martedì 20 settembre 2016

Basket: ok, era colpa di Pianigiani. E ora?

Ettore Messina (foto Ciamillo)
Sono passati circa due mesi dall’eliminazione dell’Italia nel Preolimpico di Torino che ha impedito alla Nazionale azzurra di approdare a Rio: un tempo necessario per smaltire la delusione (e fare le ferie, diciamola tutta) prima di cercare di analizzare a mente fredda quali siano le prospettive del basket italiano.
E allora facciamo un po’ di autocritica, noi che ne siamo capaci: più o meno tutti ci eravamo convinti, o perlomeno ci eravamo fatti l’idea che la Nazionale di basket fosse un po’ più forte. Lo avevamo pensato già durante gli Europei e per certi versi erano stati proprio gli azzurri a darci questa illusione, superando la Spagna e (al supplementare) la Germania padrona di casa nel girone e andando veramente sotto solo contro la Serbia, visto che la Turchia all’esordio ci aveva battuto praticamente allo scadere.
Era stato soprattutto il gruppo Nba, per la prima volta così consistente in una rappresentativa azzurra: Gallinari, Belinelli, Bargnani e Datome erano l’ossatura di una squadra ricca di talento e che – anche a causa dell’infortunio di “Jesus” – avrebbe accolto e lanciato tra i protagonisti a livello continentale Ale Gentile e completava il roster con la regia divisa tra Hackett e Cinciarini, la rotazione degli esterni tra Aradori e Della Valle e quella sotto tra Cusin, Melli e Polonara.
L'ex ct Simone Pianigiani
Dopo la sconfitta al supplementare con la Lituania, che poi sarebbe arrivata a contendere il titolo europeo alla Spagna (e a condividere con Pau Gasol e soci la qualificazione olimpica), un po’ tutti abbiamo criticato il ct Simone Pianigiani, giudicato responsabile di un rendimento venuto meno nel momento più importante, nella gara in cui i nostri punti di riferimento Gallinari e Belinelli sono apparsi più stanchi e opachi. Ma anche di un gioco che – abbiamo pensato un po’ tutti noi Soloni – non valorizzava e non sfruttava il talento e il QI cestistico a disposizione: “pick and roll” neanche avessimo Stockton e Malone, isolamenti da far tagliare la barba a James Harden e poco più. Sì, qualche buon momento difensivo, ma anche in quella metà campo tanta sofferenza a rimbalzo… insomma, eravamo rimasti davvero con l’amaro in bocca.
A parte la sfortuna – con la Lituania abbiamo anche fallito il tiro della vittoria fallito, se non ricordo male con Gentile – a quella squadra mi pare mancassero essenzialmente due cose, o meglio due giocatori: un playmaker e un centro. (Hai detto niente.) In cabina di regia Cinciarini e Hackett, più ragionatore e tipico il primo, più difensore e aggressivo il secondo, erano stati praticamente irrilevanti in termini di produzione offensiva e di distribuzione del gioco. Colpa dei giochi di Pianigiani? Uhm. Mentre sotto le plance, già allora lasciate spesso e volentieri “deserte” dal Mago Bargnani sempre più a suo agio a cinque-sei metri dal canestro, avevano battagliato un gigantesco, ma comunque limitato Cusin e un Melli che già allora avrebbe dovuto giocare di più anche se ci dava poca fisicità. Insomma, briciole.
In definitiva, la sensazione era di un divario di tasso tecnico tra il gruppo Nba (con Gentile a prendere il ruolo di Datome) e il resto, a parte magari Aradori. Ma che il supporting cast non avesse fornito ai “quattro moschettieri” un valido aiuto era un’impressione persistente. Colpa di Pianigiani, delle sue scelte, anche questa? Può darsi. Colpa del nostro campionato, che non esprime un livello di competitività tale da fornire alla Nazionale giocatori bell’e pronti? (Anche perché, soprattutto se giovani, in Serie A non giocano?) Forse.
Che questa squadra fosse un po’ più forte, però, lo avevamo pensato anche prima del Preolimpico, organizzato in casa davanti ai 15 mila del “PalAlpitour” di Torino. Anche perché il presidente federale Petrucci, aveva liquidato l’antipatico Pianigiani venendo incontro ai nostri desiderata di Soloni (che però qualche anno prima, al buio, in lui avevamo visto il giovane-e-rampante-vice-che-era-il-vero-segreto-delle-vittorie-di-Siena-perché-Recalcati-era-già-bollito, quando a me Charlie sembra tutt’altro che bollito pure adesso) per affidarsi al “guru” della situazione, il migliore di tutti, Ettore Messina. (A proposito: Petrucci meriterebbe una mesata di IlMaxFactor tutta per sé. Così, di stima.)
Amedeo Della Valle, escluso dal Preolimpico (gazzetta.it)
E invece, sappiamo com’è andata a Torino: due partite facili quanto inutili contro Tunisia e Messico, il primo scontro con la Croazia vinto tutto sommato bene e poi la finale ancora con i croati (che a sorpresa avevano eliminato la Grecia), persa ancora una volta al supplementare, che ci ha negato le Olimpiadi. Sfortuna, certo, ma non più di quella pagata da Pianigiani all’Europeo. E la sensazione è che – pur essendo certamente Messina la scelta giusta – la tempistica della decisione di Petrucci abbia condizionato lo stesso ct, il quale con pochissimo tempo a disposizione non ha cambiato più di tanto: ha escluso Della Valle a favore di Tonut e Cinciarini per Poeta (che praticamente non hanno giocato, come Cervi preferito a Polonara e Pascolo), ha dato appena un po’ di spazio in più a Melli, ma soprattutto è andato a giocarsi la qualificazione olimpica senza un vero playmaker e senza un centro.
E fin qui, siamo bravi tutti. Perché poi devi trovare le alternative, e non è facile in un campionato di Serie A nel quale, a occhio, tra tutte le squadre eccetto Reggio Emilia (che ha scelto una politica opposta, e non a caso ha fatto due finali scudetto consecutive proprio con quelli che per la Nazionale non andavano bene…) non sono più di sette-otto gli italiani che dovrebbero partire in quintetto nella stagione alle porte. Sempre sul pezzo, in un’intervista a Sky il solito Petrucci – che ormai quando parla sembra Claudio Ranieri – ha dichiarato che questo sarà «il campionato degli italiani».
Dando per scontato – pur se non lo è – che Messina accetti l’offerta della Federazione e alleni la Nazionale fino agli Europei del 2017 ai quali siamo già qualificati (i Mondiali in Cina si svolgeranno nel 2019, e per allora si dovrà aver già impostato un nuovo ciclo), proviamo a immaginare innanzitutto chi continuerà a far parte del gruppo azzurro.
Dei giocatori Nba, due sono ovviamente fondamentali per la rinascita del nostro basket: uno (Belinelli) è il leader e go-to guy, tanto che quando non ne ha avuto più, sia agli Europei che al Preolimpico, non siamo riusciti a trovargli delle alternative anche perché, nel secondo caso, Della Valle la stava guardando in tv; l’altro (Gallinari) è il più giocatore italiano più forte, forse di sempre, per il mix di talento, intelligenza e fisico (al netto degli infortuni, mannaggia). Beli, però, ha 31 anni mentre il “Gallo”, che è più giovane (28), ha una carriera già spezzettata da problemi fisici e operazioni in serie. Urge trovare soprattutto un altro leader, ammesso che lo stesso Della Valle possa diventare l’esterno con punti nelle mani di cui abbiamo bisogno. E il nome che mi viene in mente non è del tutto nuovo, perché era stato evocato – e presuntuosamente archiviato a fronte di pretese “difficoltà burocratiche”, aggiungo io – già prima del Preolimpico: Ryan Arcidiacono.
Ryan Arcidiacono taglia la retina dopo la vittoria del titolo NCAA
Il playmaker di Villanova, fresco campione Ncaa da MOP (Most outstanding player, ovvero il miglior giocatore delle Final Four), non è stato infatti convocato per il Preolimpico con la frettolosa motivazione legata al suo status, anche se il fatto che abbia la doppia cittadinanza e che abbia già giocato un torneo con la Sperimentale nel 2015 lascia pensare che i problemi burocratici si potessero risolvere abbastanza rapidamente. Ora Ryan è a San Antonio, scelto al secondo giro del Draft e quindi firmato con un contratto parzialmente garantito. Il vice di Gregg Popovich agli Spurs è proprio Ettore Messina, che quindi avrà la possibilità di vedere da vicino questo giocatore meraviglioso: un play classico, di quelli che pensano prima a innescare i compagni ma che non rifiutano un tiro importante (e tendono a metterlo), piccolo e non particolarmente atletico ma duro fisicamente e mentalmente, abituato a giocare contro gente molto più “grossa” di lui e con un’attitudine che ne fa un leader tagliato dal sarto per un gruppo come quello azzurro. Quanto alle perplessità sul fatto che venga da un campionato giudicato di livello non eccelso per i nostri raffinati palati europei, avete una soluzione migliore? Il ruolo, in Italia, non è che offra tantissimo: personalmente darei ancora una chance a Luca Vitali, anche se ha trent’anni e la sua ultima stagione a Cremona non è stata all’altezza della precedente soprattutto perché non l’ha messa mai dall’arco, in alternativa a Cinciarini e Hackett.
Will Artino con la maglia di Marquette University
Per quanto riguarda il centro, dobbiamo necessariamente considerare in uscita, subito o in tempi abbbastanza brevi, un Andrea Bargnani da un po’ in fase calante. Giocatore che adoro da sempre, ma che mi fa dannare per la sua attitudine soft almeno quanto mi esalta il suo talento, il “Mago” è finito un po’ schiacciato dalla prima scelta assoluta che gli diedero i Toronto Raptors e ha ormai 31 anni, anche se potrebbe essere interessante rivederlo a livelli di Eurolega a Vitoria. Dietro, a parte i soliti Cusin e Cervi (che comunque è classe ’91), da “numero 5” non si vede granché: i migliori rimbalzisti italiani della scorsa stagione, infatti, sono stati proprio due esclusi da Messina, Davide Pascolo (primo della Serie A per valutazione!) e Achille Polonara, che però sono delle ali forti come lo stesso Niccolò Melli, lasciato andare da Milano e definitivamente esploso a Bamberg. Una scommessa potrebbe essere Will Artino, centro di 2.11 per 104 chili uscito da Marquette e oggi in Danimarca dopo una buona stagione in Estonia (14 punti e 9 rimbalzi di media tra campionato e Lega Baltica), anche lui già convocato nella Sperimentale.

Alessandro Gentile con papà Nando
Poi, appare evidente che la chiave del futuro azzurro è nelle capienti tasche di Alessandro Gentile. Il figlio di Nando – anche per uscire definitivamente da questa scomoda definizione – è chiamato a un salto di qualità non solo in ottica Nba, dove gli Houston Rockets potrebbero dargli spazio in un prossimo futuro, ma soprattutto in prospettiva azzurra. Deve migliorare dal punto di vista tecnico, specialmente nella meccanica di tiro, e costruirsi una testa, una mentalità, una cattiveria adeguate al suo infinito talento. Non “cannare” le partite importanti e trascinare la Nazionale alla vittoria. Allora sì che potrà davvero raccogliere l’eredità di Belinelli e Gallinari. Dice: papà era più bravo. Vero, ma papà era più bravo di tutti...

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