Catenovirus 8: L’ultimo dei Manculicani
Il ventriloquo José Luis Cateno ridotto al silenzio (stampalibera.it) |
Ci mancherà, comunque vada. Anche se Corvo Rockefeller Basile dovesse vincere al primo turno e lui, José Luis Cateno, dovesse parcheggiarsi come presidente, anzi come sìnnico del Consiglio comunale per non perdere il ritmo delle cazzate prima di riprendere la Trattativa (quella per un assessorato regionale, cos’avete capito?), niente sarà più come prima. Perché altro che burattinaio – che tu sia dannato, IlMaxFactor calunniatore! – la verità è che non sarà più lui a comandare: l’altro giorno ha persino dato a Basile il permesso di andare da solo in rosticceria a prendere i rustici per il compleanno della figlia, dove andremo a finire?
Il kit del candidato Federico Basile |
Epperò fidatevi: noi mancheremo a lui più di quanto lui a noi. Riformulo per gli elettori di Cateno che con tutti questi pronomi personali sono andati in buffering: l’astinenza dal potere, dalle dichiarazioni roboanti e dalle sparate inenarrabili, dagli insulti scagliati alla cieca, anzi all’ubbisca, dal sessismo e dalla volgarità usata al posto delle virgole lo sta già uccidendo. Cateno, che è persona intelligente, ha capito questo concetto prima di tanti altri: anche in politica, se non appari, se non imperversi sui social, se non insulti, se non fai discutere, se non cavalchi le polemiche, non esisti. Volete una dimostrazione? Negli ultimi giorni, dopo essersi reso finalmente conto che non può mandare in giro Rockefeller perché sì, ok, ha imparato a fare proclami senza niente sotto e a polemizzare sarcastico con “quelli che c’erano prima” (ma prima prima, sia chiaro), però cazzo, anche nei confronti con gli altri candidati non insulta nessuno – insomma, non ha capito che se dici una balla devi rafforzarla con almeno un colpo di “stronzo” o di “troia”, esplicito o implicito; non sa nemmeno fare il gioco di parole del pompino sanfratellano! – a quel punto Cateno ha deciso di riprendere in mano la situazione e, dopo aver visto la folla per Giuseppe Conte a piazza Municipio che a momenti finiva a mare perché non sapevano più dove metterla (quando lui per far sembrare che a piazza Duomo ci fossero più di sette persone ha dovuto utilizzare effetti speciali che Dreamworks lèvati), si è inventato “Cateno contro tutti”.
Ora, io lo so che quella è una
parodia e che, prima di allora, il titolo “X contro tutti” era stato usato nel
cinema epico, dai peplum ai film di supereroi, soprattutto
nei sequel; ma Vostro Onore, non può all’elettore medio non venire in mente
Fantozzi contro tutti. E se per ventura De Luca... scusate, Basile dovesse
vincere cosa farà, “Cateno colpisce ancora”? “Supercateno”, che sembra il nuovo
rap di Piotta? “Cateno Diabolicus”? Ma è chiaro che il comizio a piazza Duomo dove
aspetta “i suoi calunniatori”, al di là del tono vagamente minaccioso, non è
altro che un modo per tornare sotto i riflettori, al centro della scena, per
sbloccare l’impasse che lo costringe
a mangiare panini con la mortadella in qualunque negozio da dove gli lanciano
un boccone perché senza essere, sentirsi, farsi chiamare issìnnico sta deperendo e quindi deve mantenersi in forze.
A proposito di questo, volevo scrivere qualcosa di spiritoso sul fatto che aveva posteggiato in doppia fila davanti (ovviamente) a Famulari l’ormai famigerata Opel Corsa rossa sulla quale sta facendo campagna elettorale, e in particolare su come – una volta beccato – aveva scaricato la colpa sull’autista, e attraverso la ricerca di Google ho recuperato il post di Facebook nel quale questo bambino preso con le mani nella marmellata scrive: “Bravo Luciano! Oggi verso le 19:15 Mi hai lasciato dai Fratelli Famulari per qualche minuto posteggiando la macchina in doppia fila ma il consigliere marito dell’aspirante amministrativa dell’ospedale Papardo ti ha beccato e da domani non guiderai più la mia macchina. AAA CERCASI AUTISTA MENO DISTRATTO PER QUESTI QUATTRO GIORNI DI CAMPAGNA ELETTORALE!”. Che è un post esemplare dal punto di vista della comunicazione: la colpa è veniale (qualche minuto), soprattutto è di altri (l’autista distratto che viene “licenziato”, perché Cateno quando si tratta di rispettare le regole non transige), e per spostare l’attenzione dall’accaduto il consigliere che ha diffuso la foto è “marito dell’aspirante amministrativa dell’ospedale Papardo”, come se questo lo rendesse automaticamente un nemico degli arancini di Famulari. Chapeau, quindi. Ma non mi ero accorto che quel diavoletto di Google mi aveva sì proposto in cima alle ricerche la pagina Facebook di Cateno, ma la versione in malese. Quindi con i testi nella lingua originale (stavo per scrivere “in italiano”, vabbè) ma con i tag in malese. E sapete come si dice in malese “mettere il like”, ovvero la cosa che rende Cateno felice più di qualsiasi altra? “Suka”. Giuro, qui c’è il link: https://ms-my.facebook.com/catenodeluca. Beh, ho messo il like.
Metti anche tu un like in malese a Cateno |
Dice (ma chi lo dice?): però non è giusto,
parli male solo di Cateno e non degli altri candidati a sindaco. Rispondo con
ordine: 1) io non parlo MAI male di Cateno; 2) è Cateno che deve decidere se è
candidato o meno, perché o il candidato è lui e Basile un pupazzo (e allora ci
sta che sia lui a fare i comizi in piazza, basta dirlo) o il candidato è Basile
e allora non puoi andare in giro a dire “è come se fosse la mia persona” quasi
dovessi fargli fare lo sconto da un negoziante che conosci; 3) cosa mai puoi
dire di male su Melatonina De Domenico? O di bene? Cosa mai puoi dire se è
impossibile già arrivare sveglio alla fine del suo spot elettorale? 4) e su
Beppe Piccolo Croce? Cosa gli vuoi dire, che non è all’altezza, così scivoli
facile facile nel body
shaming? Invece di
ringraziarlo perché per il comizio di chiusura ha portato Anna Tatangelo, che
non avrà il carisma di Dàffine e le
cui canzoni mi fanno sanguinare le orecchie, ma nel frattempo gli occhi non si
lamentano proprio? E pure con l’opening act di Samuel Storm, perché la nuova destra è democratica
e inclusiva? Suvvia, questi non sono veri personaggi. Nessuno dei tre, anzi
nessuno dei cinque candidati a sindaco lo è; l’unico che un po’ si avvicina,
per quello che ho sentito, è Salvatore Todaro, detto Johnson&Johnson per il
capello fluente e le posizioni no vax.
Ci sono però alcune eccezioni fantastiche tra i candidati al consiglio
comunale: se la truppa di De Luca-Basile da questo punto di vista è piuttosto
deludente (Basile in foto con De Luca, i candidati a presidente di Quartiere in
foto con De Luca e Basile, per tutti lo slogan comune “Andiamo avanti!” e la
stessa grafica, tanto che secondo me Cateno ha pure fatto la cresta su
manifesti e santini...), due spot di candidati delle liste di Melatonina mi
hanno folgorato.
Il volantino di Confuso e Felice Calabrò |
Il primo è quello di Felice Calabrò del PD, titolare della più grande trombatura della storia repubblicana quando, candidato sindaco nel 2013, mancò la vittoria al primo turno per 69 voti (fermandosi al 49,94%) per poi perdere netto al ballottaggio contro Renato Accorinti. Che l’incazzatura sia ancora fresca si vede dai primi fotogrammi: faccia rraggiata e per presentarsi una tirata che inizia «Sono stato candidato a sindaco, non tagliai il traguardo per un pugno di voti... e sapete come andò a finire». Ebbene sì, Confuso e Felice si è scordato che andò a finire con la vittoria di quelli che oggi sono i suoi alleati nella coalizione di centrosinistra, gli accorintiani di Coalizione Civica. Ma poi, perché lo dice come se fosse ancora incazzato con noi che allora non lo abbiamo votato? Se la prenda con il legislatore, che nel 2016 ha abbassato al 40 per cento la soglia per vincere al primo turno nelle Amministrative siciliane; se ci avesse pensato prima, lui sarebbe stato il sindaco PD espresso da Genovese... ma poi Genovese sarebbe passato a Forza Italia e voglio vedere se Confuso e Felice avrebbe potuto scegliere di restare nel centrosinistra senza subire una mozione di sfiducia. Ma per carità, sono io ad essere malupinsanti.
Una puntata di Casa Vianello in salsa messinese (Facebook) |
L’altro spot, anzi l’altra campagna degna di nota è quella dell’affermato duo comico formato da Mariella Valbruzzi e Daniele Ialacqua, coppia nella vita e sul palcoscenico, lui ex assessore della giunta Accorinti e lei candidata al consiglio comunale proprio con Coalizione Civica: facile pensare a Casa Vianello, lei potrà anche somigliare a Sandra ma lui nel ruolo di Raimondo, con quella parlata, è più credibile come Burrascano. Il primo spot vede il “dinamico duo” recarsi a Mortelle nella vana ricerca di una spiaggia libera, con Ialacqua che – dopo aver trovato tratti interi di spiaggia demaniale recintati – cerca di convincere la compagna ad andare in un lido. Lei però è irremovibile: «Basta, io chiamo il sindaco, deve togliere questo scempio». E lui, con la faccia di chi ne ha viste tante come Rutger Hauer nel monologo di Blade Runner: «Ma cosa chiami che si è dimesso, per fortuna...». Il secondo spot è altrettanto geniale: Sandra chiede a Raimondo se ha finito il foglio Excel con le risposte di tutti gli elettori contattati, lui davanti al pc (che sarà spento) farfuglia che macché foglio Excel, ha fatto un elenco... E insomma, tolti i “no”, i “forse” e divisi per tre i “sì” – regola aurea – il totale ammonta a 23 voti. Non si vede nelle riprese, ma pare che Mariella Mondaini abbia scalciato le coperte per tutta la notte. Che barba che noia.
Insomma, tutto sommato anche questa
campagna elettorale – con i vari Nino Nobel Germanà, Dafne detta Dàffine,
Minutoli detto Macs e Sergio Eburnea detto Stratosferik dei quali abbiamo
parlato nei giorni scorsi – qualche nota di colore, qualche momento di allegria
ce li ha regalati. Come non pensare a Salvatore Sorbetto che cerca disperatamente Cateno nella munnizza, o che lo invoca mentre tira la catenella del gabinetto? Il consigliere uscente è il vincitore assoluto di questa campagna elettorale: basti pensare che Cateno, quando vuole sentirsi raffinato, guarda i suoi video. Ma già oggi niente è più come prima. Se questo commerciante
pakistano – sì, ero indeciso se definirlo venditore di tappeti o venditore di...
fumo – si fosse ricandidato invece di darsela a gambe per evitare che la Corte
dei Conti venga a chiedergli indietro i soldi del piano di riequilibrio fino a
casa, allora sì che ci saremmo divertiti: altro che casinò a Palazzo Zanca,
tram volante, aspiracacca e droni, avrebbe tirato fuori dal cilindro qualche
coniglio fantastico. E poi lo avrebbe mangiato nel pane. Perché Cateno è unico,
è l’ultimo della sua specie: l’ultimo dei Mohicani, anzi l’ultimo dei
Manculicani.
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