Nba: mese 1, anno 1 dell'era post Kobe
Un mese di Nba, anno
primo dell’era post Kobe. Presto, ovviamente, per i primi bilanci; ma non per
le prime impressioni su una stagione che si annuncia molto particolare. E dal
momento che i pronostici de IlMaxFactor ormai vengono usati anche in America al
posto dei sondaggi, per questa volta mi limito all’analisi...
Gallinari e Belinelli uno contro uno (sportmediaset.it) |
A partire dalla lotta per
il titolo, con i campioni dei Cleveland Cavs di un LeBron James ormai
onnipotente sfidati da un “dream team” come i Golden State Warriors versione
Kevin Durant, e non solo (visti i record di San Antonio e Clippers?). Ma anche
con due pretendenti al titolo di Mvp, Russell Westbrook e James Harden, abbastanza
atipici e capaci finora di sfornare cifre praticamente mai viste e con i Los
Angeles Lakers che dopo un mese hanno già ottenuto più di metà delle vittorie con
le quali avevano chiuso lo scorso, imbarazzante campionato. E infine, con i due
italiani “superstiti”, Marco Belinelli e Danilo Gallinari, protagonisti a
Charlotte e Denver.
Dagli Splash Brothers alla Splash Family: 75 punti di media in tre |
Al momento in cui scrivo,
il miglior record della Lega appartiene ai fantastici Golden State Warriors
(15-2), in striscia vincente da 11 gare e che, dopo lo scioccante -29 in casa
nell’opener contro gli Spurs, hanno
perso solo allo Staples contro i Lakers. Necessita ancora qualche aggiustamento
specie per trovare tiri e spazi a Klay Thompson, che comunque insieme a Curry e
Durant forma un trio da 75 punti di media (!). KD si è invece inserito nel
sistema di coach Steve Kerr da superstar vera: 27.2 punti con il 57% dal campo
(e quasi il 45% da tre), 8 rimbalzi e quasi 5 assist. Curry, così, non ha più
bisogno di metterne 30 a sera (ma sono 26.7, non pensate male) anche se dopo il
tragico 0/10 dall’arco a L.A. si è preso il record di sempre per canestri da
tre nella stessa partita con 13. Logicamente, meno rutilante in attacco
Draymond Green che però sta calando le sue carte per il titolo di difensore
dell’anno (10.5 punti ma 9 rimbalzi, quasi 7 assist e 2.2 recuperi). A Ovest,
Golden State è inseguita da San Antonio (14-3, 9 vittorie in fila) dove
tuttavia le numerose escursioni di Kawhi Leonard sopra i trenta (24.8 di media)
sembrano più un campanello d’allarme che un segnale di forza, e dai Clippers
(14-4 ma reduci da due sconfitte) che per me restano sempre a un’ala piccola di
distanza dal competere fino in fondo per l’anello.
Anche questi tre di Cleveland non scherzano... |
A Est, invece, Cleveland
veleggia a forza di triple doppie del suo Re (23.6 punti, 8.4 rimbalzi, 9.7
assist), così in controllo da segnare persino meno di Kyrie Irving (24.8);
anche qui abbiamo un trio “stellare” da oltre 70 punti a partita grazie all’annata
di Kevin Love (22.3 punti e 10.7 rimbalzi con il 43% da tre, addirittura 34 nel
solo primo quarto della gara contro Portland). A differenza dell’altra
Conference, qui però di rivali non se ne vedono – sai che novità... – perché le
varie Toronto, Chicago, Boston e Atlanta annaspano. Menzione d’onore per Marco
Belinelli, che nei comunque positivi Charlotte Hornets (9-7) va in doppia cifra
di media a quota 10.4 punti e con il 48.4% è il secondo miglior tiratore da tre
punti della Nba, a un’incollatura da Channing Frye. L’altro azzurro, Danilo
Gallinari, si conferma leader dei Denver Nuggets che sperano di agganciare il
treno playoff (7-10): per il Gallo 16.8 punti, 4.6 rimbalzi e almeno un paio di
schiacciate insospettatibili per un giocatore la cui carriera è stata
tormentata da così tanti infortuni.
Da compagni a rivali nella corsa all'Mvp: Westbrook e Harden (bleacherreport.com) |
Se vogliamo dare credito
nella corsa all’Mvp a qualcuno che non giochi a Cleveland o Golden State, i
nomi sono essenzialmente due: Russell Westbrook e James Harden. Il primo (31.2
punti, 9.9 rimbalzi e 11.1 assist, non avete letto male) ha definitivamente
preso in mano OKC dopo l’addio di Durant e sta mantenendo in quota playoff una
squadra complessivamente mediocre così come Houston, dove però coach Mike D’Antoni
ci ha messo del suo “trasformando” Harden in un playmaker atipico sì, ma da
28.9 punti e addirittura 12.2 assist, soprattutto con appena 18.7 tiri a
partita che potrebbe essere il suo minimo da quando non aveva ancora la Barba (Westbrook
ne scaglia 24 per allacciata di scarpe). Honorable
mention per Anthony Davis di New Orleans (31.6 punti, 10.9 rimbalzi), DeMar
DeRozan di Toronto (30.2 con il 49% dal campo) e Damian Lillard di Portland (28.2
punti, 4.9 rimbalzi, 5.3 assist), anche se un occhio a Kawhi va dato sempre.
D'Angelo Russell e Nick Young, coppia di guardie titolare dei Lakers |
E infine, esauriti tutti
i pretesti, il vero motivo di questo post: la stagione dei miei Los Angeles
Lakers che oggi, con 9 vittorie e altrettante sconfitte, farebbero i playoff
(che ovviamente non faranno, anche perché non è l’obiettivo già quest’anno). Il
lavoro di coach Luke Walton si sta vedendo molto più e molto prima del
previsto, se è vero che al netto dell’infortunio di D’Angelo Russell (oltre 16
punti e quasi 5 assist di media, ma già 5 partite saltate) e del contributo
sotto il par di Luol Deng (6.5 punti,
29% da tre) ha subito trovato una quadratura tecnica e rotazioni efficaci con
in quintetto “Swaggy P”, al secolo Nick Young che l’anno scorso sembrava un
giocatore ampiamente finito e invece segna oltre 14 punti di media con il 42%
da tre e il 94% ai liberi, e dalla panchina una coppia di guardie in grado di
allungare su 48’ la pericolosità offensiva con Lou Williams (16.6 a partita con
il 40% da tre) e Jordan Clarkson (15.4). In un progetto tecnico così simile,
fatte le dovute proporzioni, a quello dei Warriors si segnala un finalmente
brillante Julius Randle che studia da... Draymond Green (13.3 punti con il 53%
da due, 8.1 rimbalzi e quasi 4 assist).
Ripeto: non faranno i
playoff, ma i Lakers sono tornati sulla mappa e lo hanno fatto comunque con una
versione dello showtime: ritmi alti,
difesa – difesa! – e contropiede finché ce n’è, capacità di piazzare break
importanti, il tutto con un gruppo il cui core
è giovanissimo. E qualunque tifoso gialloviola non può che essere felice anche
perché, con queste premesse, nella prossima off-season
incassare il “sì” di qualche free agent
di livello medio-alto non sarà difficile come quest’estate, quando il gm Mitch
Kupchak non ha trovato di meglio che elargire quadriennali da complessivamente
34 milioni a stagione all’accoppiata Deng-Mozgov...
Commenti
Posta un commento