In difesa di Francantonio (Pro Francantonio Genuense, Orazioni I,1)
Amici, Romani, concittadini, prestatemi orecchio. Non sono venuto a seppellire Cesare, ma a tesserne l'elogio.
Coro di scandalizzati, anzi - come diciamo noi - di maravigghiati da' rutta per la decisione di Francantonio Genovese, da pochi giorni tornato libero dopo l'arresto per il business della formazione, di lasciare il Partito Democratico per aderire a Forza Italia.
L'ex sindaco di Messina e attuale parlamentare (sospeso) del Pd, partito del quale è stato anche segretario regionale, ha incontrato nella sua sede - visto che è ancora all'obbligo di dimora - Gianfranco Micciché, commissario di FI in Sicilia, trovando l'accordo su "un percorso comune". Armi e bagagli, lo seguono alla corte di Berlusconi il cognato e deputato regionale Franco Rinaldi e la parlamentare Mariella Gullo, oltre ovviamente a chissà quanti amici e militanti.
E allora, proviamo a vedere chiaro in questa "conversione", anzi in questa inversione a U del buon Francantonio che tante polemiche ha suscitato a causa del "tradimento" che Genovese avrebbe ordito ai danni del suo partito. Partito che - si ricorderà - ha votato per mera opportunità politico-elettorale, e per diretto ordine di Renzi, l'autorizzazione al suo arresto comportandosi in modo opposto, sempre per mera opportunità politico-elettorale, quando si è votato sull'arresto del deputato Ncd Azzollini.
Francantonio Genovese nasce - e questo lo sanno tutti - democristiano: il padre Luigi, scomparso nello scorso luglio, è stato senatore per diverse legislature mentre lo zio era Nino Gullotti, "ras" della diccì originario di Ucria, deputato dal 1958 alla morte e più volte ministro. E Francantonio è stato l'ultimo presidente del Giovanile dello scudocrociato prima dello scioglimento e della nascita del PPI.
Sempre per i maravigghiati da' rutta: al momento della scissione del PPI Genovese (appena venticinquenne) passa armi, bagagli e codazzo nel CDU seguendo Rocco Buttiglione, che predica l'alleanza con il centrodestra e Forza Italia.
D'altra parte, prima delle Amministrative del 1998 si presenta dal sindaco Franco Providenti (ex magistrato eletto quattro anni prima sotto le insegne della società civile ma con il sostegno decisivo del CCD di Gianpiero D'Alia al ballottaggio) offrendogli il suo pacchetto di voti, ma Providenti rifiuta sdegnato e l'unico approdo per il gruppo Genovese è il centrodestra.
Francantonio fa un gran lavoro anche a livello di movimento giovanile, con buoni risultati alle elezioni universitarie, e nel 1998 entra in Giunta alla Provincia: il presidente è Buzzanca di An, lui è assessore all'Agricoltura ma dura poco, perché quando il CDU entra nell'UDR di Cossiga e Santino Pagano giura come sottosegretario del governo D'Alema a Buzzanca non pare vero di potersi togliere davanti un concorrente alla leadership del centrodestra. Genovese viene così (letteralmente) defenestrato e torna nel PPI, in quota Marini. E' lì, in definitiva, che il rampante esponente centrista vede qualche spazio visto che a destra ci sono sin troppi galli: l'area riformista, invece, è orfana di veri leader e tenuta praticamente in ostaggio dal duo postcomunista Bottari-Silvestro.
I passaggi successivi sono, è vero, tutti nel centrosinistra: Margherita, Ulivo (sconfitto da Rocco Crimi nel collegio Nord alle Politiche), Unione sotto le cui insegne, nel maggio del 2005, diventa sindaco di Messina dopo aver "passato" un giro sacrificando Antonio Saitta, già assessore di Providenti, nel 2003 contro Buzzanca che di lì a poco cadrà per lo scandalo del viaggio privato a Bari con l'autoblù.
Genovese, però, governa Messina per poco più di due anni: il famigerato ricorso dei socialisti napoletani, la cui lista era stata esclusa per una questione di paternità del simbolo, viene accolto nell'autunno del 2007 e un anno dopo Francantonio perde al primo turno contro il "resuscitato" Buzzanca. Si consola tornando in Parlamento e inventando, insieme a D'Alia, l'elezione di Crocetta a presidente della Regione; lo ferma, come è noto, il "via libera" della Camera all'arresto: votano a favore il Pd, Sel e il Movimento 5 Stelle, contro Ncd e Forza Italia.
E' questo, chiaramente, il passaggio cruciale per l'odierna scelta di Genovese; una "vendetta" nei confronti del Partito democratico - come ha ammesso lo stesso Micciché - ma anche un messaggio, l'affermazione di poter ancora spostare tessere, voti ed equilibri in campo provinciale e regionale. Perché Forza Italia, però? Beh, l'Udc era fuori discussione perché è vero che lui e Gianpiero D'Alia sono in pratica "cugini", ma il partito ha già un candidato sindaco per Messina, il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone, che peraltro più di una volta ha opposto delle pregiudiziali di tipo etico e morale alle alleanze con Genovese. E l'Ncd, tra i partiti di centrodestra (logico approdo di uno come Francantonio, che sul territorio messinese ci ha abituati soprattutto a un sistema di raccolta del consenso molto simile a quello dei berlusconiani), ha almeno un paio di figure, se non di leader, comunque da considerare: Enzo Garofalo, che a sindaco si è già candidato nel 2013, e Nino Germanà che in più rispetto a Garofalo ha pure i voti (e che si incontrò con Genovese poco prima del ballottaggio di Felice Calabrò contro Accorinti).
Forza Italia, invece, di fatto è in mano a nessuno; a livello provinciale e regionale, almeno fino alla nomina di Micciché direttamente da parte di Berlusconi. Gli spazi ora ci sono, e soprattutto non si intravede un possibile candidato sindaco del centrodestra nel 2018 (prima? difficile). Perché questo, al di là di una "sistemazione" romana o palermitana, mi sembra l'obiettivo di Francantonio. Tornare a governare Messina, in barba a Renzi che lui peraltro non ha mai sostenuto se non quando era scontata la sua vittoria alle primarie (in precedenza Genovese aveva votato Bersani) e che ha deciso a tavolino il suo arresto. Fantapolitica? Mah, se non avesse avuto intenzione di rientrare (e alla grande) sul tavolo siciliano, non avrebbe avuto tutta questa fretta di trovare una nuova collocazione.
Quanto riuscirà a coagulare del vecchio sistema di potere e di consenso, ovviamente, è difficile da prevedere: si parla di dieci consiglieri comunali (il centrosinistra ha in aula una maggioranza "bulgara" di 29 consiglieri su 40 mentre 7 sono del centrodestra, un fronte destinato a rimpolparsi) e si rimpasta la questione-sfiducia diluita da "Gettonopoli", anche se in realtà il suo approdo in un nuovo fronte sembra allontanare il voto verso la scadenza naturale del 2018 quando il cambio di casacca sarà passato remoto.
D'altra parte, faccio una domanda ai maravigghiati da' rutta: se Totò Cuffaro, libero dopo gli anni di carcere (inflitti peraltro senza l'aggravante mafiosa dalla quale fu assolto in appello), si candidasse alla presidenza della Regione, pensate che non prenderebbe voti o che, addirittura, non vincerebbe? Siamo in Sicilia, qui neanche il Partito Democratico è democratico sul serio: va bene prendersela con Genovese o con l'eterno capro espiatorio Mirello Crisafulli, ma non mi pare che i vari Lumia, Cracolici, Lupo e via dicendo abbiano mai prodotto un particolare contributo alla democrazia di quest'isola. Però siamo tutti bravi a indignarci se Vecchioni, o chi per lui, la definisce "di merda"...
Francantonio Genovese (www.camera.it) |
L'ex sindaco di Messina e attuale parlamentare (sospeso) del Pd, partito del quale è stato anche segretario regionale, ha incontrato nella sua sede - visto che è ancora all'obbligo di dimora - Gianfranco Micciché, commissario di FI in Sicilia, trovando l'accordo su "un percorso comune". Armi e bagagli, lo seguono alla corte di Berlusconi il cognato e deputato regionale Franco Rinaldi e la parlamentare Mariella Gullo, oltre ovviamente a chissà quanti amici e militanti.
E allora, proviamo a vedere chiaro in questa "conversione", anzi in questa inversione a U del buon Francantonio che tante polemiche ha suscitato a causa del "tradimento" che Genovese avrebbe ordito ai danni del suo partito. Partito che - si ricorderà - ha votato per mera opportunità politico-elettorale, e per diretto ordine di Renzi, l'autorizzazione al suo arresto comportandosi in modo opposto, sempre per mera opportunità politico-elettorale, quando si è votato sull'arresto del deputato Ncd Azzollini.
Francantonio Genovese nasce - e questo lo sanno tutti - democristiano: il padre Luigi, scomparso nello scorso luglio, è stato senatore per diverse legislature mentre lo zio era Nino Gullotti, "ras" della diccì originario di Ucria, deputato dal 1958 alla morte e più volte ministro. E Francantonio è stato l'ultimo presidente del Giovanile dello scudocrociato prima dello scioglimento e della nascita del PPI.
Sempre per i maravigghiati da' rutta: al momento della scissione del PPI Genovese (appena venticinquenne) passa armi, bagagli e codazzo nel CDU seguendo Rocco Buttiglione, che predica l'alleanza con il centrodestra e Forza Italia.
D'altra parte, prima delle Amministrative del 1998 si presenta dal sindaco Franco Providenti (ex magistrato eletto quattro anni prima sotto le insegne della società civile ma con il sostegno decisivo del CCD di Gianpiero D'Alia al ballottaggio) offrendogli il suo pacchetto di voti, ma Providenti rifiuta sdegnato e l'unico approdo per il gruppo Genovese è il centrodestra.
Francantonio fa un gran lavoro anche a livello di movimento giovanile, con buoni risultati alle elezioni universitarie, e nel 1998 entra in Giunta alla Provincia: il presidente è Buzzanca di An, lui è assessore all'Agricoltura ma dura poco, perché quando il CDU entra nell'UDR di Cossiga e Santino Pagano giura come sottosegretario del governo D'Alema a Buzzanca non pare vero di potersi togliere davanti un concorrente alla leadership del centrodestra. Genovese viene così (letteralmente) defenestrato e torna nel PPI, in quota Marini. E' lì, in definitiva, che il rampante esponente centrista vede qualche spazio visto che a destra ci sono sin troppi galli: l'area riformista, invece, è orfana di veri leader e tenuta praticamente in ostaggio dal duo postcomunista Bottari-Silvestro.
I passaggi successivi sono, è vero, tutti nel centrosinistra: Margherita, Ulivo (sconfitto da Rocco Crimi nel collegio Nord alle Politiche), Unione sotto le cui insegne, nel maggio del 2005, diventa sindaco di Messina dopo aver "passato" un giro sacrificando Antonio Saitta, già assessore di Providenti, nel 2003 contro Buzzanca che di lì a poco cadrà per lo scandalo del viaggio privato a Bari con l'autoblù.
Genovese, però, governa Messina per poco più di due anni: il famigerato ricorso dei socialisti napoletani, la cui lista era stata esclusa per una questione di paternità del simbolo, viene accolto nell'autunno del 2007 e un anno dopo Francantonio perde al primo turno contro il "resuscitato" Buzzanca. Si consola tornando in Parlamento e inventando, insieme a D'Alia, l'elezione di Crocetta a presidente della Regione; lo ferma, come è noto, il "via libera" della Camera all'arresto: votano a favore il Pd, Sel e il Movimento 5 Stelle, contro Ncd e Forza Italia.
E' questo, chiaramente, il passaggio cruciale per l'odierna scelta di Genovese; una "vendetta" nei confronti del Partito democratico - come ha ammesso lo stesso Micciché - ma anche un messaggio, l'affermazione di poter ancora spostare tessere, voti ed equilibri in campo provinciale e regionale. Perché Forza Italia, però? Beh, l'Udc era fuori discussione perché è vero che lui e Gianpiero D'Alia sono in pratica "cugini", ma il partito ha già un candidato sindaco per Messina, il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone, che peraltro più di una volta ha opposto delle pregiudiziali di tipo etico e morale alle alleanze con Genovese. E l'Ncd, tra i partiti di centrodestra (logico approdo di uno come Francantonio, che sul territorio messinese ci ha abituati soprattutto a un sistema di raccolta del consenso molto simile a quello dei berlusconiani), ha almeno un paio di figure, se non di leader, comunque da considerare: Enzo Garofalo, che a sindaco si è già candidato nel 2013, e Nino Germanà che in più rispetto a Garofalo ha pure i voti (e che si incontrò con Genovese poco prima del ballottaggio di Felice Calabrò contro Accorinti).
Gianfranco Micciché e Francantonio Genovese |
Quanto riuscirà a coagulare del vecchio sistema di potere e di consenso, ovviamente, è difficile da prevedere: si parla di dieci consiglieri comunali (il centrosinistra ha in aula una maggioranza "bulgara" di 29 consiglieri su 40 mentre 7 sono del centrodestra, un fronte destinato a rimpolparsi) e si rimpasta la questione-sfiducia diluita da "Gettonopoli", anche se in realtà il suo approdo in un nuovo fronte sembra allontanare il voto verso la scadenza naturale del 2018 quando il cambio di casacca sarà passato remoto.
D'altra parte, faccio una domanda ai maravigghiati da' rutta: se Totò Cuffaro, libero dopo gli anni di carcere (inflitti peraltro senza l'aggravante mafiosa dalla quale fu assolto in appello), si candidasse alla presidenza della Regione, pensate che non prenderebbe voti o che, addirittura, non vincerebbe? Siamo in Sicilia, qui neanche il Partito Democratico è democratico sul serio: va bene prendersela con Genovese o con l'eterno capro espiatorio Mirello Crisafulli, ma non mi pare che i vari Lumia, Cracolici, Lupo e via dicendo abbiano mai prodotto un particolare contributo alla democrazia di quest'isola. Però siamo tutti bravi a indignarci se Vecchioni, o chi per lui, la definisce "di merda"...
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