SOSTIENE PEREIRA: Il Cateno che è in lui, il Cateno che è in voi
Sostiene di
chiamarsi Antonio Pereira, di essere un discendente del giornalista del Lisboa
protagonista del romanzo di Tabucchi. Sostiene di avermi conosciuto in un giorno d’estate. «Una magnifica
giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava». Solo che io
non sono mai stato a Lisbona, quindi immagino che menta. E’ un uomo di età
ormai avanzata, che ha problemi di cuore e la pressione alta. Un ex giornalista
di cronaca nera al quale è stata affidata la pagina culturale del giornale. Ora, essendo piuttosto anziano e poco avvezzo all’uso
dei social, Antonio Pereira non ha un blog e
mi ha chiesto di ospitare periodicamente le sue riflessioni.
Non ho paura
del Cateno che è in lui, che è lui; ma del Cateno che si annida in voi. Una
apparente maggioranza che ammorba Messina, cloroformizzata attraverso il siero
della frustrazione e della insolvenza rispetto alle proprie responsabilità e ai
propri limiti. Consapevolmente o inconsapevolmente. Di coloro che adornano di
fiori di carta le gabbie da galera erette attraverso ordinanze
incostituzionali, illegittime, illiberali: giustificandole! E di coloro che sono disposti a giustificare
incostituzionalità, illegittimità, illiberalità in nome di un valore fumoso,
spacciato per emergenza e difesa di popolo, ma che nasconde solo egoismo,
cupidigia, malferme condizioni psichiatriche, egocentrismo, stolto tatticismo
politico ed elettoralismi in prospettiva.
Ho
paura di chi non ci trova nulla di strano a ritrovarsi inseguito da un drone,
che un giorno potrebbe poggiarsi sul balcone della camera da letto in cui ha
lasciato le tapparelle a metà, mentre fa l'amore o semplicemente guarda un film
o legge un libro. Ho paura di chi si crede investito di un compito messianico,
chiunque esso sia. E ho paura, soprattutto, di coloro che ritengono sia normale
abbandonare famiglie per 48 ore lungo il serpentone degli imbarcaderi di Villa
San Giovanni, senza una toilette nei paraggi, un bar che possa riscaldare un
biberon: sequestri di persone, che a Messina non vi avrebbero neppure messo
piede.
Ho
paura di chi sbraita ma concede prebende, di chi divide il giusto dall'errato
ma è disposto a mediare pro domo sua. Ho paura della sua corte di iracondi o
acefali esecutori che mi ricordano gli ufficiali processati a Norimberga:
"Obbedivamo agli ordini". E di
chi si è fatto comprare per vanagloria o fame, o convincere perché il guitto al
governo di una città ignava e ridotta all'osso ha saputo risvegliare i germi
sopiti finanche di miti fascistoidi.
Sì,
questa città meritava Cateno De Luca: lo meritava per intero. Una dose
omeopatica all'abdicazione politica e intellettuale, sociale ed economica,
etica e umana. Una giusta punizione. Ma ora può bastare. Lo si fermi qui, senza
attendere che si schianti da solo. Perché si schianterà.
Antonio
Pereira
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