Elio e le Storie Tese: L’amica della nonna è trans
Oggi parliamo un po’ di
musica. A qualche mese dall’uscita (grazie Pàina), ho finalmente ascoltato in
maniera intensiva il nuovo disco del mio gruppo-feticcio Elio e le Storie Tese,
vale a dire Figgatta de Blanc, e devo
dire di averne tratto un’impressione totalmente diversa da quelle – per lo più
negative o annoiate, complessivamente ingenerose – lette nelle varie critiche
su giornali e siti.
E siccome oggi parliamo
di musica, tralascerò tutti gli aspetti “laterali” che fanno di EelSt la band
più originale e innovativa del nostro panorama (ormai) mainstream: la copertina ammiccante, lo scimmiottamento (dopo i
Beatles) all’album dei Police Reggatta de
Blanc, la confezione deluxe che contiene anche il comodo vibratore Lelo. E
persino le informazioni sui brani che nel booklet
sostituiscono i testi delle canzoni, gli incisi tra un brano e l’altro, a volte
esilaranti altre incomprensibili (e quindi esilaranti) e la ghost track finale. Tutto bello, tutto
divertente, ma – ripeto – parliamo di musica e basta. Ecco a voi, quindi,
IlMaxFactor in difesa degli Elii.
Le ultimissime
produzioni delle Storie Tese (Studentessi
e Album biango) non hanno convinto
fino in fondo né la critica né i fan, la prima per la mancanza di brani di alto
livello (a parte Ignudi tra i nudisti
e forse Plafone), l’altra per una
cifra “commerciale” che comunque non le impedisce di annoverare tanti pezzi
belli e un piccolo capolavoro come Luigi
il pugilista, una specie di “Ritorno dell’astronauta pasticcione” per dirla
alla loro maniera. Il fatto è che se nella prima serata di Sanremo il pubblico,
chiamato a scegliere tra l’incisiva Dannati
forever e la virtuosistica Canzone
mononota manda avanti nella competizione la seconda, è normale che gli Elii
– che, al di là delle apparenze, scemi non sono affatto – si adeguino.
Elio giudice di X Factor |
In più, le recenti
comparsate da giudice a X Factor hanno finito per riposizionare, anche qui
negativamente, la percezione del loro leader da parte del pubblico: severo,
permaloso, con la tendenza a prendersi troppo sul serio, Elio si è ritrovato –
e riabilitato – solo nella finale al Forum, quando ci ha regalato il brivido di
sentire versi immortali come «Servi della gleba a tutta birra / carichi di
ettolitri di sburra» in prime time.
Citazione non casuale, più avanti vedremo perché.
Qui abbiamo invece un
album molto diverso, più compatto dal punto di vista stilistico (pur nella
varietà dei generi) tanto che, a conti fatti, la canzone più brutta è proprio
quella presentata a Sanremo: Vincere
l’odio, la già sviscerata sequela di (otto, mi pare) ritornelli scelta
dalla band per proseguire un proprio percorso di scardinamento dei punti fermi
della canzone italiana festivaliera. Al di là della struttura, infatti, il
brano è poco originale e il testo abbandona la dimensione del nonsense per abbracciare semplicemente
la mancanza di senso.
Il resto, invece, è di
qualità altissima sia dal punto di vista dell’esecuzione – e questa non è una
novità – che del concetto d
i fondo: una bella notizia per chi ama soprattutto
gli album delle origini.
Gli Elii alla finale di X Factor al Forum |
Ricordate «Servi della
gleba a tutta birra / carichi di ettolitri di sburra» citato poco sopra? Ecco,
a volte mi sembra che gli Elii siano i primi a non sentirsi completamente a
proprio agio nella dimensione che hanno raggiunto, quella – per così dire – di
gruppo comunque rock e comunque di successo. E così, in corrispondenza delle
partecipazioni a Sanremo o delle apparizioni televisive più “generaliste” come
appunto X Factor, si aggrappano al demenziale, alla dissonanza, persino alla
volgarità gratuita per riaffermare la propria essenza – diciamo così – di
sporcaccioni. E se il contraltare di La
terra dei cachi era la favolosa Burattino
senza fichi nel rutilante arrangiamento di Demo Morselli, se La canzone mononota veniva riequilibrata
da Enlarge your penis e Amore amorissimo, qui l’intenzione della
band viene messa subito in chiaro.
Vacanza
alternativa, che apre l’album, è un classico pezzo
funky (ma nel testo il tormentone è «fanghi», poi addirittura «funghi»), molto
orecchiabile ma che si segnala soprattutto per due chicche: la seriosa Paola
Folli che canta da Dio la ricetta del risotto con i funghi (giuro!) e, appunto,
la riproposizione del personaggio del trans già sentito in Suicidio a sorpresa, con il coretto «L’amica della nonna è trans /
l’amica della nonna è-un-trans» che per lirismo e profondità fa il paio con
l’indimenticabile «Io / per piacervi / mi epilerei per tutto il santo giorno /
come le balle di un attore porno» di Fossi
figo.
Ma non è finita: She wants, splendidamente cantata con il
Vocoder da un Rocco Tanica sempre sul punto di farsela sotto dalle risate, è un
delicato inno in stile Motown alle vie alternative all’amore («She wants in the
posterior» il verso completo). E il mainstream
è definitivamente servito.
Inutile sottolineare
ancora una volta che la cifra musicale di Elio e le Storie Tese è quella di
band di prog rock: Parla come mangi è un brano molto Faso
(che infatti canta anche, insieme a Cesareo e Tanica come in Alfieri) dal testo di un brillante nonsense impreziosito dall’elenco di
parole inglesi entrate nell’uso comune declamato da Mangoni. Qui l’espediente è
un po’ ruffiano e ricorda da vicino il karaoke dello stesso Mangoni nella
trasmissione radiofonica Cordialmente,
ma ci si scompiscia uguale. Influenze simili si riscontrano anche in Ritmo sbilenco che inneggia al nuovo
genere musicale, il… “regressive”, e soprattutto nel pezzo-capolavoro
dell’album, quella Bomba intelligente
con un testo sognante e denso di meraviglia scritto dal grande Francesco Di
Giacomo del Banco di Mutuo Soccorso (scomparso da un paio d’anni), arrangiata
dal suo amico e produttore Paolo Sentinelli e affidata agli Elii che ne tirano
fuori un’esecuzione meravigliosa, in puro stile Genesis (quelli veri, con Peter
Gabriel a fare l’istrione). Gli assoli finali di chitarra di Cesareo e di
violino elettrico di Mauro Pagani della PFM sono qualcosa in più di una chicca.
Spiace solo che non potranno mai suonarla live,
perché parliamo davvero di un pezzo favoloso. D’altra parte, da un gruppo che
spesso apre i concerti con una cover degli Who, dei Pink Floyd o degli stessi
Genesis cosa vi aspettavate?
Il funky ritorna in China Disco Bar, anche se con venature
più pop e citazione (proprio i nomi!) di Crosby, Stills, Nash & Young, e in
Inquisizione che aggiunge una
splendida sezione di fiati.
Il
quinto ripensamento, presentata a Sanremo nella serata
delle cover come rifacimento della Quinta sinfonia di Beethoven, in realtà,
oltre ad essere di fatto la versione dance
fatta negli anni Settanta da Walter Murphy, nella parte cantata e nell’accenno
di rap rimanda molto da vicino al primo singolo di Robin Thicke, When I get you alone (guarda e stupisci,giovane fan che si dimenava al ritmo di Blurred lines). Una tripla cover, quindi. Qui, però, la genialata è l’introduzione,
un vero e proprio sketch con Lillo e Greg deejay e ascoltatore di “Radio
Classica Coatta”.
Il mio pezzo preferito
– almeno tra quelli degli Elii – è probabilmente Il mistero dei bulli. Intro à
la Supergiovane, sviluppo pop-rock con un paio di melodie molto
accattivanti e un testo che fa il verso alla canzone impegnata. La tematica è
sin troppo evidente, l’approccio totalmente EelST. Altro pezzo rock, con
inserti rap di J-Ax, è Il rock della
Tangenziale: magari non una meraviglia assoluta, ma assolutamente godibile.
Il lato snervante, che
non manca mai nei dischi della band, è affidato (oltre che a Vincere l’odio, come detto) a un paio di
brani che magari non sarebbero tanto male, ma che sembrano quasi cercare il
fastidio nell’ascoltatore: I delfini
nuotano, in cui cantano solo la prima battuta di ogni strofa o,
successivamente, una parola ciascuno di ogni verso – un po’ come il giochino
che fa Cattelan – e Cameroon che si
limita più o meno a mostrare come gli Elii siano in grado di suonare qualsiasi
genere.
Fortuna che c’è Il primo giorno di scuola, già
pubblicata a settembre ma qui in versione arricchita dall’accompagnamento dei
fiati del solito Demo Morselli. Pezzo di puro delirio EelSt con un ritornello
che, vuoi o non vuoi, ti spacca il cervello.
Complessivamente,
dunque, non sarà Eat the Phikis ma è
un gran bel disco. Loro hanno definitivamente trovato l’equilibrio post-Feiez e
suonano sempre da Dio, d’altra parte con il repertorio che si ritrovano non
avevano nemmeno bisogno di aggiungere troppi tormentoni, ché poi i concerti
durano più di quelli di Springsteen. Bentornati Elii.
Commenti
Posta un commento