XFactor10: se Agnelli uccide Arisa, per me è sì

Ho aspettato due puntate di audizioni per iniziare a scrivere i nostri tradizionali post su XFactor perché – sono sincero – dopo la prima serata ero rimasto piuttosto perplesso.

Intanto per il livello dei concorrenti, che mi è sembrato veramente modesto: una-due luci e nulla più, in mezzo a una gran quantità di soggetti che spaziavano dalla categoria “cani” a quella “psicopatici”. Ma soprattutto per il livello della giuria, che mi sembra – ma ammetto di avere ricordi piuttosto vaghi dell’epoca Rai – la peggiore di sempre, addirittura peggio di quella con Arisa e Simona Ventura insieme.

Arisa al tavolo dei giudici
E non è un caso che questa edizione sia stata segnata proprio dal ritorno di Arisa, che a me come musicista ricorda sempre più Beethoven. Nel senso che dev’essere sorda, poverina: il momento clou è stato nella seconda serata, quando ha dato un “sì” totalmente privo di giustificazioni (e condito, per sovrammercato, dall’invito ad andare all’estero perché «questo è un Paese bigotto») a due ragazzine di 16 e 17 anni tanto inascoltabili quanto già imbevute di “velinismo”, inteso come l’ambizione di fare tv o comunque di entrare nel mondo dello spettacolo indipendentemente dal possesso di qualità canore, di presenza scenica, insomma di qualunque requisito. E si è visto chiaramente, a parte la reazione più esplicita di Fedez, che in quel momento Manuel Agnelli l’avrebbe volentieri uccisa. Beh, se decide di farlo – possibilmente prima che quella sciroccata s’inventi un altro fenomeno “Fréres Chaos” – per me è sì.
VOTO: 4

Manuel Agnelli, leader degli Afterhours
Proprio Manuel Agnelli, dal mio punto di vista, doveva essere invece la novità più interessante in senso positivo: il leader degli Afterhours, infatti, oltre a conoscere la scena musicale indie ma anche quella mainstream, è un esperto produttore e quindi in grado di giudicare non solo il talento, ma anche i margini di crescita e le prospettive di mercato dei concorrenti. L’idea della produzione era evidentemente di trovare una specie di Morgan “lucido”, e ci siamo. Il problema è che, proprio perché è lucido, Agnelli si è sfracellato i maroni davanti a tanta pochezza e non lo ha nascosto, apostrofando i concorrenti più scarsi, presuntuosi o antipatici in modo tale da esporsi ad attentati nel parcheggio del Palasport. Occhio. VOTO: 7

Alvaro Soler con Arisa
L’altra novità della stagione, almeno per quanto riguarda i giudici, è Alvaro Soler. Ora, a parte odiarlo perché non ne posso più di sentire Sofia in macchina costretto dalle mie figlie, avevo parecchi pregiudizi su di lui, dettati ovviamente dalla scarsa conoscenza. E nella prima puntata, quando si è prodotto in un paio di accenni tecnici abbastanza centrati, mi ero stupito. Alla lunga, però (e ancora sono passate solo due puntate), il bell’Alvaro ha mostrato poca profondità in termini di cultura musicale – che risate quando non aveva idea di chi fosse Gianni Morandi, piombato sul palco per una comparsata, mentre almeno un paio di giudici erano in delirio! – e superficialità nei giudizi, anche se in questo probabilmente non è aiutato dalla lingua. Se non fosse che riesce benissimo a trovare e a selezionare le parole quando deve “broccolare” una bella concorrente. VOTO: 5

Fedez, Arisa e Soler durante una pausa
Terzo anno da giudice di XFactor, invece, per Fedez che vinse due anni fa e che è ovviamente il favorito d’obbligo vista l’uscita di scena di Elio (nessuno rimpiangerà Mika e Skin, ovviamente). Non so se stia già pensando al live e alla sua categoria, finora è apparso parecchio annoiato ma come contraltaree in maniera quasi schizofrenica – capace di commuoversi fino ai lucciconi per esibizioni belle, sì, ma nemmeno così folgoranti. Al netto del talento che ognuno di loro si ritroverà per le mani, l’impressione è che quest’anno solo Agnelli possa contendergli la vittoria. VOTO: 6

Francesca Michielin, ospite alle audizioni, con Cattelan
Il programma, da parte sua, è ormai una macchina talmente collaudata che si fatica a percepire quanta preparazione, quanti imprevisti, quanti tempi morti vi siano invece in una giornata di audizioni: ecco, solo il malore accusato da un concorrente subito prima di salire sul palco – per poi mandare tutti a casa cantando Le tasche piene di sassi di Jovanotti con un timbro à la Tiziano Ferro – ci ha improvvisamente riportato a una realtà meno patinata. Montaggio perfetto, ritmo, scelta dei personaggi: anche quest’anno sta funzionando tutto. E anche Alessandro Cattelan, che da ragazzetto intelligente ha fatto tesoro dei momenti di stanchezza accusati l’anno scorso per virare – grazie anche all’immagine consolidata in tre stagioni di E poi c’è Cattelan – su un registro più leggero, scanzonato e autoironico. E’ probabile che non lo rivedremo su questi toni nel live, ma resta – come ha modestamente fatto inserire nel suo annuncio alle prime audizioni – «il miglior presentatore della storia». (VOTO: 8)


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