Questo buffone di sindaco mi sta proprio sul culo
E sì, questo buffone con la maglietta e i sandali
che hanno eletto sindaco di Messina mi sta proprio sul culo. Prima di cambiare
mestiere e intraprendere la mia attuale occupazione ero un imprenditore edile,
e mi ero perfettamente integrato nel sistema degli appalti pubblici: partecipi
a una gara, offri il 40 per cento di ribasso, ti aggiudichi i lavori sottocosto
e poi ti metti d’accordo con il direttore dei lavori e i politici e a colpi di
varianti in corso d’opera ci guadagni ugualmente un pacco di soldi. Bei tempi,
erano quelli.
Poi è finita la Prima Repubblica e io aspettavo
come la manna dal cielo l’apertura dei cantieri del Ponte: un esproprio, un
movimento terra, una colata di cemento e per quindici anni s’incassava, chi se
ne frega del “dopo”. Arriva questo Zeus dei poveri, sale sul Pilone sventolando
uno striscione con uno slogan del cavolo, “No Ponte” (che poi sarebbe “No al
Ponte”, ma l’ignoranza…), e ti monta un gran putiferio fomentando la protesta
di tutti i perdigiorno di Messina e dintorni, e così oggi si fa, domani no,
dopodomani crolla, fra tre giorni non ci sono i capitali, insomma niente da
fare.
Allora qualche amico mi dice: guarda che
il business vero è nella Formazione,
un sacco di fondi europei e regionali, controlli praticamente zero, destra e
sinistra alleate senza distinzioni quindi nessuno denuncerà mai niente… E
invece, anche qui sapete com’è andata a finire.
Mi sono dato quindi un’ultima chance. Non vi dico qual è, ma lo
capirete. Fatto sta che mentre ieri ero lì a piazza Unione Europea e parlavo di
affari con un generale amico mio, arriva il mio incubo: maglietta con scritto
“Free Tibet” (che poi io con la
Cina ho sempre lavorato bene) sotto la fascia tricolore, nemmeno
uno straccio di giacca e cravatta, anziché deporre una corona di fiori al
monumento ai Caduti come qualunque sindaco che si rispetti tira fuori… la
bandiera della Pace? E poi comincia a delirare: Pertini, i granai, gli
arsenali, mancavano solo Banderas e il Mulino Bianco. E l’articolo 11 della
Costituzione! Ma lo sanno tutti che è scritto con l’inchiostro simpatico!
Insomma, me ne vado sdegnato insieme a
un paio di militari di alto grado, pensando che questa piazzata passerà
inosservata, come le farneticazioni di un pazzo che non sa proprio come si campa.
Oggi invece ti trovo quotidiani, siti e telegiornali pieni di questa buffonata.
E passi per Mentana, passi per Repubblica.it e Corriere.it, passi per la prima
pagina del Manifesto ché tanto i
comunisti sono sempre uguali, ma persino la Gazzetta del Sud! E nemmeno lo squartano come si
deve, no! Fanno il canto e il controcanto, “Sono d’accordo” e “Non sono
d’accordo”, e se leggi i due editoriali capisci che in realtà sono d’accordo
tutti e due, è tutta una combutta catto-comunista che punta a minare i capisaldi
dell’economia della nostra città e del nostro Paese.
No, caro sindaco Accorinti: con quella
fascia indosso dovresti rappresentare tutti, non soltanto gli estremisti come
te. La mia categoria, per esempio, non la rappresenti affatto. E poi non mi
vergogno a dirlo: a me, che di Messina si parli per queste cose, dà parecchio
fastidio. Una volta c’erano il “Caso Messina”, poi il “Caso Buzzanca”, insomma
storie cazzute, intrecci, politica, malaffare… Questo che sarebbe, il “Caso Barbapapà”?.
Ma siamo seri, via.
Pietro Chiocca*
P.S.:
al ministro Gianpiero D’Alia, che si è indignato per le parole di Accorinti,
vorrei domandare: Lei che è un “politico cattolico”, può chiedere a Papa Francesco
cosa ne pensa? Così, per sapere.
(*Pietro Chiocca è il personaggio del
mercante d’armi interpretato da Alberto Sordi in “Finchè c’è guerra c’è
speranza”)
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