Elezioni, la Messina peggiore: "Voi per pezzo uno scritto ho"


Gli ultimi sviluppi della campagna elettorale mi ricordano un bellissimo brano dello Stato Sociale, contenuto nell’album L’Italia peggiore, che si intitola Te per canzone una scritto ho. «Ho scritto una canzone per te / Ma non questa, un’altra / Non me la ricordo più» canta Lodo, il leader del gruppo bolognese, e poi: «E i tuoi occhi lontani dal rumore di una canzone più bella / Molto più bella di così / Che non ricordo, non ricordo più» (qui il link alla versione live con Brunori Sas, un po’ meravigliosa un po’ cazzona). Ecco, la vorticosa variabilità di candidature, accordi, dimissioni e ritorni nei ranghi di questi ultimi giorni ha messo IlMaxFactor in una situazione analoga: avevo scritto un pezzo, «molto più bello di così», ma è diventato vecchio prima ancora che lo finissi. D’altra parte, quando la realtà supera la fantasia anche la satira – visto che abbiamo la presunzione di definirla tale – deve rincorrere.


Antonio Saitta e Maria Flavia Timbro (stampalibera.it)
A differenza di Lodo, che non se lo ritrova più («Hai bucato le tasche / Son cadute le parole / Per prenderle su / Ho camminato all’indietro nei versi / Fino a tornare dov’eri tu»: da qui il titolo), il pezzo di prima IlMaxFactor lo ricorda benissimo. Innanzitutto analizzavo la discesa in campo di Antonio Saitta che aveva premesso: «Accetterò la candidatura a sindaco del centrosinistra solo se sarà una scelta unitaria». E infatti, appena i “maggiorenti” di quello che resta del PD (Navarra, Picciolo, D’Alia) si sono accordati sul suo nome, il renziano Alessandro Russo si è dimesso da vicesegretario provinciale mentre anche il suo compagno d’avventura Francesco Palano Quero, una delle alternative rimaste sul tavolo fino all’ultimo, ci stava pensando; LeU ha subordinato il sostegno all’indicazione di Maria Flavia Timbro come vicesindaco mentre Sinistra Italiana si era già accasata con Renato Accorinti, così come l’area ex piddina che fa riferimento a “Ricomincio da ME”. Commentavo quindi che a sinistra il nome di Antonio Saitta unisce più o meno come una malattia esantematica: tutti il più lontano possibile, per evitare il contagio.

Cosa è cambiato così rapidamente – anzi, così ripidamente – da allora? Beh, in primis il passo indietro dei renziani: Russo e Quero, che già nel 2013 avevano fatto Pasquetta con due... forni quando Genovese li aveva espropriati della candidatura al Quartiere (entrambi erano presidenti uscenti) per offrirla a Sel e Udc, accettando l’appoggio di Cambiamo Messina dal  Basso ma senza schierarsi apertamente con Renato Accorinti. Stavolta si sono fatti bastare l’indicazione di Maria Flavia Timbro come «segnale di cambiamento» e – tra notti insonni, lacrime e un pizzico di commozione una volta fatta la scelta – si sono fatti convincere da Saitta a non dare seguito ai roboanti post su Facebook per abbracciare la realtà. Non solo restano nel Pd, ma probabilmente Russo sarà candidato in consiglio comunale e, in caso di (improbabile) vittoria, potrebbe pure arrivare un assessorato. Loro negano sdegnati, ma lo fanno su FB e quindi aspettiamo quando si ritroveranno di fronte alla realtà.

Emilia Barrile superstar (foto Enrico Di Giacomo)
Non sapevo ancora, quando scrivevo il pezzo «molto più bello di così», che la convention di Emilia Barrile in un salone delle bandiere gremito all’inverosimile si sarebbe trasformata in un numero di stand-up comedy che Virginia Raffaele lèvati. Il presidente uscente del consiglio comunale – una donna che merita solo ammirazione per la battaglia che sta combattendo contro le consonanti sorde – in buona sostanza ha detto: «Mi candido a sindaco, ma se il centrodestra recepisce le mie istanze...». Google Translate traduce così: «Se non mi date la vicesindacatura o almeno un assessorato mi candido, così con i miei voti non vi faccio raggiungere il 40 per cento al primo turno». E anche Dino Bramanti deve avere Google Translate, perché naschìa quali siano le “istanze” della Barrile e alza subito un muro: «Sono un uomo libero e non accetto autocandidature, lei è una risorsa ma non è questo il metodo». L’Emilia allora tira le redini che neanche durante le corse clandestine a Giostra, e sul muro tirato su da Bramanti mette pure i paletti: «Non ho bussato alla porta di nessuno, voglio dare il mio contributo ma da sindaco» la dichiarazione che chiude il discorso (che però non si sente bene a causa del toc toc di sottofondo).

Il prof. Dino Bramanti (stampalibera.it)
A proposito del Bramanti “uomo libero”, non sarà che dietro questa insistenza sulla natura non partitica della sua candidatura nasconde l’imbarazzo per essere il nome scelto da Genovese e Germanà? Beh, se è così l’imbarazzo è destinato a crescere, perché dopo aver preteso di fare la presentazione in contumacia dei leader di partito, Bramanti nei giorni scorsi ha ricevuto l’appoggio esplicito di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, di Viva l’Italia e di Cara Italia, ma ha anche incontrato il gruppo, che fa riferimento a Franco Tiano – CHIIIIII??? – di fuorusciti proprio dal partito della Meloni. (E allora che sono fuorusciti a fare, verrebbe da chiedersi?) Sempre nel pezzo «molto più bello di così» accomunavo Bramanti e Saitta in un’analisi: a questo giro sono la foglia di fico, lo specchietto per le allodole, la coperta di Linus (ma che c’entra?) di un patto di potere. Da una parte tirano i fili Genovese e Nino Germanà, dall’altra i burattinai sono Navarra, Gianpiero D’Alia e Peppe Picciolo. Perché è in corso, con tutta evidenza, un tentativo di restaurazione della vecchia politica che cinque anni fa ha perso il polso e soprattutto la presa su questa città, e che ora vuole riprendersi tutto azzerando l’esperienza “eretica” – al di là dei risultati – di Renato Accorinti. Dopo aver lasciato una città con 450 milioni di debiti e per ritrovarne una che aspetta un Masterplan da centinaia di milioni di opere da realizzare. Poi dice che uno si butta a sinist… a dest... al cen... vabbè, come non detto. Ma porca puttana.

P.S.: ad Antonio Saitta, prestigioso avvocato amministrativista e professore di diritto costituzionale, un  merito va comunque riconosciuto; candidato sindaco nel 2003, quando fu sconfitto da Buzzanca ma ottenne comunque un notevole 44 per cento, in campagna elettorale coniò la battuta migliore in venticinque anni di elezione diretta del sindaco. Intervistato dalla Gazzetta del Sud insieme agli altri candidati sugli aspetti della vita privata (gli hobby, l’auto posseduta, l’attore preferito...), alla domanda sul tifo calcistico rispose acidissimo: «Non tifo per l’Igea Virtus». Peccato che i tifosi del Messina si siano evidentemente confusi per via dei colori giallorossi e abbiano ugualmente votato per il barcellonese Buzzanca.

Di lui si ricorda anche l’embolo che gli prendeva quando nel 2005, dopo che Genovese – intravedendo spiragli di possibile vittoria grazie alla candidatura di Nunzio Romeo che lo avrebbe portato al ballottaggio poi vinto su Luigi Ragno – gli aveva negato la ricandidatura per correre in prima persona, qualcuno lo chiamava vicesindaco. «Macché vice – ti telefonava con la consueta umiltà – io sono il co-sindaco». Per fortuna è durata solo un paio d’anni, fino alla decadenza di Francantonio per il ricorso dei socialisti contro l’esclusione della lista per questioni di simbolo, altrimenti sarebbero ancora lì a sciarriarsi.

Nel frattempo, Saitta ha fatto carriera all’Università; indicato nel 2001 come possibile successore del suo mentore, il rettore Gaetano Silvestri, alla fine si vide preferire il preside di Scienze, Giacomo Maisano, che avrebbe perso contro Tomasello. Un affare, diciamocelo. Prorettore alla legalità con Pietro Navarra, era in corsa per l’ermellino ma gli è stato preferito Salvatore Cuzzocrea. Forse perché, pur essendo nipote di Nazareno Saitta e parente di altri docenti, il suo cognome non grondava abbastanza nepotismo.

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