All Star Game della NBA: se il Black Mamba divora… il Gallo

Danilo Gallinari al tiro
Lo scandalo della mancata convocazione di Danilo Gallinari all’All Star Game della NBA non è una campanilistica rappresentazione dell’italico orgoglio ferito: certo, da queste parti avrà certamente fatto più sensazione che non negli Stati Uniti, ma le speranze di una sua chiamata tra le riserve dell’Ovest da parte degli allenatori delle altre squadre (non si può infatti votare per un proprio giocatore) avevano delle basi estremamente solide. Così come, a ben vedere, la sua esclusione ha delle motivazioni che con tutta evidenza non sono di natura tecnica.
Partiamo da quello che sta facendo il Gallo in questa sua sesta stagione oltre Oceano, reduce da un Europeo dominato fino alla gara con la Lituania (l’unica “cannata” dal numero 8 nella rassegna continentale, coincisa con la sconfitta all’overtime che ci è costata semifinale e qualificazione alle Olimpiadi). Al netto delle 6 partite saltate – una costante, visto che da quando è nella NBA Danilo ha dovuto subire addirittura sei operazioni – le sue medie stagionali parlano di 19.4 punti a partita con 5.7 rimbalzi, 2.6 assist pur se con percentuali non straordinarie (il 43% da due, il 37% da tre) a parte l’87% ai liberi. Ma è quello che ha fatto nel mese di gennaio, forse il migliore della sua carriera, a gridare vendetta per il mancato viaggio a Toronto: in 14 gare (i Denver Nuggets chiuderanno il mese domenica 31 alla Bankers Life Fieldhouse di Indianapolis contro i Pacers)  23.5 punti, 5.1 rimbalzi, 2.1 assist, il 52% da due, il 37% da tre e l’84% dalla lunetta. E la sua squadra ha vinto 6 partite su 14, avvicinando l’ottavo posto a Ovest (attualmente occupato dai sorprendenti Portland Trailblazers con tre gare di vantaggio) che vale i playoff: i Nuggets sono 18 vinte-29 perse ma in evidente crescita, nonostante nella off-season abbiano lasciato andare l’altro leader della squadra, il problematico playmaker Ty Lawson.
Kobe contro Danilo: il Black Mamba si "mangia" il Gallo
Insomma, numeri e soprattutto impatto (a gennaio 28 punti e il recupero decisivo nella vittoria contro i Warriors, 26 la notte scorsa nella "zingarata" di Washington e un massimo di 30 contro Detroit) avrebbero giustificato appieno la convocazione di Danilo, che però ha pagato, quest’anno, una variabile magari non prevedibile ad inizio stagione ma, visti gli sviluppi, ampiamente giustificata: la chiamata, letteralmente a furor di popolo (2 milioni di voti dei tifosi, più di chiunque altro) di Kobe Bryant. Il campionissimo dei derelitti Lakers, che ha annunciato il ritiro alla fine di quest’annata, non avrebbe avuto altri argomenti per il suo ventesimo (!) All Star Game della carriera. Quindi, a rigore, un posto in meno. E ci si è messa anche la formula delle votazioni: potendo indicare due guardie e tre giocatori di frontcourt, ovvero ali e centri («Un sistema che dovremo rivedere», ha ammesso il commissioner Adam Silver), i tifosi hanno scelto in pratica cinque esterni: Steph Curry di Golden State e Russell Westbrook di Oklahoma City dietro più il compagno di quest’ultimo Kevin Durant, Kawhi Leonard di San Antonio e appunto il Black Mamba, che certo non è un… lungo. E così, in panchina si è dovuto giocoforza trovare spazio per un centro in più, viste anche le cifre di Anthony Davis di New Orleans (22.9 punti, 10.2 rimbalzi), Demarcus Cousins di Sacramento (27.3+11.3) e un po’ meno di Lamarcus Aldridge di San Antonio (15.9+8.8). Ecco, diciamo che con uno di questi tre in quintetto Gallo avrebbe certamente trovato di meritare posto almeno in panchina insieme a Chris Paul dei Clippers, James Harden di Houston, Draymond Green e Klay Thompson di Golden State.


E così, dopo il primo italiano campione NBA (due anni fa Marco Belinelli, che all’All Star Game può anche vantare due apparizioni alla gara del tiro da tre punti peraltro vinta nel 2013), il basket italiano manca un’altra grande soddisfazione: poco male, tutto sommato, per Danilo, che ha ora nel mirino i playoff (Denver deve fare la corsa su Portland, Utah e Sacramento, con un occhio nello specchietto retrovisore per New Orleans che sta andando troppo male rispetto al potenziale) e, a seguire, avrà il dovere di trascinarci a Rio 2016 nel Preolimpico di Torino. Lì il Gallo dovrà “cantare” più di tre volte...
Le "stelle" azzurre Danilo Gallinari e Marco Belinelli (Corriere dello Sport)

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