venerdì 11 dicembre 2015

XFactor 9: Davide contro G...iosada

La sorpresa arriva proprio in conclusione di una serata che consacra definitivamente - se mai ce ne fosse stato bisogno - XFactor come il migliore show della televisione italiana: Giosada batte in finalissima i favoriti Urban Strangers e si laurea vincitore della nona edizione, per la gioia del suo giudice Elio che s'impone per la prima volta in (ormai) tante partecipazioni e si consola della precoce eliminazione di Davide Sciortino, di gran lunga il migliore dei talenti in gara quest'anno, che chiude solo terzo nonostante avesse anche l'inedito più bello del lotto.
Ma c'è sicuramente un terzo vincitore oltre al rocker barese e al suo mentore: Luca Tommassini, e con lui l'intera produzione del programma. Lo show del Forum è stato visivamente straordinario: luci, scenografie, impatto complessivo - e un c...o di Super HD sul canale 105 che mi ha lasciato senza parole, lo confesso - di livello altissimo, ma anche un ritmo che è rimasto serrato praticamente per due ore e mezza, con tre manches sufficientemente variegate da non stancare mai. A costo di rischiare l'eccesso, come al momento della proclamazione quando sembrava di essere alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi...
Giosada, vincitore di XF9
Bellissima e stilosissima, invece, l'entrata dei quattro giudici in bianco e nero con dettagli "fluo", così come l'effetto visivo dei duetti tra i quattro finalisti e Cesare Cremonini, uno che peraltro ai ragazzi di XFactor potrebbe spiegare tante cose: colpito da un successo precoce a poco più di 18 anni con i Lùnapop, dopo un periodo piuttosto oscuro si è rilanciato a un livello certamente più alto, diciamo che ha alzato l'asticella come ad esempio ha fatto - senza magari uno iato così pronunciato - anche Jovanotti. E vista la (mala) sorte commerciale e artistica della maggioranza dei finalisti di XFactor, il suo può essere un insegnamento importante. Spettacolare anche l'esibizione dei Coldplay, con una profusione di poligoni colorati in 3D e Chris Martin apparso in grande forma anche se un po' in sbattimento metà adrenalina metà coca.
Chiaramente, la manche ha poco da dire: Giosada duetta con Cremonini in Logico, Davide si cimenta in Mondo, per Enrica c'è La nuova stella di Broadway e chiudono gli Urban Strangers con Buon viaggio ma è evidente che la prima votazione rispecchierà più che altro gli equilibri e i rapporti di forza già consolidati durante i live, Infatti esce Enrica, e quantomeno ci risparmiamo l'insulso inedito di Skin nella seconda tornata.
La copertina dell'inedito di Davide Sciortino. Accattatevillo
Curiosamente, anche qui l'esito dipende pochino da quello che succede sul palco: gli inediti dei tre concorrenti rimasti in gara sono ormai tutt'altro fuorché degli inediti, e il risultato rispecchia in maniera fedele le classifiche dei digital download. Accade così che Davide esca e arrivi terzo pur avendo cantato la sua My soul trigger meglio della scorsa settimana, e che la finalissima sia un affare tra Giosada e la sua Il rimpianto di te, una ballatona che ricorda un po' Zucchero e persino qualche strofa del primo De Gregori (anche se ovviamente su un registro più alto) da una parte, e l'originale ma meno orecchiabile Runaway degli Urban Strangers.
Gli Urban Strangers hanno chiuso al secondo posto
A questo punto i ragazzi napoletani paiono i favoriti d'obbligo, anche se a posteriori si rileverà che la finale trasmessa anche in chiaro su Mtv abbia favorito Giosada mettendo in campo un pubblico un po' più maturo, e consapevole dal punto di vista musicale, a contrastare le frotte di ragazzine invasate per gli Urban. Sta di fatto che la sua interpretazione di Best of you dei Foo Fighters è da paura per intensità, potenza vocale, presenza scenica e anche se un paio - ma appena un paio - di note gli scappa dall'intonazione perfetta chi se ne frega. Altroché se, come dice Elio, è un cantante fatto e finito. Gli Urban decidono di ripescare Oceans di Jay-Z che avevano rovinato in un'esibizione precedente (pare per problemi tecnici) ma la scelta non paga, perché il pezzo non ha la stessa presa e l'arrangiamento duevocieunachitarra, al di là di quanto concordino i giudici - ormai sotto allucinogeni, tanto da finire quasi tutti seminudi - in un posto come il Forum è un po' sottotono. Il trionfo, dunque, è tutto di Giosada e la festa che gli fanno gli altri concorrenti ci restituisce anche la dimensione di leader, di punto di riferimento che il 26enne barese ha avuto all'interno del loft. Bene, anzi benissimo. E non aspettatevi recensioni su Masterchef.
P.S.: quasi a consacrare "l'edizione più musicale di sempre", in vari momenti della serata si sono esibiti sul palco del Forum anche i quattro giudici. Breve pagellino a chiudere.
Elio e le Storie Tese: il miglior gruppo musicale italiano tout court fa una serie di cose immonde: intanto l'esibizione vocale di Elio, che canta veramente di merda Servi della gleba, e poi la smaccatissima promozione alla scatola di Cacolatini, alternativa piuttosto misteriosa al disco di Natale. Però aver cantato in diretta, in prime time e in chiaro strofe immortali come "Servi della gleba a tutta birra / carichi di ettolitri di sburra" rende Elio il trionfatore assoluto della serata. Voto 7
Fedez e Mika: la coppia di fatto di questa edizione di XFactor canta a distanza le due parti, molto differenti e poco legate, della nuova Beautiful Disaster il cui trionfo su Youtube ci ha imposto una pagina parecchio triste della televisione italiana: i due a petto nudo per pagare pegno, ispirando peraltro la calata di braghe (letterale) di Elio. Voto 4
Skunk Anansie: ricordate quanta delusione ho esternato in più occasioni per lo scadente contributo di Skin allo show? Scelte sbagliate come quella di Eleonora, assegnazioni-patacca, toni sproporzionati per supportare Enrica e, prima Margherita scompaiono all'istante quando "attaccah" Love someone else. La carica è devastante, il Forum a momenti viene giù e finalmente Skin si guadagna la pagnotta. Dài, puoi tornare anche l'anno prossimo. Voto 10

mercoledì 9 dicembre 2015

In difesa di Francantonio (Pro Francantonio Genuense, Orazioni I,1)

Amici, Romani, concittadini, prestatemi orecchio. Non sono venuto a seppellire Cesare, ma a tesserne l'elogio.
Francantonio Genovese (www.camera.it)
Coro di scandalizzati, anzi - come diciamo noi - di maravigghiati da' rutta per la decisione di Francantonio Genovese, da pochi giorni tornato libero dopo l'arresto per il business della formazione, di lasciare il Partito Democratico per aderire a Forza Italia.
L'ex sindaco di Messina e attuale parlamentare (sospeso) del Pd, partito del quale è stato anche segretario regionale, ha incontrato nella sua sede - visto che è ancora all'obbligo di dimora - Gianfranco Micciché, commissario di FI in Sicilia, trovando l'accordo su "un percorso comune". Armi e bagagli, lo seguono alla corte di Berlusconi il cognato e deputato regionale Franco Rinaldi e la parlamentare Mariella Gullo, oltre ovviamente a chissà quanti amici e militanti.
E allora, proviamo a vedere chiaro in questa "conversione", anzi in questa inversione a U del buon Francantonio che tante polemiche ha suscitato a causa del "tradimento" che Genovese avrebbe ordito ai danni del suo partito. Partito che - si ricorderà - ha votato per mera opportunità politico-elettorale, e per diretto ordine di Renzi, l'autorizzazione al suo arresto comportandosi in modo opposto, sempre per mera opportunità politico-elettorale, quando si è votato sull'arresto del deputato Ncd Azzollini.
Francantonio Genovese nasce - e questo lo sanno tutti - democristiano: il padre Luigi, scomparso nello scorso luglio, è stato senatore per diverse legislature mentre lo zio era Nino Gullotti, "ras" della diccì originario di Ucria, deputato dal 1958 alla morte e più volte ministro. E Francantonio è stato l'ultimo presidente del Giovanile dello scudocrociato prima dello scioglimento e della nascita del PPI.
Sempre per i maravigghiati da' rutta: al momento della scissione del PPI Genovese (appena venticinquenne) passa armi, bagagli e codazzo nel CDU seguendo Rocco Buttiglione, che predica l'alleanza con il centrodestra e Forza Italia.
D'altra parte, prima delle Amministrative del 1998 si presenta dal sindaco Franco Providenti (ex magistrato eletto quattro anni prima sotto le insegne della società civile ma con il sostegno decisivo del CCD di Gianpiero D'Alia al ballottaggio) offrendogli il suo pacchetto di voti, ma Providenti rifiuta sdegnato e l'unico approdo per il gruppo Genovese è il centrodestra.
Francantonio fa un gran lavoro anche a livello di movimento giovanile, con buoni risultati alle elezioni universitarie, e nel 1998 entra in Giunta alla Provincia: il presidente è Buzzanca di An, lui è assessore all'Agricoltura ma dura poco, perché quando il CDU entra nell'UDR di Cossiga e Santino Pagano giura come sottosegretario del governo D'Alema a Buzzanca non pare vero di potersi togliere davanti un concorrente alla leadership del centrodestra. Genovese viene così (letteralmente) defenestrato e torna nel PPI, in quota Marini. E' lì, in definitiva, che il rampante esponente centrista vede qualche spazio visto che a destra ci sono sin troppi galli: l'area riformista, invece, è orfana di veri leader e tenuta praticamente in ostaggio dal duo postcomunista Bottari-Silvestro.
I passaggi successivi sono, è vero, tutti nel centrosinistra: Margherita, Ulivo (sconfitto da Rocco Crimi nel collegio Nord alle Politiche), Unione sotto le cui insegne, nel maggio del 2005, diventa sindaco di Messina dopo aver "passato" un giro sacrificando Antonio Saitta, già assessore di Providenti, nel 2003 contro Buzzanca che di lì a poco cadrà per lo scandalo del viaggio privato a Bari con l'autoblù.
Genovese, però, governa Messina per poco più di due anni: il famigerato ricorso dei socialisti napoletani, la cui lista era stata esclusa per una questione di paternità del simbolo, viene accolto nell'autunno del 2007 e un anno dopo Francantonio perde al primo turno contro il "resuscitato" Buzzanca. Si consola tornando in Parlamento e inventando, insieme a D'Alia, l'elezione di Crocetta a presidente della Regione; lo ferma, come è noto, il "via libera" della Camera all'arresto: votano a favore il Pd, Sel e il Movimento 5 Stelle, contro Ncd e Forza Italia.
E' questo, chiaramente, il passaggio cruciale per l'odierna scelta di Genovese; una "vendetta" nei confronti del Partito democratico - come ha ammesso lo stesso Micciché - ma anche un messaggio, l'affermazione di poter ancora spostare tessere, voti ed equilibri in campo provinciale e regionale. Perché Forza Italia, però? Beh, l'Udc era fuori discussione perché è vero che lui e Gianpiero D'Alia sono in pratica "cugini", ma il partito ha già un candidato sindaco per Messina, il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone, che peraltro più di una volta ha opposto delle pregiudiziali di tipo etico e morale alle alleanze con Genovese. E l'Ncd, tra i partiti di centrodestra (logico approdo di uno come Francantonio, che sul territorio messinese ci ha abituati soprattutto a un sistema di raccolta del consenso molto simile a quello dei berlusconiani), ha almeno un paio di figure, se non di leader, comunque da considerare: Enzo Garofalo, che a sindaco si è già candidato nel 2013, e Nino Germanà che in più rispetto a Garofalo ha pure i voti (e che si incontrò con Genovese poco prima del ballottaggio di Felice Calabrò contro Accorinti).
Gianfranco Micciché e Francantonio Genovese
Forza Italia, invece, di fatto è in mano a nessuno; a livello provinciale e regionale, almeno fino alla nomina di Micciché direttamente da parte di Berlusconi. Gli spazi ora ci sono, e soprattutto non si intravede un possibile candidato sindaco del centrodestra nel 2018 (prima? difficile). Perché questo, al di là di una "sistemazione" romana o palermitana, mi sembra l'obiettivo di Francantonio. Tornare a governare Messina, in barba a Renzi che lui peraltro non ha mai sostenuto se non quando era scontata la sua vittoria alle primarie (in precedenza Genovese aveva votato Bersani) e che ha deciso a tavolino il suo arresto. Fantapolitica? Mah, se non avesse avuto intenzione di rientrare (e alla grande) sul tavolo siciliano, non avrebbe avuto tutta questa fretta di trovare una nuova collocazione.
Quanto riuscirà a coagulare del vecchio sistema di potere e di consenso, ovviamente, è difficile da prevedere: si parla di dieci consiglieri comunali (il centrosinistra ha in aula una maggioranza "bulgara" di 29 consiglieri su 40 mentre 7 sono del centrodestra, un fronte destinato a rimpolparsi) e si rimpasta la questione-sfiducia diluita da "Gettonopoli", anche se in realtà il suo approdo in un nuovo fronte sembra allontanare il voto verso la scadenza naturale del 2018 quando il cambio di casacca sarà passato remoto.
D'altra parte, faccio una domanda ai maravigghiati da' rutta: se Totò Cuffaro, libero dopo gli anni di carcere (inflitti peraltro senza l'aggravante mafiosa dalla quale fu assolto in appello), si candidasse alla presidenza della Regione, pensate che non prenderebbe voti o che, addirittura, non vincerebbe? Siamo in Sicilia, qui neanche il Partito Democratico è democratico sul serio: va bene prendersela con Genovese o con l'eterno capro espiatorio Mirello Crisafulli, ma non mi pare che i vari Lumia, Cracolici, Lupo e via dicendo abbiano mai prodotto un particolare contributo alla democrazia di quest'isola. Però siamo tutti bravi a indignarci se Vecchioni, o chi per lui, la definisce "di merda"...

lunedì 7 dicembre 2015

XF9: Chiamatemi Feiez

Ora: magari giovedì prossimo nella finale Fedez riuscirà a dare la "zampata" e vincere con gli Urban Strangers la sua seconda edizione consecutiva da giudice di XFactor, ma non havvi dubbio alcuno che il trionfatore assoluto (meritatamente) di XF9 è il buon Elio. E ci voleva, cacchio; specie dopo l'abbandono di due anni orsono, forzato dal dover scegliere se uccidere Morgan o mollare.
Elio ha portato due concorrenti della sua categoria in finale
Contro ogni pronostico più per la categoria di appartenenza (gli Over) che per le effettive qualità, infatti, il sciur Belisari Stefano da Milano ha portato in finale Davide e Giosada ed è l'unico giudice ad avere due concorrenti ancora in gara. L'anno scorso l'impresa era riuscita con Lorenzo Fragola (poi vincitore) e Madh proprio a Fedez, che quest'anno si è fermato all'ultimo ballottaggio con i Moseek, eliminati dalla rediviva Enrica.
Ma andiamo con ordine. L'ultima serata alla XFactor Arena prima dello showdown al Forum è consacrata agli inediti, e in linea di massima non mi è parso ci sia chissà cosa nei brani proposti. Forse anche perché quattro su cinque sono in inglese, e quindi diventa più difficile capire che spazio possa avere l'interprete sul mercato italiano nei prossimi anni.
I primi a salire sul palco sono i Moseek con Elliott (e le Storie Tese), brano molto intonato alla loro sensibilità e alle loro sonorità ma - immagino - onestamente di poca presa dal punto di vista radiofonico e di vendite anche per via di un testo ripetitivo e neanche troppo interessante. Leggo che ha scalato le classifiche relative alle visualizzazioni su Youtube: mah. 
Personalmente, avevo grandi attese per l'inedito dei due talenti di Elio e quello di Giosada ha intanto il pregio (notevole) di essere l'unico in italiano; s'intitola Il rimpianto di te e, a parte qualche scantonata nel testo ("Fermo e restante?" Ma Pacifico, che collabora alle lyrics, ha avuto un ictus e non si è saputo nulla?), a me è piaciuto. Intanto perché lui canta veramente come se fosse l'ultima volta nella vita, poi perché la ballad è una sorpresa interessante per chi - come me - si aspettava un canonico pezzone rock. Non sarà originalissima, ma il passaggio del turno dovrebbe essere sicuro.
Non vale lo stesso discorso per Enrica: I found you, che il suo giudice Skin ha scritto appositamente (ma via, ce l'aveva in un cassetto e non aveva il coraggio di inciderla...) è una canzone senza capo né coda, con una strofa anonima e un ritornello sin troppo pompato, un testo da scuola primaria e anche musicalmente non aggiunge nulla non solo a XFactor, ma nemmeno alla stessa Enrica che, comunque, considerati l'età (16 anni) e il percorso fatto in questa trasmissione, è un piccolo fenomeno.
S'intitola Runaway ed è stato scritto dalla sposa di Chucky, invece, l'inedito degli Urban Strangers che è di ben altra categoria. I due adolescenti campani si presentano senza quella minchia di chitarra ma con dei synth usati con stile minimale ma estremamente vario, visto che il pezzo alterna sonorità, ritmi e suggestioni molto diverse ma comunque già sperimentate durante il talent, dai Linkin Park allo stesso Beck: un gran bell'esordio che varrà loro la finale indipendentemente da come andrà la seconda manche.
Complessivamente, l'inedito migliore è My soul trigger, che Davide dedica alla sua personalissima saudade della Sicilia: materiale soul à la Terence Trent d'Arby ma con un arrangiamento moderno e quasi crossover, testo abbastanza elaborato e ovviamente prova vocale con i controcazzi da parte di quello che resta il mio favorito per la vittoria finale. Ha voglia Elio a fare melina, stupendosi per il mancato ballottaggio: il pubblico non è poi così ignorante da non capire un signor brano. Vale lo stesso discorso se vogliamo stupirci che all'ultimo scontro vada Enrica.
La seconda manche a tema si apre con Davide, che ha cantato per ultimo, si è cacato sotto fino all'ultimo nel timore di finire al ballottaggio e, in più, deve cantare una hit radiofonica degli ultimi cinque anni: il rischio del disastro è concreto, ma "Shorty" è un animale e nemmeno Can't feel my face di The Weeknd riesce a metterlo in difficoltà più di tanto, a parte un filo di nervosismo e di voce corta nella strofa.
Pompei dei Bastille nella versione Urban Strangers è un pezzo totalmente diverso da quello originale, e certo di radiofonico l'arrangiamento non ha nulla: ciò non toglie che la resa sia comunque molto buona, e quantomeno stasera li abbiamo dovuti sentire in versione "parcheggiatori" (gergo napoletano per i cantanti da trattoria, rigorosamente armati di chitarra) una sola volta, quindi si può reggere. Nota di merito per le armonizzazioni, specie sul finale, che Fedez tenta di far sentire in cuffia a Mika salvo perdere l'attimo e ricordarselo quando il brano è praticamente finito.
Tocca quindi al povero Giosada, che probabilmente tutto avrebbe pensato di cantare nella vita salvo The best day of my life degli American Authors: per una volta la prestazione vocale non è impeccabile, anche se Giò si muove parecchio e questo incide.
Non dispiacciono affatto i Moseek, che affrontano Lean on dei Major Lazer su una struttura basculante che la cantante Elisa attraversa da un estremo all'altro per suonare il tamburo. Grande effetto, prova vocale e arrangiamento più che convincenti. Finiscono al ballottaggio e onestamente non l'avrei detto, anche se in una manche a quattro tutto può succedere e anche gli altri erano stati all'altezza. Il fattaccio accade proprio all'ultimo scontro, curiosamente tutto interno alla provincia di Latina: mentre Enrica da Terracina si mangia Something's got a hold on me di Christina Aguilera, Elisa da Aprilia (come tutti i Moseek), certamente per un problema tecnico, sbaglia completamente la tonalità di Somebody to love dei Jefferson Airplane e il risultato è talmente orripilante che il povero Elio - che pure non ha interesse, avendo entrambi i suoi cantanti già in finale - supplica quasi la produzione di farli cantare di nuovo.
I Moseek, ultimi eliminati prima della finale
Al momento dell'eliminazione Mika esce allo scoperto e "confessa" la sua alleanza con Fedez salvando proprio i Moseek che pure ha criticato praticamente a ogni puntata, Elio ristabilisce il vero storico e il tilt fa il resto: Enrica è in finale, giovedì al Forum canterà davanti a 8 mila persone urlanti insieme agli Urban Strangers e al duo "over" formato da Davide e Giosada, Insomma, il Fedez di questa edizione è decisamente Elio, Che - anche in onore al grande polistrumentista delle Storie Tese, scomparso per un aneurisma a soli 36 anni - potrebbe farsi chiamare Feiez...
Feiez, al secolo Paolo Panigada, compianto polistrumentista degli Elii

martedì 1 dicembre 2015

Kobe, Magic e il "mio" basket che se ne va

Kobe Bryant compirà 38 anni ad agosto, poco dopo il suo ritiro
Ho a lungo esitato prima di scrivere questo post. Perché non da aprile-maggio, ma già da domenica sera la Nba per me non è più la stessa: è iniziato, un po' a sorpresa per uno come lui, il farewell tour di Kobe Bryant, uno dei più grandi giocatori di basket di sempre e, senza alcun dubbio, il mio preferito in assoluto. E non è facile scrivere qualcosa su un argomento che da una parte ti tocca così tanto, e dall'altra è stato sviscerato da milioni di colleghi, opinionisti e semplici tifosi.
Michael Jeffrey Jordan
Dice: ma Michael. Michael è stato il più forte di tutti, ha vinto tutto e lo ha fatto in un modo speciale, ha cambiato questo gioco e quella Lega portando entrambi a un livello superiore, d'accordo. Tra l'altro, è il vero e proprio "totem" di Kobe, l'uomo al quale si ispira con la sua dedizione assoluta e la sua voglia di vincere ai limiti dell'ossessione. Però non ho mai tifato per MJ, mi limitavo ad ammirarlo: il mio cuore era gialloviola praticamente dalla preistoria, da quando (avevo 8 anni) leggevo in spiaggia le raccolte dell'Intrepido che mia madre comprava a pacchi in estate e trovavo un reportage sulle finali Nba del 1980, quelle in cui un playmaker piuttosto atipico perché alto 2,05 sostituiva il centro titolare (Kareem Abdul-Jabbar, mica Roy Hibbert) in gara-6 e ne metteva 42 in faccia a Moses Malone, con 15 rimbalzi e 7 assist. Si chiamava (si chiama) Earvin "Magic" Johnson ed è uno dei due soli giocatori Nba per i quali, al di là della mia passione per Manu Ginobili, io abbia mai veramente tifato.
L'altro, si sarà capito, è Kobe e in comune con Magic ha innanzitutto la canotta gialloviola dei Los Angeles Lakers a vita. Quella che Kobe voleva così tanto da far bluffare il proprio agente, Arn Tellem, con gli allora New Jersey Nets che volevano prenderlo con la scelta numero 8 al Draft del 1996 in uscita dalla Lower Merion High School di Philadelphia, senza che avesse giocato una sola partita al college. Ma lui voleva il gialloviola e lo ottenne: i Nets si tirarono indietro temendo che Bryant non firmasse per loro, i Lakers scambiarono la scelta numero 13 degli Charlotte Hornets con il centro Vlade Divac perché il loro general manager, il genio Jerry West, aveva messo da parte 121 milioncini in 7 anni per prendere Shaquille O'Neal e così iniziò "The Combo", l'accoppiata che avrebbe portato a LA ben tre titoli e tanti rimpianti.
Eppure, quando Kobe fu scelto dai Lakers lo conoscevo appena: Internet qui da noi era agli inizi, il basket americano passava già con una certa frequenza su Tele+ ma questo ragazzo veniva dal liceo! Certo, il suo cognome qui in Italia non passava inosservato perché il papà Joe era un vero e proprio
Joe Bryant alla Viola
"califfo" del nostro campionato: a Reggio Calabria aveva sforacchiato retine con la canotta della Viola, la squadra italiana per cui ho sempre tifato, meritandosi la mutazione del soprannome da "Jellybean" ("gelatina", perché nessuno era smooth come lui) a "E.T.". Una volta ne mise 69 sul campo, se non sbaglio, di Pescara e nella partita di ritorno al "Botteghelle" ne aggiunse altri 51: 120 punti in due gare alla stessa avversaria!
Considerando anche che Kobe, lì a Reggio, faceva il ball boy e iniziava la trafila nelle giovanili che avrebbe proseguito soprattutto a Reggio Emilia, imparando anche un eccellente italiano che in carriera gli è servito soprattutto nei momenti di incazzatura con compagni e arbitri, i link erano fin troppi: Kobe era il mio giocatore.
E lo è rimasto per vent'anni, tra le prime delusioni (la panchina, gli airball di gara-4 a Salt Lake City), i primi riconoscimenti e poi l'esplosione: titolo nel 2000, 2001 e 2002. Nel 2003 l'accusa di stupro in Colorado, le critiche per il suo egoismo e, ancora dopo, l'implosione: nel 2004 le liti con Shaq diventano insostenibili e i fortissimi Lakers con Payton e Malone si fanno travolgere in finale dai Detroit Pistons, Shaq va via e tornano le critiche, finché nel 2009 è un altro lungo totalmente diverso da Shaq, ovvero Pau Gasol, a fargli da spalla nella cavalcata trionfale verso il quarto anello, bissato peraltro l'anno dopo. Fanno cinque, quanti ne ha vinti Magic, uno in meno di Jordan; eppure non bastano ad assicurargli il rispetto di tutti i tifosi, i Kobe Haters proliferano e a lui, tutto sommato, dividere così tanto non sembra nemmeno interessare.
Nel frattempo arrivano il nuovo numero di maglia (al posto dell'8 il 24, uno in più del 23 di MJ), gli 81 punti contro Toronto, seconda prestazione di sempre, il primo e unico titolo di MVP (uno scandalo anche perché gli "rubano" quello del 2010, l'anno dei sette-diconsi-sette buzzer beaters o canestri vincenti negli ultimi secondi) e i grossi problemi fisici, dai quali peraltro Kobe non è mai stato del tutto immune. Oggi, anzi avantieri, l'annuncio; "Dear Basketball", recita la lettera aperta consegnata a The Players' Tribune, "My heart can take the pounding, my mind can handle the grind, but my body knows it's time to say goodbye", Goodbye, Kobe. Quando si ritirò Magic (la prima volta, intendo) fu una brutta botta, oggi è il "mio" basket, lo sport più bello del mondo, quello che ho adorato e seguito con passione per più di trent'anni, che se ne va.