Politica: Cateno Laqualunque, il Goebbels dietro il giullare
buffóne1 s. m. (f. -a, non
com.) [prob. der. di buffa1 «burla,
scherzo»]. – 1. Nell’antichità, ma spec. nel Medioevo e
nel Rinascimento, uomo (assai più raramente donna) che aveva il compito di
rallegrare con i suoi lazzi i signori, di cui era spesso anche il
consigliere: i b. di corte.
(Vocabolario Treccani)
Cateno De Luca suona la zampogna (stampalibera.it) |
Cateno
De Luca, prossimo sindaco di Messina, è un buffone. No, non è un insulto: ho
premesso a queste righe la definizione del vocabolario Treccani proprio per
chiarire il senso di quanto affermo, ad uso persino del suo elettorato. Cateno
De Luca è un buffone perché questa è la sua tattica, il suo modo di far passare
un messaggio che non ha nulla di serio ma che serve piuttosto a divertire, a
intrattenere, a non far pensare l’uditorio alle castronerie che sta magari dicendo,
a portarlo dalla propria parte e a fargli credere praticamente qualunque cosa.
Ah, finalmente. Che
sollievo. IlMaxFactor non ne poteva proprio più di questo silenzio forzato in
campagna elettorale, ma d’altra parte quando c’è stata l’occasione di dare una mano a Renato Accorinti non
sarebbe stato corretto continuare a scrivere. Sarebbe stato come berciare
insulti da radiazione dall’Ordine contro delle colleghe in un comizio
dell’aspirante sindaco nelle cui liste ti stai candidando, o battere un’agenzia
con notizie farlocche sul candidato del quale sei addetto stampa che lui poi smentisce
dando la colpa alle testate che hanno riportato l’agenzia e invocando la casta,
i poteri forti, la tremenda inondazione, le cavallette e così via come John
Belushi ne I Blues Brothers.
Ma non divaghiamo, ché
con queste cose il buon Cateno non ha nulla a che vedere (più o meno).
Innanzitutto vorrei rassicurare i messinesi: al
ballottaggio contro Dino Bramanti, conquistato grazie a una campagna
oggettivamente perfetta, votatelo senza problemi. Tanto Cateno non crede a una
sola parola di quello che dice. Esatto, cari buddaci, niente panico: non vi farà i tram volanti e il casinò a
Palazzo Zanca, non licenzierà i dirigenti del Comune, non deporterà i
lavoratori delle partecipate, insomma scordatevi tutto quello che di
impossibile, visionario, vietato dalla legge avete letto in quel testo fondamentale
della nuova stand-up comedy italiana
che è il suo programma elettorale.
Il patto di non belligeranza più breve della storia (stampalibera.it) |
Sul genio di Cateno
(che è difeso dall’avvocato Taormina anche nella causa contro Antonio Albanese
per i diritti d’autore sul personaggio di Cetto Laqualunque) mi sono già
soffermato in più di un’occasione, quindi per questa volta sorvolo. Mi limito a
una prece per gli altri candidati – tutti meno esperti di lui, visto che Cateno
gioca a fare l’anticasta ma appartiene in pieno al sistema dei partiti sin
dalla Prima Repubblica – che sono via via caduti nelle sue trappole: prima Dino
Bramanti che pensava di fare un “patto di non belligeranza” e si è ritrovato
subito in un tritacarne di offese e ricostruzioni iperboliche; poi Antonio
Saitta, che ha voluto fare il signore non replicando mai a Cateno salvo poi
sbottare in diretta tv, finendo per risultare arrogante e spocchioso; Gaetano
Sciacca, che si è fatto trascinare sul terreno delle reciproche accuse
dovendosi persino giustificare per il compenso di una direzione lavori che
aveva il diritto di ricevere; e infine Renato Accorinti, che si è visto
intercettare il voto di protesta che lo aveva premiato nel 2013, con la differenza
che Renato parlava alla parte migliore di ciascuno, Cateno parla alla parte
peggiore.
Insomma, quello di
Cateno Laqualunque è un capolavoro di comunicazione politica. Una campagna
elettorale iniziata mesi e mesi prima, capillare, individuando subito i punti
deboli dell’azione amministrativa del sindaco uscente e quindi battendo i
villaggi, le piazze, radunando un pubblico inizialmente modesto ma amplificato
ad arte sui social, promettendo non
mari e monti, ma mari di pilu e
montagne di pilu in funzione di chi
aveva davanti. Ed è un complimento, perché era l’unico modo che aveva per
arrivare al ballottaggio, quindi absit
iniuria verbis (questa dovrebbe capirla visto che sostiene di aver
frequentato il Liceo classico “La Farina”, tanto da ricevere il Premio “Sgroj”
come ex allievo, anche se né io né altri suoi coetanei abbiamo il benché minimo
ricordo di uno che afferma di essere stato “rappresentante di tutti i licei
messinesi”!).
Il genio di Cateno,
come detto, non è in discussione; ma sarebbe ingeneroso non dare credito ai
suoi studi, alla teoria che c’è dietro questa campagna che, se fatta in una
città diversa, gli avrebbe probabilmente riservato solo l’onore di qualche
video virale su YouTube con un titolo del genere “Cetto Laqualunque esiste
davvero”. Cateno ha certamente letto Goebbels’ Principles of Propaganda di Leonard W. Doob, un notissimo articolo scientifico
che analizza gli undici princìpi della comunicazione (politica, potremmo
chiamarla) teorizzati e applicati dal geniale ministro della Propaganda del
Reich. No, non si tratta del solito e banale «Bene o male, purché se ne parli»,
che tra l’altro è di Oscar Wilde anche se spesso viene attribuito a Goebbels:
ve li riporto brevemente nel commento di Giulio Cavalli sulla rivista Left, provando a individuare
l’applicazione del singolo principio da parte di Cateno in questa campagna.
1. Principio della semplificazione e del nemico unico. È necessario identificare l’avversario in un nemico,
nell’unico responsabile di tutti i mali. (La casta.) 2. Principio del
metodo del contagio. Riunire diversi avversari in una sola categoria o
in un solo individuo. (idem) 3.
Principio della trasposizione. Caricare sull’avversario i propri
errori e difetti, rispondendo all’attacco con l’attacco. (Appartenenza al
sistema, disonestà reale o presunta.) 4. Principio dell’esagerazione e
del travisamento. Trasformare qualunque aneddoto, per piccolo che sia,
in minaccia grave. (Dal presunto «Quella giornalista è cosa mia» di Bramanti
fino alla foto utilizzata da un sito a corredo di un articolo che lo riguarda.)
5. Principio della volgarizzazione. La propaganda deve essere
popolare, adattando il suo livello al meno intelligente degli individui ai
quali è diretta. La capacità ricettiva delle masse è limitata e la loro
comprensione media scarsa, così come la loro memoria. (Questo è il fulcro della
campagna elettorale di Cateno: lazzi, insulti, frasi in dialetto, dire tutto e
il contrario di tutto senza smentirsi.) 6. Principio di orchestrazione.
La propaganda deve limitarsi a un piccolo numero di idee e ripeterle sotto
diverse prospettive ma convergendo sempre sullo stesso concetto. «Una menzogna
ripetuta all’infinito diventa la verità». (Prescrizioni fatte passare per
assoluzioni, guerra al “sistema”.) 7. Principio del continuo
rinnovamento. Emettere costantemente informazioni e argomenti nuovi, anche
non strettamente pertinenti, a un tale ritmo che, quando l’avversario risponda,
il pubblico sia già interessato ad altro. (E questo lo abbiamo visto ogni
giorno.) 8. Principio della verosimiglianza. Costruire
argomenti fittizi a partire da fonti diverse o attraverso informazioni
frammentarie. (Leggi o fonti di finanziamento citate alla bisogna.) 9.
Principio del silenziamento. Passare sotto silenzio le domande sulle
quali non ci sono argomenti e dissimulare le notizie che favoriscono
l’avversario. (Negare il ricorso al riequilibrio, criticare a priori l’operato degli avversari.) 10.
Principio della trasfusione. Diffondere argomenti che possano mettere
le radici in atteggiamenti primitivi. (Populismo, qualunquismo, razzismo.) 11.
Principio dell’unanimità. Portare la gente a credere che le opinioni
espresse siano condivise da tutti, creando una falsa impressione di unanimità.
(Lo slogan “Cateno il sindaco lo sa fare” utilizzato come se fosse un dato di
fatto.)
De Luca e l'avvocato Taormina (stampalibera.it) |
Paura, eh? Pensavate
che Cateno fosse solo un personaggio folcloristico, un piccolo Masaniello de noantri in guerra contro la “casta”
che critica Accorinti perché avrebbe dovuto restituire una parte maggiore
dell’indennità ma prende 11 mila euro al mese dalla Regione? Solo un “uomo del
popolo” che lotta contro i privilegi ma si è costruito un patronato su misura,
incassando contributi e ricavandone un Tfr da 600 mila euro nel 2017? Solo una
vittima della giustizia che però è riuscito a far andare in prescrizione sei
reati su otto dilatando i tempi dei processi? Uhm, ecco perché ha vinto ed ecco
perché vincerà il 24 giugno. Perché magari non sarà Goebbels, ma lo avete
sottovalutato e continuate a sottovalutarlo. In tutti i sensi.
https://left.it/2018/03/12/ho-scritto-una-bufala-scusatemi/
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