Università: le parole sono importanti. Ma anche i nomi
Stat rosa
pristina nomine,
nomina nuda
tenemus.
(U. Eco, da Bernardo di Cluny)
“Trend
negativo”? Io non ho detto questo.
Le parole sono importanti!
(Nanni Moretti, Palombella rossa)
Le parole sono importanti!
(Nanni Moretti, Palombella rossa)
L'Università di Messina (stampalibera.it) |
Il tempio del sapere. E’
una delle definizioni classiche dell’Università: luogo in cui viene non solo
insegnato ma coltivato e preservato, dove il linguaggio è sacro, dove le parole
sono importanti. Perché sì, «le parole sono importanti», lo dice anche Nanni
Moretti e non a caso: le parole hanno un peso, attribuiscono al concetto
sfumature e anche significati diversi, lo ravvivano o lo ammorbidiscono. Ma
anche i nomi, che sono le parole per eccellenza – quelle che ci identificano,
che dicono chi siamo e da dove veniamo – sono importanti. Sono segnali,
messaggi, affermazioni di sé.
Tutte cose che
sappiamo, certo. Anche noi che non abbiamo le scuole alte. Figurati se a fortiori (direbbero appunto quelli con
le scuole alte) non le sanno i maggiorenti dell’Università. Ho già accennato
all’aspetto di restaurazione “onomastica” rappresentato dall’elezione di Pietro
Navarra a rettore, cinque anni fa: un rilievo che non riguardava il suo
curriculum o il suo operato – per quanto l’articolo facesse riferimento a una storiaccia di ingiustizie e familismo al Policlinico, con il Magnifico direttamente coinvolto: qui il link – né ovviamente la discendenza corleonese che tanto gli
fa girare le scatole se solo qualcuno vi accenna. O meglio, non esattamente quella
che gli fa girare le scatole (lo zio Michele, boss mafioso fatto uccidere nel
1958 da Luciano Liggio). Per capirci, mi interessava di più l’ascesa al
rettorato del figlio – anzi, di uno dei tre figli professori ordinari all’Università
di Messina – del medico Salvatore, dominus
dell’Ateneo e del Policlinico per almeno un paio di decenni.
Guglielmo Stagno d'Alcontres (unime.it) |
A distanza di tempo,
grazie anche al fondamentale contributo di alcuni coraggiosi (penso a Le mani sull’Università. Borghesi, mafiosi e
massoni nell’Ateneo messinese di Antonio Mazzeo, pubblicato da Armando
Siciliano nel 1998), abbiamo chiaro che quello è stato una sorta di Medio Evo
per il “tempio del sapere”, stretto fra l’ingordigia delle grandi famiglie dei “baroni”
e la protervia dei clan della ’ndrangheta. Un periodo oscuro culminato in due
rettorati discussi e finiti in maniera ingloriosa, tra arresti e dimissioni:
quello del principe Guglielmo Stagno d’Alcontres (1983-1995) e quello del
farmacista Diego Cuzzocrea da Seminara (1995-1998). Peraltro entrambi
tragicamente legati all’episodio che ancora oggi, a distanza di vent’anni,
costituisce la più grande ferita mai inferta all’istituzione: il delitto
Bottari.
Sarebbe terribilmente
ingenuo pensare che un sistema di potere così articolato e condiviso potesse
sparire con il rettorato di Gaetano Silvestri (1998-2004): e già l’alleanza tra
Giovanni Dugo e Franco Tomasello che portò all’ermellino quest’ultimo (altro
Magnifico caduto in disgrazia, tanto da essere sospeso dalla carica per ben due
volte senza che sentisse il bisogno di dimettersi) chiarì che a piazza
Pugliatti comandavano ancora queste famiglie. Poi è toccato appunto a Navarra,
che si è dimesso con qualche mese di anticipo sulla scadenza per candidarsi
alla Camera con il PD il prossimo 4 marzo aprendo i giochi per la successione.
Diego Cuzzocrea (unime.it) |
E quello che è successo
con le candidature è veramente la summa
del discorso fatto sopra: sono già due e sono ufficiali, e sono quelle del
figlio di Diego Cuzzocrea, Salvatore, e del nipote di Guglielmo Stagno d’Alcontres,
Francesco. Ora, voglio sgomberare subito il campo da illazioni nei confronti
sia dei due docenti che nei miei: quando Salvatore Cuzzocrea si è laureato in
Farmacia (1995) il padre non era ancora rettore e tutta la carriera accademica l’ha
sviluppata in seguito. Dottorato in Medicina sperimentale nel 1999,
cattedra di professore associato nel 2002, è ordinario di Farmacologia dal 2011.
La sua indicazione a prorettore da parte di Pietro Navarra ha saldato
definitivamente i rapporti tra queste due famiglie, e oggi si presenta come
successore designato dell’aspirante onorevole del PD, espressione di una componente
molto ampia e che dovrebbe rivelarsi ancora maggioritaria.
Anche Francesco Stagno
(che è nato a Malta, mentre Cuzzocrea a Ginevra) ha una carriera accademica che
si è dipanata più che altro lontano da Messina: laureato nel 1979, ha studiato
a Barcellona con una borsa “Bonino-Pulejo” ed è stato per molti anni
ricercatore all’Università di Catania, in aspettativa dal 1996 al 2012 per il
mandato parlamentare. Figlio di Ferdinando, esponente DC che fu presidente dell’Ars,
Francesco è stato infatti deputato di Forza Italia per quattro legislature,
fino alla decisione di non votare la fiducia al governo Berlusconi sul
rendiconto generale dello Stato che portò alla crisi e alle dimissioni del
Cavaliere. Nel frattempo, vinceva il concorso per associato di Chirurgia
plastica all’Università di Cagliari e otteneva il trasferimento a Messina dove
è poi diventato professore ordinario.
Salvatore Cuzzocrea (unime.it) |
Ora, al di là dell’aspetto
– sopravvalutato ed estraneo alle dinamiche dell’Università – dello scontro “politico”
tra un esponente di Forza Italia e uno dei prorettori che hanno firmato la
lettera in difesa di Navarra dopo il duro attacco di Marco Travaglio al PD per
averlo candidato, ce n’è un altro che vorrei sottolineare. Era proprio
necessario? Voglio dire: onorevole Navarra (e sono più garbato di Renzi che a
Messina lo ha apostrofato «Ciao Magnifico, anzi ex»...), proprio non c’era, all’interno
del nutrito gruppo alla guida del quale Lei rivendica di aver innovato e
modernizzato l’Università, un’alternativa di egual valore che però non sapesse
così tanto di restaurazione, che non riproponesse l’ombra di potentati il cui
lascito all’Ateneo peloritano è, in definitiva, il “caso Messina”? Ovvio che no,
non era necessario. E allora devo pensare che la candidatura di Salvatore
Cuzzocrea sia un messaggio, un segnale inequivocabile. Che quel cognome
eserciti ancora un’attrattiva, una suggestione, fors’anche delle pressioni sul
corpo docente, e che le famiglie che non hanno mai smesso di comandare sull’Università
non vogliano più farlo sottotraccia.
Francesco Stagno (camera.it) |
Anche all’onorevole
Stagno vorrei chiedere: era proprio necessario? Cioè, è stato quando ha saputo
della candidatura di Cuzzocrea che ha scelto di correre contro di lui? Ci sono
ancora scorie, faide, conti da regolare tra due “correnti” spesso in guerra tra
loro, a volte magari alleate per forza, ma comunque sempre condizionanti per la
vita dell’Ateneo? O più semplicemente, la sua discesa in campo è un modo per
serrare le fila dei fedelissimi e “contarsi” in prospettiva di scenari futuri?
E ad entrambi: a vent’anni
dal funerale di Matteo Bottari durante il quale – si racconta – Guglielmo Stagno
d’Alcontres, suocero dell’endoscopista ucciso, rifiutò le condoglianze di Diego
Cuzzocrea del quale Bottari era il “pupillo”, forse ritenendolo indirettamente
responsabile della sua morte, era proprio necessario legare ancora una volta l’Università
di Messina a quelle parole, a quei nomi? La vostra ambizione personale –
legittima, per carità – persino la vostra convinzione di poter bene operare da
rettore, valgono la ricaduta negativa in termini di immagine che inevitabilmente
questa contrapposizione avrà su un Ateneo già etichettato negli anni – e non a
torto, purtroppo – come un tempio non del sapere, ma del nepotismo? Perché le
parole sono importanti, ma anche i nomi. E i cognomi...
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