Politici fantastici e dove trovarli: Lolito Genovese, il traghettatore pontista
Francantonio e Luigi Genovese (stampalibera.it) |
Luigino,
Luigino, «figlio dell’amore» come cantava Venditti e come in tempi non sospetti
scriveva IlMaxFactor, ma cu cazzu ti
potta? Ero così tranquillo da quando avevo deciso di non scrivere più di
politica perché Cateno Laqualunque mi ha rubato il mestiere (avete visto, no?
Le spara così grosse che non puoi nemmeno farci satira, perché resti sempre un
passo indietro), mi dedicavo a XFactor, al basket NBA, tutt’al più al rettore
Cuzzocrea – frase che, solo a pronunciarla, mi proietta indietro nel 1955 che
nemmeno Marty McFly in Ritorno al futuro
– e invece dal nulla arriva lui, Lolito Genovese, e ci mette il carico
foresto: «Il ponte sullo Stretto è l’infrastruttura chiave per lo sviluppo di
Messina». Ma porca puttana, Luigino, stavo pure mangiando un prelibato prosciutto
di cinghiale di San Licandro... a momenti soffocavo!
Che l’argomento “tardo
novecentesco” (semicit. Niki Vendola) del Ponte sia ormai solo un tentativo di
arraffare voti lo dimostrano le prese di posizione di Matteo Salvini, uno che
per lo 0,1% in più venderebbe sua madre, l’ex moglie pugliese, l’ex compagna (hahaha)
Elisa Isoardi, tutta la sua collezione di magliette idiote e quant’altro: la “Stretto
di Messina” è in liquidazione, i soldi per fare il Ponte non ci sono (almeno i
capitali privati, poi se vogliamo infognare il bilancio di un intero Paese per
un’opera pubblica inutile e pericolosa, per carità, padronissimi); insomma, è
una questione morta e sepolta. Così morta e sepolta che nemmeno Renato
Accorinti si mette più le magliette “No al Ponte”. E ce ne ha messo ad
accorgersene.
Luigi Genovese e Nino Germanà (www.tempostretto.it) |
Per di più, il nostro Lolito
non fa come l’altro teen idol della
politica messinese, Nino Germanà, che nel dichiararsi favorevole al Ponte
ometteva giustamente di segnalare che il suocero Nino Ricciardello – arrestato per
corruzione nel 2016 nella mega inchiesta sull’Anas – è un grossissimo
costruttore che dalla realizzazione del Ponte trarrebbe enormi vantaggi, anzi: Luigino
fa pure il numero del “vado contro i miei interessi”. Proprio come un grillino
qualunque. Ecco la dichiarazione incriminata: «Nonostante gli interessi
personali di natura imprenditoriale, ho già in più occasioni dichiarato di
essere favorevole al Ponte». E sì, perché la famiglia Genovese risulta essere
azionista del gruppo Caronte & Tourist; per la precisione, detiene circa il
20% della Tourist Ferry Boat Spa. E’ abbastanza irrilevante se le quote
appartengano ancora a papà Francantonio o siano state intestate al figlio, come
altre, al compimento dei diciott’anni. Insieme al primo avviso di garanzia per
riciclaggio, se ben ricordo.
Quello che Luigino non
dice – ed è un equivoco che da anni avvelena qualunque confronto sul tema – è
che gli interessi del gruppo Caronte & Tourist non sarebbero minimamente
inficiati dalla costruzione del Ponte. No, non aggrottate le sopracciglia: lo
so che in questa strana città chiunque si sia dichiarato contro il Ponte –
addirittura Renato Accorinti, e addirittura prima che fosse sindaco – è stato
tacciato di essere al soldo dei Franza, ma la verità è che il Ponte, ai Franza
(e quindi ai Genovese soci dei Franza),
farebbe letteralmente il solletico. Anche perché nel portafoglio dei Franza e
dei Genovese non mancano nemmeno imprese o quote di imprese di costruzioni.
Nino Calarco (strettoweb.com) |
Se avrete la pazienza
di seguirmi – una citazione di Alberto Angela ci sta sempre, visti gli ascolti –
vi spiego anche perché e lo faccio con le parole del “pontista” per eccellenza,
Nino Calarco, già presidente della “Stretto di Messina”. Con lui, direttore dei
miei primi quindici anni alla Gazzetta
del Sud, sul Ponte furono discussioni feroci, senza possibilità di
incontro; però la sua non è l’analisi di un novellino. Ebbene, Calarco sottolineava
che il Ponte sarebbe servito quasi esclusivamente per il traffico su rotaia,
ovvero per il trasporto merci con i treni, e che l’impatto sul traffico leggero
e gommato (ovvero sull’attraversamento di autoveicoli e Tir, core business del gruppo Franza) sarebbe
stato trascurabile. Anche perché – altro aspetto al quale non si dà mai troppa
importanza – il pedaggio che qualunque gestore dovrebbe pretendere per l’attraversamento
sarebbe uguale o superiore a quello per il traghetto. O meglio, a quello per il
traghetto prima che Caronte & Tourist decidessero di farlo costare quanto
un volo intercontinentale in business class
con Emirates; ecco, al limite quello che i Franza potrebbero trovarsi a dover
fare in caso di costruzione del Ponte sarebbe abbassare i prezzi. E neanche
questo sarebbe un problema, perché l’attraversamento stabile sarebbe l’alibi
perfetto per le Ferrovie per abbandonare definitivamente il servizio e
consacrare il monopolio dei privati sullo Stretto.
Dice: ma non più tardi
di una dozzina di anni fa, da sindaco, Francantonio sfilava contro il Ponte.
Vero. Ma intanto le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, come ci
ripetono fino alla nausea da quando Luigino è stato candidato alla Regione.
Poi, Francantonio allora era di centrosinistra mentre ora è di Forza Italia (e fortuna
che c’è lui a ricordarci la differenza), e tra l’altro quando era sindaco – da buon
democristiano – al massimo aveva proposto un referendum tra i cittadini. Quindi
il ricorso dei socialisti napoletani che avevano presentato la lista a Messina
per conservare il simbolo del Garofano cappottò la sua amministrazione e nel
2008 tornò Buzzanca che al ponte era favorevole, soprattutto a quello da
passare in barca a vela alle Eolie. Infatti si guardò bene dal fare qualsiasi
passo per la sua realizzazione.
La Raffineria di Milazzo (normanno.com) |
Naturalmente, Luigino
evita accuratamente di entrare nel merito della questione sia in termini
tecnici (fattibilità, costi, durata del manufatto) sia ambientali. D’altra
parte, è figlio – e nipote, verrebbe da dire – di una visione che ha
attraversato la politica siciliana e meridionale sin dal Dopoguerra: l’aberrante
dicotomia tra occupazione e sviluppo da una parte, ambiente dall’altra. Una
visione che ha fatto sì che in una terra meravigliosa come la Sicilia,
potenzialmente il comprensorio turistico più ricco del mondo, si sia dovuto
accettare l’insediamento di realtà industriali non solo inquinanti, ma anche
pericolose per la salute come la raffineria di Milazzo e la centrale elettrica
di San Filippo del Mela, il polo petrolchimico a Gela e Priolo-Augusta, persino
la cantieristica nella Zona falcata di Messina. Ma che nei decenni questa terra
sia stata devastata e stuprata per “vendere” posti di lavoro e procurarsi
consenso elettorale, a Luigino interessa poco. Lui ha fatto la LUISS e ce lo
vuole ricordare – d’altra parte, è l’unica cosa che Nelluzzu beddu Musumeci sa di lui – tirando fuori dal cilindro una
citazione dell’informatico americano Alan Kay («Non preoccuparti di cosa sta
per fare qualcun altro. Il miglior modo di predire il futuro è inventarlo»; non
la conoscevo, ma si trova facilmente su Google). «Mi piace pensare – gioca con
la frase famosa Lolito – che il miglior modo di predire lo sviluppo di Messina
sia inventarlo».
Minchia,
invenzione è. Sissignori, Luigino ha inventato un nuovo modello di sviluppo per
Messina: cemento, piloni alti trecento e passa metri sopra le case, un
ecosistema sventrato, decenni di cantieri in città e nemmeno stiamo parlando
del Ponte di pilu di Cetto
Laqualunque (the original, non
Cateno), che almeno potrebbe diventare un’attrazione turistica. «Perché –
argomenta ancora il Nostro, citando lo “European Regional Competitiveness Index”
del 2016 – la Sicilia risulta essere la meno performante tra le 20 regioni
italiane; ultima, per livelli di competitività, tra le regioni degli stati
membri dell’Europa occidentale; tra le peggiori del Vecchio Continente in senso
assoluto». Sarei curioso di sapere se, secondo il giovane Genovese, le scelte e
il parassitismo della politica degli ultimi decenni, la corruzione, gli
scandali, l’utilizzo delle risorse pubbliche come un Bancomat abbiano avuto un
ruolo in questa situazione. Se ha dubbi, magari può chiedere a casa. Ah, Luigino
Luigino «figlio dell’amore», ma cu cazzu
ti potta?
Separati alla nascita: è Luigino oppure Harry Potter? |
P.S.:
Luigino ci ricorda di aver fatto la LUISS soprattutto per farci dimenticare di aver
frequentato il “Maurolico”. Per questo ha tutta la mia comprensione. Un po’
meno per la somiglianza con Daniel Radcliffe, l’Harry Potter della famosa saga proprietario
tra l’altro dello pseudobiblium Animali fantastici e
dove trovarli. E non sono “animali
fantastici” i politici che continuano a volerci ammannire emblemi di “magnifiche
sorti e progressive”, come il ponte sullo Stretto senza alcuna cognizione di
causa? Gli regaliamo una citazione del suo mentore Albus Silente: «Le nostre scelte, Harry, mostrano ciò che siamo
veramente, molto più delle nostre capacità».
P.P.S.:
nessun animale, e in particolare nessun cinghiale di San Licandro (per quanto
sia tutt’altro che in via di estinzione), è stato maltrattato per la
pubblicazione di questo post. Non mangio carne dal 2 gennaio del 1997, anche se
il sindacato del pesce azzurro ha più volte criticato questa mia decisione. Ma
i sindacati – dice giustamente Cateno –
si sa, sono stati complici del malaffare di questi ultimi anni.
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