Playoff NBA: guida galattica per scommettitori a cui non interessa vincere

Se la stagione regolare della NBA è stata a dir poco scoppiettante, tra record di triple doppie, nuove superstar che si affacciano all’Olimpo del basket, squadre che sembrano chiamate dal destino a vincere, nuove e inattese rivalità, a maggior ragione è lecito aspettarsi tanta roba dai playoff che iniziano questa sera.

Naturalmente, come ogni anno IlMaxFactor non si sottrae ai pronostici, sia sulla post-season che sui premi individuali. E anche se ultimamente ci ho preso molto più del previsto, non mancherò di ripetere il mio solito mantra: quando si tratta di scommettere, anche la legge dei grandi numeri si rivolta contro di me, e comunque i pronostici non li sbaglia solo chi non li fa. Quindi, chi mi ama mi segua e soprattutto... non guardi al portafoglio, perché alla fine dei playoff sarà certamente vuoto.

James Harden e Russell Westbrook (nba,com)
Iniziamo però con i premi individuali, non solo perché avremo un riscontro immediato ma anche perché riguardano la regular season, quindi si può già tracciare un giudizio definitivo al riguardo. Il primo è anche il più importante, ovvero l’MVP: sono rimasti in corsa solo due candidati, Russell Westbrook degli Oklahoma City Thunder fresco di record all time con 42 triple doppie in una stagione (31.6 punti, 10.7 rimbalzi e 10.4 assist: è la prima annata in tripla doppia di media da quella 1961/62 di Oscar Robertson) e James Harden profeta della favolosa stagione da 55 vittorie degli Houston Rockets di coach Mike D’Antoni, anche lui con numeri da paura (29.1 punti, 8.1 rimbalzi, 11.2 assist). Sapete già che il mio voto virtuale va a Westbrook, giocatore che pure non amo ma che ha fatto realmente una cosa impensabile in questo basket. Tra l’altro i due si incrociano nel primo turno dei playoff: potreste chiedere di meglio?

Sul premio di Miglior difensore hanno allungato (letteralmente) le mani due vere e proprie superstar:
Draymond Green è il miglior difensore della Lega (nba.com)
Kawhi Leonard dei San Antonio Spurs, che peraltro è stato fino in fondo un legittimo pretendente al titolo di MVP (stagione da 25.5 punti, 5.8 rimbalzi, 3.5 assist, quasi 2 recuperi e 0.7 stoppate), e Draymond Green, il “cattivissimo me” dei Golden State Warriors (10 punti, 7.9 rimbalzi, 7 assist, 2 recuperi e 1.4 stoppate) che al solito contributo tecnico e “vocale” in difesa ha aggiunto ben 17 doppie doppie e addrittura 5 triple doppie, una delle quali senza nemmeno segnare 10 punti (prima volta nella storia di questa Lega). Vado tutta la vita con Green, che tra l’altro secondo me avrebbe dovuto vincere anche nelle ultime due stagioni.

Un premio che negli anni ha decisamente cambiato pelle è quello per il Giocatore più migliorato: se
Nikola Jokic con Danilo Gallinari (nba.com)
fino a qualche anno fa veniva assegnato al comprimario autore di una stagione sopra le righe, ultimamente è diventato una specie di “vice MVP”: ecco perché, secondo praticamente tutti gli addetti ai lavori, dovrebbe andare a Giannis Antetokoumpo dei Milwaukee Bucks che è il primo nella storia della Lega a chiudere una stagione tra i primi 20 per punti, rimbalzi, assist, recuperi, stoppate, parquet puliti con lo spazzolone e quantità di sushi mangiata in aereo. Ok, però “The Greek Freek” era una superstar già lo scorso anno, al di là del fatto che segnasse 17 punti di media contro i 23 attuali; la mia scelta cade quindi sul centro dei Denver Nuggets Nikola Jokic che a parte i 16.7 punti e 9.8 rimbalzi serve ai compagni 4.9 (!) assist e, per quello che ho visto, passa la palla anche meglio di Arvydas Sabonis. E ho detto tutto.

Eric Gordon con il trofeo del 3-.point Shootout (nba.com)

Puoi dare il premio come Sesto uomo dell’anno a uno che è stato MVP delle Finali? E soprattutto, puoi darlo a un giocatore che segna appena 7.6 punti di media aggiungendo 4 rimbalzi e 3.4 assist? Sì che puoi, visto che Andre Iguodala è la vera chiave tattica dei favolosi Golden State Warriors di queste tre stagioni: difende, la mette da tre quando serve, distribuisce il gioco. Insomma, un campione. Però c’è un altro giocatore che ha avuto, soprattutto prima dell’All Star Game, un impatto comparabile: è Eric Gordon degli Houston Rockets, che non solo ha chiuso a 16.2 punti di media con il 37% da tre, ma è una chiave essenziale per mantenere alto il livello offensivo della second unit della squadra di Mike D’Antoni. E’ vero, è un po’ calato nel finale dopo l'All Star Game (dove ha vinto la gara del tiro da tre), ma secondo me merita il premio ancora più di Iggy.

Sarà Dario Saric il Rookie of the Year o basteranno 31 partite a Joel Embiid? (nbareligion.com)
Eppure, la decisione più complicata riguarda il Rookie of the Year Award: finché ha giocato prima di infortunarsi (appena 31 partite), aveva dominato la scena Joel Embiid dei Philadelphia 76ers. Un rookie anomalo, perché era stato scelto nel 2016 ma aveva saltato l’intera stagione per infortunio, e che viaggiava a 20 punti e 8 rimbalzi di media sfracellando avversari e record. Dopo il suo stop si sono messi in luce diversi esordienti: da Yogi Ferrell dei Dallas Mavericks (10 punti, 3.7 assist, il 39% da tre) a Malcolm Brogdon dei Milwaukee Bucks (10.2 punti, 4.2 assist, 40% da tre); al MaxFactor però non è sfuggita la stagione dell’altro rookie dei 76ers, Dario Saric, che non solo ha chiuso a 12.8 punti con 6.3 rimbalzi e 2.2 assist di media, ma a soli 23 anni ha mostrato le stimmate della superstar. Fermo restando che il premio lo darei comunque a Embiid, sia chiaro.

Coach Mike D'Antoni con il suo playmaker (si.com)
Infine, l’Allenatore dell’anno. Qui non ho nessun dubbio: vince Mike D’Antoni e tutti muti. Arsenio Lupin è un visionario, uno con un’idea di basket diversa dagli altri che porta avanti nonostante le difficoltà: profeta a Phoenix dove ha raggiunto due volte la Finale di Conference, ha vinto un titolo di Coach of the Year nel 2005 e ha allenato l’Ovest all’All Star Game 2007, non ha abiurato nemmeno dopo le fallimentari esperienze con New York Knicks e Los Angeles Lakers e, approdato quest’anno ai Rockets, si è inventato James Harden playmaker e ha imposto il suo sistema nel quale si tira dopo 5 secondi dell’azione, possibilmente o da tre o da sotto (mai dal mid-range), e possibilmente andando sopra il ferro appena si può. Se però allo spettacolo si accompagnano i risultati, come è avvenuto in questa stagione, non c’è discussione con buona pace dei vari Erik Spoelstra di Miami, Dwayne Casey di Toronto e soprattutto Quin Snyder di Utah.

Ma a voi interessavano i pronostici sui playoff, mi pare (per scommettere sul risultato opposto, ovviamente). Eccoli. Cominciamo dalla Western Conference: Golden State (1) b. Portland (8), Utah (5) b. LA Clippers (4), San Antonio (2) b. Memphis (7), Houston (3) b. Oklahoma City (6). Semifinali di Conference: Golden State b. Utah, Houston b. San Antonio. Finale di Conference: Golden State b. Houston.

Andiamo alla Eastern Conference: Boston (1) b. Chicago (8), Washington (4) b. Atlanta (5), Indiana (7) b. Cleveland (2) – lo so, lo so, sembra sempre che debba per forza andare contro LeBron James ma Indiana è forse il peggior accoppiamento possibile per questi Cavs un po’ in crisi d’identità – Toronto (3) b. Milwaukee (6). Semifinali di Conference: Washington b. Boston, Toronto b. Indiana. Finale di Conference: Washington b. Toronto.


Quindi la finale NBA, secondo IlMaxFactor, sarà Golden State-Washington, con ovvia (a quel punto) vittoria dei Warriors. Dei Lakers se siete d’accordo parliamo la prossima volta, magari nel 2018.

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