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Visualizzazione dei post da 2013

Poz, Kidd, Rose e Collins: storie di point guard (anzi, di playmaker)

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E’ una di quelle parole inglesi che abbiamo trascinato a peso nella lingua italiana senza sapere quale fosse il loro vero significato. Tanto che da loro – intendo in America – “playmaker” è l’atleta in grado di fare le giocate decisive mentre il ruolo che noi definiamo così è quello di “point guard” (guardia, ovvero esterno, che gioca in punta, quindi fronte al canestro avversario). Tuttavia, non è più tanto raro che la “point guard” sia il “playmaker” della squadra, ovvero che decida le partite; il suo ruolo di spalla, di comprimario così com’era disegnato dal basket tradizionale, nel quale – pur con eccezioni – il play si limita a passare la metà campo palla in mano e innescare con il passaggio i compagni, si è enormemente evoluto e oggi sono davvero tanti i “numeri 1” (altra definizione del ruolo sul parquet) migliori realizzatori delle loro squadre o comunque più votati al tiro o alla penetrazione che non alla distribuzione del gioco. E anche se questa regola di fatto no

Questo buffone di sindaco mi sta proprio sul culo

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E sì, questo buffone con la maglietta e i sandali che hanno eletto sindaco di Messina mi sta proprio sul culo. Prima di cambiare mestiere e intraprendere la mia attuale occupazione ero un imprenditore edile, e mi ero perfettamente integrato nel sistema degli appalti pubblici: partecipi a una gara, offri il 40 per cento di ribasso, ti aggiudichi i lavori sottocosto e poi ti metti d’accordo con il direttore dei lavori e i politici e a colpi di varianti in corso d’opera ci guadagni ugualmente un pacco di soldi. Bei tempi, erano quelli. Poi è finita la Prima Repubblica e io aspettavo come la manna dal cielo l’apertura dei cantieri del Ponte: un esproprio, un movimento terra, una colata di cemento e per quindici anni s’incassava, chi se ne frega del “dopo”. Arriva questo Zeus dei poveri, sale sul Pilone sventolando uno striscione con uno slogan del cavolo, “No Ponte” (che poi sarebbe “No al Ponte”, ma l’ignoranza…), e ti monta un gran putiferio fomentando la protesta di tutti i

NBA: La guerra di Rose e l'esercito dell'ultima chance

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T he War of the Rose , ovvero “la guerra di Rose”. E’ il grande ritorno del playmaker di Chicago, prima scelta assoluta del 2008 e fermo da oltre un anno per infortunio, il tema principale della stagione Nba che inizia questa notte con tre partite: il derby di Los Angeles tra Lakers e Clippers, Orlando-Indiana e appunto la sfida tra i Miami Heat di LeBron James, campioni negli ultimi due anni, e i Bulls dell’Mvp del 2011. D-Rose, oggetto anche di accese polemiche durante gli ultimi playoff per la decisione di non accelerare il rientro, ha già dimostrato di essere nuovamente in piena efficienza fisica con una preseason rutilante a 20.7 punti e 5 assist di media e nella quale Chicago è rimasta imbattuta (7-0); ora deve provare di poter ancora trascinare i Bulls a una riedizione dei fasti dell’era Jordan. Il problema è che gli ostacoli più alti sono tutti a Est e si chiamano ovviamente Miami, Indiana e finalmente Brooklyn; chi uscirà dalla “tonnara” fra queste quattro superpotenze, c

X Factor 7: La creatura del Dr. Morganstein (Non si fa Mika così, Elio!)

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E così, il mio preferito è già sul treno per Livorno. Lorenzo Iuracà, ventenne (o poco più) toscano probabilmente di origini calabresi visto il cognome, è il primo eliminato della settima edizione di X Factor, direi ingiustamente visto che era un cantante e un personaggio di un certo interesse e che nella prima manche della puntata inaugurale dello show di Sky aveva anche cantato piuttosto bene, con presenza scenica e personalità oltre che intonazione. Lorenzo Iuracà, primo eliminato di X Factor          Le due cose più giuste della serata gliele ha dette Elio, anche se non ho per nulla condiviso la sua scelta di eliminare Lorenzo quando poteva toglierci subito dalle balle i Freeboys, praticamente i Neri per Caso vestiti da One Direction (o viceversa) che invece sono destinati ad ammorbarci ancora per qualche settimana, col rischio che via via le ragazzine s'innamorino e questi tre (abbastanza insulsi) sedicenni ce li ritroviamo dritti in finale. Vedrete, vedrete. Anche

Nella vecchia XFactoria (Mika, Mika, Oh)

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U n po’ per il nome di questo blog, un po’ per una reale passione nei confronti del programma forse più innovativo e spettacolare della tv italiana, non potevamo esimerci dal commentare la nuova stagione di X Factor su Sky; e in attesa, dopo gli Home Visit, di giudicare i 12 finalisti e magari azzardare qualche pronostico, facciamo il punto sulle prime puntate (audizioni e Bootcamp) e sulle assegnazioni delle categorie ai quattro giudici. Elio, Mika, Simona Ventura e Morgan a "X Factor" Ah sì, i giudici: tre conferme e una sostituzione la scelta degli autori e del canale satellitare dopo l’edizione forse più sguaiata, gossippara e trash di sempre. Merito soprattutto di quella sciroccata di Arisa, che dopo essere riuscita a scannarsi sia con Elio sia con la Ventura per difendere i due fratelli incestuosi che nessuno ricorda più nemmeno come si chiamassero e che invece, per la Pantera di Pignola (PZ), avevano praticamente in mano il futuro della musica italiana – ed

Tutti i trucchi e gli espedienti del "Poz" (Gazzetta del Sud, 8/10/2013)

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U na cosa è certa: anche quest'anno, a guardare le partite dell'Orlandina non ci si annoierà di certo. Sembra averlo subito capito Sportitalia, che dopo lo "show" paladino a Brescia potrebbe (e farebbe bene) decidere di trasmettere ogni settimana l'impegno della squadra di Gianmarco Pozzecco...  È proprio il "Poz" il personaggio che cambia le carte in tavola, che stravolge consuetudini e piani partita per portare il match dove vuole lui, in una zona in cui non contano più la tecnica o la tattica ma il cuore, la grinta, il gruppo, l'amore per questo  gioco. Tanto che i commentatori hanno notato come la squadra sembri letteralmente giocare per lui.  L'ex play della Nazionale mette al servizio della propria panchina tutta una serie di "trucchi" ed espedienti a metà tra il consumato teatrante (in senso buono, per ca rità) e il "cervellone" applicato al basket. Sport del quale - torniamo ad affermarlo - ha conoscenza, istinti e

Ritratto del sindaco di Hiroshima

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«I o sono il sindaco di Hiroshima». Era agosto quando, durante un incontro serale con gli abitanti e i villeggianti di Marmora e Rodia (già questa una piccola rivoluzione), Renato Accorinti metteva in chiaro quale “eredità” amministrativa gli fosse toccata. Eletto da poco più di un mese dopo una clamorosa rimonta al ballottaggio che aveva coronato una campagna elettorale straordinaria come mai se ne erano viste a Messina (e questo mi sembra oggettivo, al di là della simpatia che ho per il nuovo sindaco e per il suo movimento), Renato aveva già capito l’antifona: gli toccava – e gli tocca – amministrare una città devastata dalla bomba atomica del malgoverno, della burocrazia che soffoca, del disinteresse di un’intera classe politica per la quale era stata solo terra di conquista e di saccheggi. E questo va al di là delle responsabilità personali di chi l’ha amministrata – che pure ci sono – per coinvolgere un intero sistema, quello della politica come l’hanno intesa la prima, la se

Italia-Lituania, ecco la storia che ritorna

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C hissà se giocatori e staff tecnico della Lituania hanno seguito la gara dell’ultima giornata del girone F agli Europei di basket in Slovenia, quella che ha assegnato loro l’avversaria nei quarti di finale. Probabilmente sì. Sicuramente avranno studiato la Spagna vice campione olimpica e detentrice del titolo continentale, ovviamente favorita per la vittoria sull’Italia e quindi per il terzo posto (cioè per l’accoppiamento con la “corazzata” baltica), e invece si sono ritrovati una fantastica Italia, capace di infliggere alle “furie rosse” la terza sconfitta nella rassegna slovena recuperando 11 punti di distacco, impattando allo scadere con un’invenzione di Datome e quindi dominando il supplementare per confezionare l’ennesima impresa di un torneo nato sotto i peggiori auspici a causa dei tanti infortuni e rivelatosi, finora, persino trionfale. Chissà cosa avranno pensato in particolare Ksistof Lavrinovic e Robertas Javtokas, unici “superstiti” (il termine è quello giusto, come

US Open: lo scambio più cattivo di sempre

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Novak Djokovic, n. 1 del tennis mondiale N on sarà ricordato come lo scambio più bello di sempre per vari motivi: intanto perché si è chiuso con un errore (che tuttavia definire “gratuito” sarebbe blasfemia) anziché con un colpo vincente. Poi perché sicuramente, nella storia, di scambi più spettacolari, conditi da colpi di classe e tocchi eleganti, in un Borg-McEnroe o in un Sampras-Agassi (giusto per non andare troppo lontano con la memoria, ai “gesti bianchi” di sua maestà Clerici per capirci) ne saranno stati giocati tantissimi. E anche perché chi ha vinto lo scambio ha poi perso il match. Però il lunghissimo, insistito, reiterato tentativo di omicidio reciproco perpetrato da Nole Djokovic e Rafa Nadal lunedì notte durante la finale dell’US Open merita un posto, ancorché piccolo e marginale, nella storia del tennis. Per quello che è stato e per quello che sarebbe potuto diventare. Il video è finito in tempo reale su Youtube , vale la pena vederlo. Partiamo dalla situazione di pu