venerdì 10 aprile 2020

SOSTIENE PEREIRA: Il Cateno che è in lui, il Cateno che è in voi




Sostiene di chiamarsi Antonio Pereira, di essere un discendente del giornalista del Lisboa protagonista del romanzo di Tabucchi. Sostiene di avermi conosciuto in un giorno d’estate. «Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava». Solo che io non sono mai stato a Lisbona, quindi immagino che menta. E’ un uomo di età ormai avanzata, che ha problemi di cuore e la pressione alta. Un ex giornalista di cronaca nera al quale è stata affidata la pagina culturale del giornale. Ora, essendo piuttosto anziano e poco avvezzo all’uso dei social, Antonio Pereira non ha un blog e mi ha chiesto di ospitare periodicamente le sue riflessioni.



Non ho paura del Cateno che è in lui, che è lui; ma del Cateno che si annida in voi. Una apparente maggioranza che ammorba Messina, cloroformizzata attraverso il siero della frustrazione e della insolvenza rispetto alle proprie responsabilità e ai propri limiti. Consapevolmente o inconsapevolmente. Di coloro che adornano di fiori di carta le gabbie da galera erette attraverso ordinanze incostituzionali, illegittime, illiberali: giustificandole!  E di coloro che sono disposti a giustificare incostituzionalità, illegittimità, illiberalità in nome di un valore fumoso, spacciato per emergenza e difesa di popolo, ma che nasconde solo egoismo, cupidigia, malferme condizioni psichiatriche, egocentrismo, stolto tatticismo politico ed elettoralismi in prospettiva.

Ho paura di chi non ci trova nulla di strano a ritrovarsi inseguito da un drone, che un giorno potrebbe poggiarsi sul balcone della camera da letto in cui ha lasciato le tapparelle a metà, mentre fa l'amore o semplicemente guarda un film o legge un libro. Ho paura di chi si crede investito di un compito messianico, chiunque esso sia. E ho paura, soprattutto, di coloro che ritengono sia normale abbandonare famiglie per 48 ore lungo il serpentone degli imbarcaderi di Villa San Giovanni, senza una toilette nei paraggi, un bar che possa riscaldare un biberon: sequestri di persone, che a Messina non vi avrebbero neppure messo piede.

Ho paura di chi sbraita ma concede prebende, di chi divide il giusto dall'errato ma è disposto a mediare pro domo sua. Ho paura della sua corte di iracondi o acefali esecutori che mi ricordano gli ufficiali processati a Norimberga: "Obbedivamo agli ordini".  E di chi si è fatto comprare per vanagloria o fame, o convincere perché il guitto al governo di una città ignava e ridotta all'osso ha saputo risvegliare i germi sopiti finanche di miti fascistoidi.

Sì, questa città meritava Cateno De Luca: lo meritava per intero. Una dose omeopatica all'abdicazione politica e intellettuale, sociale ed economica, etica e umana. Una giusta punizione. Ma ora può bastare. Lo si fermi qui, senza attendere che si schianti da solo. Perché si schianterà.
Antonio Pereira

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