SOSTIENE PEREIRA: la "fase 2" di Cateno, dalla zampogna al clarinetto
Logorato dalle sue urla, eroso dalla
sue invettive, sgretolato dalle smentite, tormentato dal suo nonnulla, Cateno -
sfiancato - finge di concedersi una tregua. In realtà deve solo
disintossicarsi... E preparare la "fase 2".
Sfibrato, manda in avanscoperta, complici giornalisti
tanto al chilo (ti faccio un'intervista, mi offri la cena), l'Arisme di
Marcello Scurria, ipotizzando un caso di coronavirus in una delle 2500 favelas messinesi
ad oggi immuni dal Covid-19, e non si capisce perché domani dovrebbero esserne
colpite. Fa presagire occupazioni di alberghi e "B&B",
alimentando speranze di economie in segmenti commerciali borghesi in grande
sofferenza.
Esaurito il copione indirizzato alle pance fobiche
- «questa è una guerra», «vi
lancio i droni», «nessuno esca da casa, ve lo ordina il vostro sindaco», «io rustu
a casa», «dallo Stretto non si passa»: ordinanze cassate e invettive "sfanculate"
- Cateno ha l'esigenza di rivolgersi ad altri segmenti di città. Seguiranno i
"pastoni" lanciati con lenza corta a liberi professionisti,
commercianti, ristoratori e aperitivisti, cui prometterà suolo pubblico illimitato,
l'azzeramento dei tributi locali e l'impegno di contributi a chicchessia. Il
bluff durerà tre anni, se la prenderà con Stato e Regione che non gli
permettono di liberare risorse, poi si candiderà alla presidenza della Regione
Siciliana, sarà ancora una volta sconfitto e urlerà alla congiura dei poteri
forti, non senza aver cercato di lanciare un ascaro nella corsa a sindaco di
Messina.
La "fase 2" di Cateno è già iniziata: la Vara? «Potremmo
celebrarla il 15 settembre». Nessuno che gli abbia detto, guarda che da alcuni
secoli si tiene e Ferragosto. Conscio della castroneria - perché lui ai
messinesi la Vara la vuole dare, fosse anche a Natale - corregge il
tiro: «È una ipotesi, sulla materia decide la Chiesa». Ma allora,
perché non tacevi?
La Chiesa, attraverso il moderato arcivescovo Accolla, ha inferto a Cateno
lo schiaffo più doloroso: «Sei zallo e silenzia i megafoni», è stato
il giudizio tranciante e volto a cloroformizzare auto moleste in giro per la
città che diffondevano la voce del guitto di Fiumedinisi che intimava ai
messinesi, in prossimità della Pasquetta, di «rustiri per i cazzi loro».
Per come vede la vita Cateno, che porta il Rosario al polso, uno schiaffo
molto più doloroso di quello che gli hanno inferto in serie la prefetta, il
gruppo Franza, il governatore Musumeci, la ministra dell'Interno Lamorgese, il
Consiglio di Stato, il presidente emerito della Corte Costituzionale Gaetano
Silvestri, il governo Conte. Quel «sei zallo» dell'arcivescovo su
Cateno ha avuto l'effetto che ebbe su George Foreman il jab destro che gli
scagliò Muhammad Ali a Kinshasa, mandandolo a terra all'ottavo round, con il
sovrappiù del dileggio di Malcom X.
Cateno ha quindi bisogno di una exit strategy, e una new
strategy, per continuare a urlare nella "fase 2". Ma nel weekend
non potrà andare a caccia di messinesi nei bordelli perché i bordelli sono
tutti chiusi. Cosa farà allora? Sguinzaglierà dal 4 maggio i
vigili-Gestapo e l'assessore mascellona Musolino per verificare che fuori
dai locali, frattanto aperti, sia rispettato il distanziamento sociale. Tutto
qui, "pubbirazzu", come al solito. E farà una conferenza stampa
per dire che ha salvato Messina dal coronavirus.
Ma se c'è una cosa che a Cateno non posso perdonare, è
di aver imbracciato un clarinetto e suonato Bella Ciao il 25
aprile. Bella Ciao è una cosa seria. In tutto il mondo. È il
simbolo planetario delle Resistenze. E tu sei un bluff!
Cateno, quel grido di pietà e di libertà non ti appartiene.
Non è nella tua storia, non è nel tuo Dna. Quel che hai fatto è
vilipendio. E poi il clarinetto non è una zampogna, va tenuto con
delicatezza, al clarinetto si sussurra, non gli si soffia dentro come a una
pelle di capra. Il clarinetto va baciato, e tu non sai baciare. Ma solo
urlare, tutt'al più sparare alle nuvole.
Antonio Pereira
P.S.: Sostiene di chiamarsi Antonio Pereira, di essere
un discendente del giornalista del Lisboa protagonista
del romanzo di Tabucchi. Sostiene di avermi conosciuto in un giorno
d’estate. «Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e
Lisbona sfavillava». Solo che io non sono mai stato a Lisbona, quindi immagino
che menta. E’ un uomo di età ormai avanzata, che ha problemi di cuore e la
pressione alta. Un ex giornalista di cronaca nera al quale è stata affidata la
pagina culturale del giornale. Ora, essendo piuttosto anziano e poco
avvezzo all’uso dei social (né gli interessa), Antonio Pereira
non ha un blog e mi ha chiesto di ospitare periodicamente le sue riflessioni.
Commenti
Posta un commento