Cateno all’Ars potrebbe durare solo tre giorni; ma l’importante era non arrivare alle elezioni da “impresentabile”, e ci è riuscito. In definitiva, si chiedeva il Perozzi: cos’è il genio? Eccolo: vi (im)presento Cateno De Luca.

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