lunedì 27 aprile 2020

SOSTIENE PEREIRA: la "fase 2" di Cateno, dalla zampogna al clarinetto



Logorato dalle sue urla, eroso dalla sue invettive, sgretolato dalle smentite, tormentato dal suo nonnulla, Cateno - sfiancato - finge di concedersi una tregua. In realtà deve solo disintossicarsi... E preparare la "fase 2".


Sfibrato, manda in avanscoperta, complici giornalisti tanto al chilo (ti faccio un'intervista, mi offri la cena), l'Arisme di Marcello Scurria, ipotizzando un caso di coronavirus in una delle 2500 favelas messinesi ad oggi immuni dal Covid-19, e non si capisce perché domani dovrebbero esserne colpite. Fa presagire occupazioni di alberghi e "B&B", alimentando speranze di economie in segmenti commerciali borghesi in grande sofferenza.

Esaurito il copione indirizzato alle pance fobiche - «questa è una guerra»«vi lancio i droni»«nessuno esca da casa, ve lo ordina il vostro sindaco»«io rustu a casa»«dallo Stretto non si passa»: ordinanze cassate e invettive "sfanculate" - Cateno ha l'esigenza di rivolgersi ad altri segmenti di città. Seguiranno i "pastoni" lanciati con lenza corta a liberi professionisti, commercianti, ristoratori e aperitivisti, cui prometterà suolo pubblico illimitato, l'azzeramento dei tributi locali e l'impegno di contributi a chicchessia. Il bluff durerà tre anni, se la prenderà con Stato e Regione che non gli permettono di liberare risorse, poi si candiderà alla presidenza della Regione Siciliana, sarà ancora una volta sconfitto e urlerà alla congiura dei poteri forti, non senza aver cercato di lanciare un ascaro nella corsa a sindaco di Messina.

La "fase 2" di Cateno è già iniziata: la Vara? «Potremmo celebrarla il 15 settembre». Nessuno che gli abbia detto, guarda che da alcuni secoli si tiene e Ferragosto. Conscio della castroneria - perché lui ai messinesi la Vara la vuole dare, fosse anche a Natale - corregge il tiro:  «È una ipotesi, sulla materia decide la Chiesa». Ma allora, perché non tacevi?

La Chiesa, attraverso il moderato arcivescovo Accolla, ha inferto a Cateno lo schiaffo più doloroso: «Sei zallo e silenzia i megafoni»,  è stato il giudizio tranciante e volto a cloroformizzare auto moleste in giro per la città che diffondevano la voce del guitto di Fiumedinisi che intimava ai messinesi, in prossimità della Pasquetta, di «rustiri per i cazzi loro».

Per come vede la vita Cateno, che porta il Rosario al polso, uno schiaffo molto più doloroso di quello che gli hanno inferto in serie la prefetta, il gruppo Franza, il governatore Musumeci, la ministra dell'Interno Lamorgese, il Consiglio di Stato, il presidente emerito della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri, il governo Conte. Quel «sei zallo» dell'arcivescovo su Cateno ha avuto l'effetto che ebbe su George Foreman il jab destro che gli scagliò Muhammad Ali a Kinshasa, mandandolo a terra all'ottavo round, con il sovrappiù del dileggio di Malcom X.

Cateno ha quindi bisogno di una exit strategy, e una new strategy, per continuare a urlare nella "fase 2". Ma nel weekend non potrà andare a caccia di messinesi nei bordelli perché i bordelli sono tutti chiusi. Cosa farà allora? Sguinzaglierà dal 4 maggio i vigili-Gestapo  e l'assessore mascellona Musolino per verificare che fuori dai locali, frattanto aperti, sia rispettato il distanziamento sociale. Tutto qui, "pubbirazzu", come al  solito. E farà una conferenza stampa per dire che ha salvato Messina dal coronavirus.

Ma se c'è una cosa che a Cateno non posso perdonare, è di aver imbracciato un clarinetto e suonato Bella Ciao il 25 aprile. Bella Ciao è una cosa seria. In tutto il mondo. È il simbolo planetario delle Resistenze. E tu sei un bluff!

Cateno, quel grido di pietà e di libertà non ti appartiene. Non è nella tua storia, non è nel tuo Dna. Quel che hai fatto è vilipendio.  E poi il clarinetto non è una zampogna, va tenuto con delicatezza, al clarinetto si sussurra, non gli si soffia dentro come a una pelle di capra.  Il clarinetto va baciato, e tu non sai baciare. Ma solo urlare, tutt'al più sparare alle nuvole.
Antonio Pereira

P.S.: Sostiene di chiamarsi Antonio Pereira, di essere un discendente del giornalista del Lisboa protagonista del romanzo di Tabucchi. Sostiene di avermi conosciuto in un giorno d’estate. «Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava». Solo che io non sono mai stato a Lisbona, quindi immagino che menta. E’ un uomo di età ormai avanzata, che ha problemi di cuore e la pressione alta. Un ex giornalista di cronaca nera al quale è stata affidata la pagina culturale del giornale. Ora, essendo piuttosto anziano e poco avvezzo all’uso dei social (né gli interessa), Antonio Pereira non ha un blog e mi ha chiesto di ospitare periodicamente le sue riflessioni.

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