XFactor: bocciato il “lodo Lodo”, ora sedate Mara


Il fantastico Sting duetta con i concorrenti (style.corriere.it)
Puntata che lascia sentimenti contrastanti, questo secondo live di XFactor 12. Non fosse stato per questa rubrica, lo confesso, avrei preferito vedere la replica dei Golden State Warriors su Nba TV: innanzitutto perché con la puntata a tema (canzoni degli ultimi dodici mesi, alcune le ho dovute cercare su YouTube perché proprio non le conoscevo) mi aspettavo di farmi due... orecchie così, e poi perché la Dark Polo Gang annunciata in pompa magna come super ospite mi aveva già fatto acquistare su Amazon un kit per diventare sordo. E invece ho avuto almeno due sorprese, fors’anche tre: una brutta, cioè che Amazon Prime è un pacco e il kit non è arrivato in tempo, e due belle. Il livello complessivo delle esibizioni, molto alto, e il quasi settantenne Sting che arriva sul palco, snocciola tre pezzi che hanno venduto un miliardo di copie, si fa fare il coretto dai concorrenti che potranno raccontarlo ai nipoti e va via così, algido, elegante e strafigo come nessuno al mondo.

Con ancora Message in a bottle in testa, mi sono quindi trovato in una disposizione d’animo positiva al momento dell’inizio della gara. E curiosamente, non sono più riusciti a guastarmela né il duetto Sting-Shaggy, del quale per un problema tecnico spiegato da Ale Cattelan (voto 6,5: ordinaria amministrazione fatta sempre bene) non abbiamo sentito per metà del tempo la parte di Shaggy – una fortuna, visto che Gotta get back my baby è un pezzo confuso e insulso – né l’ospitata di quei tre tizi che, fosse per me, anziché sul palco della XFactor Arena sarebbero in fila per una risonanza magnetica, rigorosamente senza togliersi tutto quel metallo di dosso.

La lite tra Lodo e Mara Maionchi (lasicilia.it)
La gara, dunque: la sfida posta ai giudici li vede reagire in maniera molto diversa nelle assegnazioni. Che nel caso di Lodo (voto 5) andrebbero considerate “diversamente assegnazioni”. In particolare, andrebbe processato per vilipendio dal momento in cui il cervello ­­– evidentemente vittima di un processo di ossidazione, come testimonia il colore dei capelli – gli suggerisce l’associazione di idee “2018-Amore e Capoeira-Seveso Casino Palace” che nemmeno dopo aver visto Brazil di Terry Gilliam dodici volte di fila. Sembrerebbe totalmente fuori fuoco anche Thoiry per i Red Bricks Foundation e invece (vedremo tra poco) non va proprio così, mentre con i Bowland si sa, si gioca facile e anche No roots diventa un manifesto di stile. La versione paracula di Manuel Agnelli (voto 7) continua invece a stupire: ero convinto che le parole “Ariana Grande” non fosse nemmeno in grado di pronunciarle, e invece eccolo lì che argomenta e arzigogola quando basterebbe ammettere che il mondo di Luna è quello lì e via, nella vita ci si adegua. Che belle invece, e sorprendenti, le assegnazioni di Martina e Sherol. Non so se qualcuno si sia accorto della presenza al tavolo di Fedez (voto 6), il quale – un po’ per lo scotto del concorrente perso al primo live, un po’ perché secondo me di XFactor ormai gli frega il giusto – naviga di conserva con il suo coach Fausto Cogliati che nemmeno ai tempi dei Romani. Rischia un po’ solo con Renza, ma più che altro perché le toglie di mano la chitarra. Infine, la sempre più confusa Mara (voto 5): a parte la sequela di immotivati improperi dei quali fa bersaglio il povero Lodo, gli Imagine Dragons a Leo e Ghali ad Emanuele sono tecnicamente due tentativi di suicidio, che falliscono per motivi diversi. Anastasio invece può fare quello che vuole, anche Elisa scritta da Calcutta.

Andiamo quindi ai concorrenti. Luna (voto 8) è certamente una macchina. Su God is a woman di Ariana Grande feat. mezzomondo canta e porta la croce (in realtà una corona che manco la Madonna, e non intendo la Ciccone), balla e rappa, spacca tutto quello che si trova nei dintorni e in tutto questo ha sedici anni. Gli altri giudici cercano il pelo nell’uovo e ribadisco che è lontanissima dal mio gusto, ma non si può negare che sia un mostro. A Leo (voto 6,5) tocca Next to me degli Imagine Dragons: non vedo che strada possa percorrere il giovane Gassman in inglese ma il timbro resta notevole, lui è un piacione con un bell’atteggiamento (sul palco e fuori) e, anche se per motivi biologici non sbavo per lui come la mezza Italia muliebre, non può non fare simpatia. Chi finisce vittima della grande confusione di Lodo sono i miei Seveso Casino Palace (voto 5): volendo usare un termine tecnico, Amore e Capoeira di Takegi & Ketra feat. Giusy Ferreri è una cagata pazzesca che nemmeno la corazzata Potiomkin, loro provano a portarla in un mood punk-rock ma il risultato è poco Seveso e molto Casino. Occhio perché, se il Guenzi non sta attento, sono i prossimi a salutare la compagnia.

Ora, già sapete che dal punto di vista strettamente vocale la gara è a due: Sherol vs. Naomi (voto 9).
La straordinaria esibizione di Martina (youtube.com)
La seconda ha il vantaggio – avrei detto lo svantaggio, ma con le cappellate che sta combinando Manuel il mondo si è capovolto – di avere come giudice Fedez che decide saggiamente di assegnarle Never enough di Loren Allred, brano nel quale può dispiegare le sue qualità timbriche e di estensione. Qualcuno commenta: “è noiosa”, io ribatto: è noiosa perché è veramente troppo brava. L’esibizione è pazzesca e, onestamente, non vedo come Naomi possa non arrivare in finale. Il primo atto di autolesionismo di Manuel Agnelli a fallire è quello con Martina (voto 9), alla quale assegna Sober di Demi Lovato che scopriamo essere un signor brano e che questa ragazzina dai mille talenti esegue in maniera tanto intensa quanto impeccabile. Anche lei merita di arrivare al Forum, Lodo glielo predice a chiare lettere e almeno per una volta sono d’accordo con lui. Chiudono la prima manche, e probabilmente sono penalizzati anche dal fatto che molta gente avesse già votato, i Red Bricks Foundation (voto 7) che stavolta suonano molto bene, urlano anziché cantare – cosa che, abbiamo già visto, li favorisce – e a differenza del primo live convincono tutti i giudici con Thoiry di Achille Lauro (da Quentin40 e Puritano). Non meriterebbero di andare al ballottaggio, invece il loro destino è già segnato dalla scorsa settimana. L’ennesimo risvolto negativo del suffragio universale, verrebbe da dire. Neanche il peggiore, se pensate al governo Lega-Cinquestelle.

Il loro avversario all’ultimo scontro si materializza praticamente subito, alla prima esibizione della seconda manche (dopo l’insulso duetto Sting-Shaggy, per capirci). Zingarello di Ghali in versione soul-trap non ha né capo né coda, l’interpretazione di Emanuele (voto 5,5) non riesce a farla decollare e va già bene che il piccolo fenomeno non vada prematuramente a casa. Chi invece sembra aver trovato la formula per non tornarci più, a casa (e intendo Firenze, non l’Iran) sono i Bowland (voto 9) che potrebbero aver trovato subito il modo di evitare il rischio del déja-vu: la loro versione di No roots di Alice Merton è movimentata il giusto, le atmosfere sonore restano le solite, ipnotiche e accattivanti, in più c’è una ritmica “occidentale” che manda il pubblico in delirio. Bravi, bravi, bravi. E per una volta bravo Lodo, visto che quest’assegnazione potrebbe significare la svolta. Svolta che invece non abbiamo visto nella versione senza chitarra di Renza (voto 6,5), sempre molto elegante e raffinata, persino anodina, dotata di un bel timbro ma complessivamente un po’ piatta. Alla sua Thunderclouds di LSD (Labrinth, Sia e Diplo) manca quel quid di personalità necessaria in un contesto di livello così alto come quest’anno.

Sherol in versione "gospel in 7/4" (repubblica.it)
Un esempio? L’esibizione successiva, quella di Sherol (voto 9). Piccola premessa: con mio grande piacere, ad ogni puntata sta emergendo una questione “tecnica”, anche se magari non così specialistica, legata ai brani assegnati. La scorsa settimana erano stati i quattro “salti” di semitono di Noemi in Love on top di Beyoncè, stavolta tocca al ritmo in sette quarti con il quale la ragazza capoverdiana deve fare i conti in Rank & File di Moses Sumney. La formazione gospel di Sherol, a lungo in un coro di voci bianche da ragazzina, le dà gli strumenti per entrare perfettamente in sintonia con il brano e il risultato è clamoroso quanto a potenza, intensità, persino precisione. Standing ovation doverosa e via con l’ultimo concorrente, anche qui un “pezzo grosso”: Anastasio (voto 8). Se piovesse il tuo nome di Elisa, ancorché scritta da Calcutta, non è ovviamente C’è tempo di Fossati e finisce per apparire soverchiata dalla parte scritta dal “cantautorapper” di Meta di Sorrento, tanto che vorrei discutere se si possa ancora parlare di una cover, ma il risultato resta straordinario anche se – e in questo ha ragione Fedez – per il cantato avrei aspettato qualche altra puntata. Applausi per lui e ballottaggio per Emanuele, che oppone Human di Rag’n’Bone Man (con la quale aveva sfondato alle audizioni) a Have love, will travel, un “classico” rock’n’roll dei The Sonics scelto dai Red Bricks Foundation. Già sentito il primo, più originali ma confusionari i secondi, i giudici non si decidono e si va al tilt: il televoto premia il sedicenne catanese, a patto che non ci provi più.

Classifica giudici dopo 4 puntate
1. Manuel AGNELLI (24,5 punti)
2. Mara MAIONCHI (23,5)
3. FEDEZ (21)
4. Asia ARGENTO (14)**
5. Lodo GUENZI (12)**
Fuori classifica: Ale CATTELAN (18,5)

Classifica cantanti dopo 2 puntate
1. NAOMI (17 punti)
   MARTINA (17)
3. BOWLAND (16,5)
4. ANASTASIO (16)
5. LUNA (15)
   SHEROL (15)
7. LEO (13)
8. EMANUELE (12,5)
9. SEVESO CASINO PALACE (11,5)
   RENZA (11,5)
11. RED BRICKS FOUNDATION (11) – eliminati –
12. MATTEO (5,5) – eliminato –

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