Elezioni: Luigino e l’orco Trischitta. E Cateno è un candidato… del CAS

Luigi Genovese sotto l'ala di Miccichè (corriere.it)

Due mesi o poco più alle elezioni amministrative, e già – direbbero Gino e Michele – Saigon era Disneyland a confronto. Pensavate di aver visto tutto cinque anni fa, con la vittoria a Risiko del “sindaco scalzo” Renato Accorinti contro le armate genovesiane? Pfui. Da qui al 10 giugno sarà guerra termonucleare globale, come in Wargames (per il millennial Luigino Genovese: un film di grandissimo successo del 1983 con Matthew Broderick, che all’epoca doveva avere più o meno la tua età).

Pippo Trischitta candidato SOLO per cambiare Messina
A proposito di Luigino, IlMaxFactor non si può sottrarre al proprio ruolo sociale perché c’è da denunciare un caso eclatante di violenza sui minori: un “orco” si aggira per Palazzo Zanca e insulta i ragazzini. Lo avete sentito anche voi? Si chiama Pippo Trischitta, sostiene di essere candidato a sindaco e ha annunciato ufficialmente l'addio a Forza Italia («Guarda, stavo proprio per chiederti io di prenderci una pausa», ha risposto il partito) a causa della scelta di Dino Bramanti come aspirante primo cittadino della coalizione di centrodestra. Anzi, di “centroconvenienza” come l’ha definita, tacciando la sua parte politica di opportunismo. E’ una scelta che Trischitta considera infatti calata dall’alto, precisamente dal suo nuovo amichetto “azzurro” Francantonio Genovese; solo che, essendo Francantonio ormai destinato all’ombra per via dell’interdizione dai pubblici uffici, stavolta l’embolo a Trischitta lo fa venire il fatto che i suoi colleghi consiglieri comunali “traditori di Berlusconi” si facciano «dettare la linea politica da un “picciriddu” come Luigi Genovese».

Allora, consigliere (ex): intanto, non si chiama “picciriddu” ma Lolito, come IlMaxFactor ha ampiamente esposto. E poi, che c’entra che il primo disegno di legge proposto da Luigino all’Ars preveda l’accorpamento del Papardo all’IRCCS Neurolesi-Piemonte diretto da Bramanti? E le 150 assunzioni al Centro Neurolesi avallate dal neo assessore regionale Ruggiero Razza? Cosa vuole che siano, di fronte al Kinder Maxi e al “trancio pistacchioso” che Accorinti in missione si fece rimborsare dal Comune e che lei ha giustamente denunciato? Non le piace più “Pippo merendina” come soprannome? Devo spaccarmi la testa per trovargliene un altro? Non se ne parla: io chiamo il telefono azzurro (che non è il numero di Forza Italia). Così vediamo se finalmente lascia in pace Luigino e pure IlMaxFactor.

Accorinti e Gaetano Cacciola (messinaora.it)
In questo modo, almeno, Trischitta tornerà a prendersela con Accorinti che, da parte sua, sta allestendo tre liste a sostegno della propria ricandidatura: la “lista del sindaco”, quella di Cambiamo Messina dal Basso e un’altra rivolta ad ambienti più “borghesi” della quale si sta occupando il vicesindaco Gaetano Cacciola (accreditato negli ultimi mesi di un geniale tentativo di “giobba” nei confronti di Renato per candidarsi al suo posto). La lista dovrebbe chiamarsi Cambiamo Messina dal Baffo, ma pare ci siano problemi di copyright con la Birra Moretti. La riconferma appare molto difficile, più per la nuova legge elettorale (voto di trascinamento, soglia del 40 per cento per essere eletti al primo turno) che non per il reale sentimento dei messinesi nei confronti di questo sindaco che ha sbagliato tanto e avrebbe potuto fare meglio, ma resta certamente quello che ha fatto di più in questa città negli ultimi vent’anni. Certo, se stiamo a guardare Facebook non ha alcuna possibilità, ma la vita reale non è su Facebook. Me lo ha detto Zuckerberg. A proposito: secondo lui vince Mimmo Scafazza perché è già un trending topic.

Comunque, Roberto Fico poteva cedere il posto sul bus a Cateno...
Ma il numero uno dei numeri uno dei candidati a sindaco (del mondo), già lo sapete, è Cateno De Luca. Coinvolto suo malgrado nel “pesce d’aprile” delle finte dimissioni di Nello Musumeci, in realtà Cateno in questo momento all’Ars non pensa affatto, se non per farsi fotografare mentre raggiunge Palazzo dei Normanni in bus come un Roberto Fico qualunque. No, Cateno è concentratissimo sulla campagna elettorale per Palazzo Zanca, che sta interpretando in una maniera decisamente vintage anche se applicata ai social: entra nei negozi e costringe i titolari a farsi un selfie con lui, espone uno striscione “Qui non si accettano curricula” al balcone della sua segreteria elettorale come se fosse un patronato (aspettate, ma è un patronato!), mangia e beve qualunque cosa gli offrano in bar e trattorie, tanto che ormai lo chiamano CATINO De Luca... insomma, un Cetto Laqualunque 2.0 che però è capace di colpi di genio straordinari. Sapete come si chiamano tre delle quattro liste a sostegno di Cateno? Messina Nord, Messina Centro e Messina Sud. Sì, come le uscite della tangenziale. E la quarta? “La svolta per Messina”. Ma vuole fare il sindaco o il presidente del Consorzio Autostrade? Mi spiego meglio: è un candidato a Palazzo Zanca o un candidato... del CAS?

E vabbè. Restano i due “casi umani” di questa già cruenta campagna, ovvero il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico. In un post di qualche settimana fa mi chiedevo: i grillini avranno imparato la lezione del 2013, quando presero 25 mila voti alle Regionali e dopo qualche mese non raggiunsero il 3 per cento alle Amministrative? Ovviamente, la risposta è no. Nessun dialogo con Accorinti – l’unica opzione che avrebbe probabilmente impedito la vittoria del centrodestra già al primo turno – e giù duri e puri con il dirigente dell’Ispettorato del lavoro ed ex ingegnere capo del Genio civile Gaetano Sciacca. Chi?, si sta già chiedendo l’elettore medio. Ecco, appunto. L’impressione è che, mentre a Roma flirtano con la Lega, i grillini messinesi siano rimasti a metà del guado tra un’alleanza “non ortodossa” ma potenzialmente vincente e la scelta di un attivista, più coerente ma obiettivamente con minori margini di successo. E a metà del guado si annega. Stavolta alle Politiche hanno preso 50 mila voti in città, sono curioso di vedere quanti ne perderanno.

Devo essere sincero: quando scrivo del PD mi faccio sopraffare dalla tenerezza. Ricordate quel partito che quattro anni fa, alle Europee del 2014, prendeva il 40,8% doppiando il M5S, con Matteo Renzi che a Natale si era presentato a San Pietro per chiedere a Bergoglio di incoronarlo imperatore come Carlo Magno? Che bei tempi. (Per Renzi, intendo.) Da lì è stata una discesa che nemmeno Nibali: lo schiaffo del referendum costituzionale, le dimissioni da premier, la figuraccia alle Regionali, il crollo senza precedenti alle Politiche e la fine dell’era Renzi. Che bei tempi. (Per noi, stavolta.) Ma bando ai sentimentalismi: finalmente, dopo un lungo e proficuo dibattito interno, dopo aver valutato sia le primarie di coalizione che la scelta identitaria, oggi possiamo affermare che il PD non sa chi cazzo candidare a sindaco.

Alessandro Russo e Ciccio Quero, "dioscuri" del PD
P.S.: lo so, non mi posso esimere dal parlare del PD anche se potrei contravvenire alla campagna del WWF per salvarlo dall’estinzione. Avete sentito i nomi per le primarie da celebrare il 15 aprile (e perché non il 15 giugno?). Innanzitutto Maria Flavia Timbro, esponente di LeU che si è vista scattare il seggio al plurinominale alle Politiche ma aveva davanti nel listino Guglielmo Epifani, che secondo Claudio Fava avrebbe dovuto rinunciare pur non essendo stato eletto in nessun altro collegio. Punta ad arrivare seconda alle primarie per poi convincere il vincitore a farsi da parte. Poi c’è Felice Calabrò, al quale qualcuno dovrebbe spiegare che i 69 voti che gli mancarono per diventare sindaco al primo turno nel 2013 non li può sommare adesso. E non è detto che il PD li prenda, 69 voti. Quindi il renziano della prima ora Francesco Palano Quero detto Francesco Quero detto Ciccio Quero detto “Te Quero”, presidente del IV Quartiere e alter ego di Alessandro Russo il quale ogni volta che c’è da candidarsi manda avanti l’altro “dioscuro” perché lui è indisposto, che sfiga. E la corrente corleon... pardon, universitaria di Pietro Navarra? Si parla di Antonio Saitta, battuto da Buzzanca nel 2003: boh, evidentemente ogni 15 anni sentirà il desiderio irrefrenabile di farsi mandare al macello.

Ma la vera “mossa del cavallo” che quei geni del PD stanno architettando è chiedere a Franco De Domenico, fresco deputato regionale, il sacrificio di una candidatura “di bandiera”. L’idea è meno strampalata di quanto possa apparire: De Domenico è il bersaglio di un ricorso di due prestanome di Pippo Laccoto (primo dei non eletti) per ineleggibilità, in quanto ex direttore generale dell’Università che dalla Regione riceve contributi. Così come secondo Trischitta e CMdB è ineleggibile Bramanti, direttore scientifico di una struttura sanitaria convenzionata. Ed ecco il piano geniale: vince Bramanti che però perde il ricorso, con un po’di culo il centrosinistra arriva secondo ma anche De Domenico è ineleggibile, e così viene rieletto Renato e tutti gli altri possono accomodarsi all’opposizione al grido di #cicuppaAccorinti. Perché tanto questa città nessuno la vuole governare sul serio.

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