lunedì 23 aprile 2018

Elezioni: enigma 10 giugno, sarà Ancorinti o... Rancorinti?


Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri,
ho perso quasi trecento partite, ventisei volte
i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo
e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte.
Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto.
(Michael Jeffrey Jordan)

Le Amministrative viste dal genio di Lelio Bonaccorso
E così, il momento è arrivato (come recitava lo slogan vincente di Renato Accorinti alle elezioni del 2013, inventato da un creativo a dir poco geniale). IlMaxFactor ha passato in rassegna tutti i candidati a sindaco che saranno/non saranno/potrebbero essere/sarebbe meglio che non fossero in corsa il prossimo 10 giugno: Dino “dammi un Crodino” Bramanti, Antonio Simpatia Saitta, Catino De Luca, Pippo Merendina (Trischitta, per i meno attenti), San Daniele Famulari Zuccarello, odo Emilia Barrire, quellodelmovimento5stellechenonmiricordoilnometantocontailsimbolo. Manca qualcuno? Eh sì, che manca qualcuno.

L'incredibile elezione di Accorinti (gazzettadelsud.it)
Manca Renato Accorinti, arrivato alla fine del suo impronosticabile quinquennio da sindaco. Eletto per fare la rivoluzione e che poi la rivoluzione non ha fatto, anche se ha il merito di aver reso punti fermi alcuni concetti che scontati non erano: prima di tutto l’onestà – che è vero che non basta, ma dalla quale non si può prescindere – poi il bene comune, l’amore per la città. E e guardiamo ai numeri, nell’arco del quinquennio la sua Amministrazione è quella che ha fatto di più da quando c’è l’elezione diretta del sindaco, e soprattutto lo ha fatto tra l’ostilità della burocrazia comunale e quella (mai vista prima) della stampa. Certo, dal punto di vista della comunicazione il buon Renato non ne ha letteralmente azzeccata una: al netto delle volte in cui ha “sbroccato”, sin dall’inizio ha proposto alla città un sistema di priorità che non era quello che si chiede a un amministratore ma ad un politico. E’ vero che alcune innovazioni, più simboliche che altro, erano “a costo zero” e quindi più rapide da mettere in atto, ma il segnale di volere e sapere risolvere in concreto i problemi di Messina l’ha dato solo in un secondo momento, quando ormai aveva perso non solo l’appoggio dei media ma anche il sostegno di tanti compagni d’avventura storici.

Accorinti tra la movida di via Lepanto (letteraemme.it)
Nell’era dei social, tra chi la vuole cotta, chi cruda e chi al sangue è praticamente impossibile, per un amministratore, uscire indenne da un singolo post su Facebook. Gli addii sono stati quindi cruenti e le invettive degli scontenti si sono sommate alla delusione di chi sperava in un incarico, un assessorato o di dettare la linea su una particolare tematica. Il contraltare è l’accoglienza che Accorinti continua a ricevere quando va in città, per strada, tra le persone. La sensazione è che il “popolo” abbia più chiaro degli osservatori quanto difficile fosse la situazione di partenza, quanto impegno ci abbia messo e quanto un ritorno al passato sarebbe la fine di Messina.

Certo, come Michael Jordan nella citazione che apre questo post Renato ha sbagliato. E pure tanto. I due “drammi” che ha dovuto affrontare – l’emergenza rifiuti e la prolungata mancanza di acqua per il guasto al Fiumefreddo – non dipendevano direttamente da lui, ma le risposte non sono state né tempestive né univoche. Insomma, in più di un’occasione questa Amministrazione ha dato l’impressione di navigare a vista, di non saper dare risposte immediate. A volte le domande erano sbagliate, però. O era la gente sbagliata a porle, visto il disastro che i politici di professione hanno confezionato negli ultimi vent’anni sulla pelle dei messinesi, salvo poi scoprirsi Soloni e bacchettare il muro un po’ storto alzato sulle macerie lasciate proprio da loro. Ha sbagliato soprattutto sul bilancio, perché se è legittimo cambiare idea sul dissesto poi devi avere una strada chiara per rimettere in sesto i conti del Comune, e troppi dietrofront hanno impedito alla sua Giunta di incidere su questo aspetto. A tanti non è piaciuto il “balletto” sulla destinazione dell’indennità, ad altri la pervicacia nel non rinunciare al suo look anche quando per questo gli veniva impedito di partecipare a un vertice rappresentando i problemi e le istanze della città. E’ spesso apparso autoreferenziale, chiuso, diffidente e, per converso, nelle mani del “cerchio magico” che lo avrebbe dovuto aiutare a calare nella realtà i grandi progetti, i sogni, le idee rivoluzionarie che con coerenza non ha mai smesso di propugnare.    

Comunque. Col suo comodo, mentre gli altri candidati già si scannano da un mesetto buono, anche Renato è entrato in campagna elettorale. Lo ha fatto con l’hashtag #cicuppaAccorinti e un ritratto-caricatura opera di Lelio Bonaccorso, elencando le cose fatte in questi cinque anni: nelle intenzioni dovrebbero essere cento, magari a quella cifra non arriveranno ma resta il modo migliore per sottoporsi al giudizio dei cittadini dopo un mandato e, soprattutto, per tirarsi fuori dalla canea di polemiche, accuse e rivendicazioni che ci sta già facendo pensare di mettere nell’urna una fetta di mortadella. Sperando che non venga conteggiata come un voto alla Barrile.

Uno dei primi temi affrontati dalla campagna è quello della mobilità, non foss’altro che perché Gaetano Cacciola, vicesindaco al quale il prefisso “vice” in prospettiva futura era piaciuto il giusto, ha la delega specifica e – proprio per evitare che il merito se lo prenda qualcun altro – ha chiamato la propria lista a sostegno di Accorinti “Percorso Comune” mettendoci come simbolo un bell’autobus. Infatti – se la ride Renato dal manifesto – «Circa 80 mezzi tra autobus e tram percorrono ogni giorno Messina. Cinque anni fa erano 15». Duole dirlo, ma si tratta di fake news. Per scorgere 15 mezzi pubblici in giro per la città cinque anni orsono, infatti, ci volevano o gli occhiali dell’Intrepido (quelli a raggi X che avrebbero dovuto permettere di vedere sotto i vestiti, ricordate?) o una sbronza tale non da farti vedere doppio, ma almeno triplo. E vabbè. «L’offerta di parcheggi in città non è mai stata così ampia. Zaera, Cavallotti, via la Farina, Villa Dante e nel periodo estivo Torri Morandi», insiste Accorinti da un’altra slide. Ancora fake news: come sappiamo, quando Catino De Luca sarà sindaco sposterà il Comune nel parcheggio di via La Farina e a Palazzo Zanca farà un casinò. Solo che non ricordo se ci fosse l’accento o meno.

La campagna accorintiana tocca anche altri temi, dai beni comuni alle politiche sociali, del territorio o di bilancio. Ma dove raggiunge l’apice è in una vignetta – non possiamo definirla altrimenti – che riguarda le politiche per la pace: «“Trump peace not war” urlato a maggio 2017 durante l’ultimo G7 a Taormina». Ora, sapete tutti quanto io voglia bene a Renato: non ne ho mai fatto mistero, e d’altra parte non si può non voler bene – al di là delle opinioni politiche, e persino al di là dei risultati che ha ottenuto – a un pazzo scatenato che ha voluto fare il sindaco di Messina con 450 milioni di deficit e dopo che a Palazzo Zanca non erano rimasti nemmeno i piedi dei tavolini. Da gioco. Ma la trascrizione fonetica dell’intervento di Renato al teatro greco di Taormina, come hanno sentito tutti, è “Ciaaaaaamp! Piiiiiis no uoooooor!”. Che noi lo capiamo, ma secondo me Trump ha pensato che fosse arabo, poi ha visto quello strano soggetto con barba lunga e sandali e se l’è fatta sotto.

P.s.: al solito, la realtà messinese supera la fantasia e ci regala una “chicca” come la conferenza stampa congiunta di Dino Bramanti e Cateno De Luca. Da un certo punto di vista è stata deludente, devo ammetterlo: mi aspettavo, che so, Genovese che offre a De Luca la Città Metropolitana a patto che la smetta di pubblicare le delibere delle 150 assunzioni al Neurolesi, invece niente di tutto questo. E attenzione, non è né un “matrimonio” né un innamoramento, come ha tenuto a precisare Crodino Bramanti: «Poi ci dicono che siamo gay, ci manca solo questa...». Infatti è un’unione civile. Pensateci: Bramanti è vicino alla pensione, De Luca nel 2017 ha  ricevuto il TFR (credo) dalla Fenapi, il patronato che è suo ma che, per versargli 600 mila euro di trattamento di fine rapporto, deve prima averlo assunto. (Un po’ come l’assessore accorintiano Enzo Cuzzola, che ha intestato ai figli la sua Interdata e si è fatto assumere, così il Comune deve versargli quasi 20 mila euro l’anno di oneri riflessi.) Quindi Cateno ha raggiunto, diciamo così, la tranquillità economica; ma anche lui sa – come dice Guccini ne L’avvelenata – che «la pensione è davvero importante» e, insieme, i due anziani hanno pensato a questa soluzione per affrontare in serenità gli anni della vecchiaia. Andranno a vivere insieme, ma senza fare cose sconce.

P.p.s.: quellodelmovimento5stellechenonmiricordoilnometantocontailsimbolo si chiama Gaetano Sciacca. Sempre per i meno attenti.

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