NBA, finali di Conference: Molto rumore per nulla?

La favolosa stoppata di Manu Ginobili su James Harden
E così, dopo serie ribaltate, rimonte pazzesche, gare-7 tra squadre che si sono picchiate per tutto il tempo (anzi, per tutto l’anno), sfide tra aspiranti Mvp, tra passato presente e futuro, infortuni e resurrezioni, arbitraggi e polemiche, in finale di Conference ci vanno le prime due teste di serie, sia ad Est che ad Ovest. Il che, per fortuna, non ha reso inutili questi bellissimi playoff.

Le semifinali hanno detto principalmente due cose, anzi tre: la prima è che Golden State e Cleveland hanno qualcosa che le altre non hanno, la seconda è che San Antonio ha qualcosa che nemmeno Golden State e Cleveland hanno, la terza è che Boston ha Isaiah Thomas. Le finaliste delle ultime due stagioni sono 8-0 (in realtà i Warriors 9-0) dopo aver letteralmente triturato i primi Portland e Utah, i secondi Indiana e Toronto. La possibilità che anche quest’anno l’ultimo atto riproponga la sfida tra LeBron James e Steph Curry è ovviamente la più gettonata, anche per i problemi fisici che stanno affliggendo gli Spurs con l’infortunio di Tony Parker e i malanni alla caviglia di Kawhi Leonard.

La grinta di Gregg Popovich (SI.com)
Ma in Texas hanno veramente qualcosa di speciale, altrimenti non sarebbero la leggenda dell’ultimo ventennio di questa Lega. Sarà il fatto di avere in panchina uno dei più grandi allenatori di sempre in Gregg Popovich; sarà la conseguenza di poter contare su un sistema che mette tutti i giocatori, anche quelli meno talentuosi, in condizione di rendere al massimo e anche oltre le proprie possibilità; saranno gli attributi, la voglia di vincere, in una parola la grandezza di campioni come Manu Ginobili… Insomma, attenzione a dare San Antonio per morta.

Così come eviterei di cantare subito il de profundis ai Celtics del piccolo grande uomo. (E credetemi, piccolo è per davvero: 1,75? Forse con le scarpe, col tacco però.) In una serie che – resto dell’idea – i Washington Wizards hanno né più né meno che buttato alle ortiche facendosi recuperare un vantaggio in doppia cifra nelle prime due gare al Garden, sono stati soprattutto i 53 segnati in gara-2 (29 tra quarto periodo e overtime!) del numero 4 a fare la differenza. Più squadra Boston, è vero, allenata molto bene da Brad Stevens, è verissimo, ma che di fatto non è mai riuscita a limitare John Wall e Bradley Beal. A condannare i Wizards è stata più che altro la mancanza di alternative (peggior panchina dei playoff, dicono le cifre) e di un sistema in grado di mettere i vari Porter, Morris, Gortat in condizione di incidere, per dire, come Kelly Olynyk in gara-7. Certo, a parte un paio di ottimi giocatori come Al Horford e soprattutto Avery Bradley, i Celtics non hanno almeno una seconda punta da opporre ai big three di Cleveland; ma signori, come si fa a non amare quest’ometto.

Il contatto tra il piede di Zaza Pachulia e la caviglia di Kawhi Leonard in gara-1
Golden State Warriors-San Antonio Spurs. Sì, lo so: è contro il regolamento. Ma quanto, quanto vorrei che fosse questa, la finale Nba. Possibilmente con Tony Parker in campo e Kawhi Leonard sano. Coach Gregg Popovich ha annichilito Houston scegliendo di non concedere mai, mai e poi mai il tiro da tre, a costo di farsi schiacciare in testa venti volte a partita. Asfissiato Harden, la squadra di Mike D’Antoni ha mostrato tutti i suoi limiti anche se l’annata dei Rockets resta straordinaria. I filotti di Kawhi, la stoppata di Ginobili sul Barba (e non solo quella!), l’utilità di giocatori poco considerati come Patty Mills e Dejounte Murray – specie quando la stagione di Parker si è prematuramente conclusa – Jonathon Simmon, Kyle Anderson, Dewayne Dedmon sono solo alcuni dei segreti che rendono insondabile la mistica degli Spurs. Il tutto nel primo anno senza Tim Duncan. L’incredibile sconfitta di gara-1 alla Oracle Arena, quando San Antonio era avanti di 20 all’intervallo (costringendo Curry e Durant a giocare praticamente due contro cinque) con un Leonard onnipotente e si è fatta rimontare solo dopo l’ennesima distorsione alla caviglia della sua stella (della quale l’ineffabile Pop ha tatticamente accusato Zaza Pachulia) è la cosa peggiore che potesse succedere, perché lo choc ha risvegliato i Warriors dai loro sogni di invincibilità senza che abbiano dovuto pagare dazio. Comunque vada, applausi a scena aperta e lacrimuccia per gli Spurs. Pronostico: Golden State 4-1 (senza Leonard) o 4-3 (con Leonard).

Il piccolo grande uomo (celticsblog.com)
Boston Celtics-Cleveland Cavaliers. L’unico dubbio sulla vittoria dei Cavs risiede nel fatto che il quasi 33enne LeBron James abbia dovuto fare gli straordinari (non tanto in termini di minutaggio, quanto di iniziative) nei primi due turni: i 34.4 punti di media nelle 8 gare sin qui giocate indicano una dipendenza pressoché totale di Cleveland dal suo Re, nonostante la presenza di Kyrie Irving e Kevin Love: due anni orsono, quando pure chiuse i playoff sopra i 30 di media tirando 27 volte a partita, tra primo turno contro Boston (4-0) e semifinale di Conference contro Chicago (4-2) James segnò complessivamente 24.6 punti a partita (27.0 contro i Celtics, 23.0 con i Bulls). E lo scorso anno – nella cavalcata conclusa con un clamoroso titolo in rimonta su Golden State – finì la post-season ad “appena” 26.3 punti a partita tirando appena 20 volte, una in meno di adesso. Il tutto ovviamente al netto di percentuali dal campo molto più alte in questa campagna 2017 (56% al tiro con addirittura il 47% da tre). La possibilità che, pur nel deserto dell’Est che gli ha consentito di arrivare in finale Nba senza sudare nelle ultime sette stagioni, LeBron si stia dovendo “spremere” più del dovuto fa chiaramente il paio con le difficoltà incontrate dai Cavs lungo le 82 gare di regular season.

Sull’altro fronte, come avrete più o meno capito, Isaiah Thomas è un uomo in missione. La tragica scomparsa della sorella 23enne lo ha segnato certamente fuori dal campo, ma sul parquet sembra avergli dato un’energia sovrumana. Aggiungete la forza mentale di un eterno sottovalutato, uno che ha dovuto sempre combattere anche solo per restare al livello degli altri in termini di opportunità (è stato scelto al numero 60, ultima del secondo giro e quindi ultimo in assoluto, dai Sacramento Kings al Draft 2011!), e avrete la più impazzita delle variabili in sede di pronostico. Che comunque non può non essere questo: Cavs 4-2 o 4-3.


P.S.: stanotte (italiana) si svolge la Lottery in vista del Draft di fine giugno. I Los Angeles Lakers sperano di avere una delle prime tre scelte per non doverla cedere ai Philadelphia 76ers. Se non me la stessi letteralmente facendo addosso per la Juve, in questo momento sarebbe il mio unico pensiero.

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