Poz è tornato, arrendetevi!
E
così, eccovi qui. Tutti increduli, tutti travolti dal “ciclone” Pozzecco al
quale è bastata una sola giornata per devastare il campionato di serie A e
l'intero basket italico. Tutti a bocca aperta davanti a quell'esultanza folle,
incontrollabile, “ignorante” direbbe qualcuno, dopo la vittoria nel derby del
destino, quello contro Cantù all'esordio sulla panchina di Varese. Eccovi tutti
a chiedervi: ma ci è o ci fa? E c'è sostanza – sostanza tecnica, qualità come
allenatore – dietro lo show che ha regalato ai tifosi biancorossi e alle
telecamere di RaiSport, o si rivelerà un bluff? D'altra parte, da giocatore non
è mai sembrato uno così accorto tatticamente...
L'esultanza di Pozzecco (cantunews.it) |
Ecco, basta. Finitela. Anche la
protesta per l'arbitraggio dopo la sconfitta in un'amichevole di preseason,
che pure aveva fatto sollevare più di un sopracciglio “coronato”, prendetela –
se potete – per quello che è: l'espressione di un amore talmente grande e
incondizionato per il basket da rendergli letteralmente impossibile tacere su
qualcosa che non è andato, che magari dal suo punto di vista ha rovinato una
bella partita. Una cosa che, alla lunga, farà persino bene al nostro basket.
Faccio un po' il fenomeno: a noi che lo
conosciamo, che oltre ad averlo ammirato in azione da giocatore – in quell'ultima,
fantastica stagione della sua altrettanto fantastica carriera – abbiamo seguito
i suoi esordi sulla panchina, sempre a Capo d'Orlando in serie A2, viene solo
da dire che ancora non avete visto nulla. E che farete bene ad essere
preparati: vi sembra eccessiva l'esultanza di domenica scorsa? Non avete idea
di quello che sarà capace di fare quando perderà. Non vi è piaciuto
l'atteggiamento in conferenza stampa nell'occasione precedente? Tranquilli,
quando sarà il momento non dovrete nemmeno chiedergli se pensi di aver
sbagliato qualcosa, perché sarà lui a parlare di questo con un'onestà che si
ascolta poche volte nel mondo dello sport, specie quando la pressione è tanta.
E soprattutto, farete bene ad essere preparati a non annoiarvi mai dopo il
quarantesimo.
L'anno scorso, tra la diffidenza
generale – quanti “soloni” pontificavano ad inizio stagione: è pazzo, è
antipatico e con il suo atteggiamento rende antipatica anche la squadra, finirà
per danneggiare Capo d'Orlando – è arrivato in finale per la promozione,
propiziando il successivo ripescaggio arrivato quando già, tra le lacrime
(anche qui: non illudetevi, ne vedrete tante e saranno sempre sincere), aveva
scelto di tornare a Varese dove è una spece di genius loci, l'uomo della
stella, dove è addirittura venerato e dove, come a Capo – e qui forse iniziate
a capire la sua intelligenza, la sua lucidità: altro che pazzia! – tutto gli è
permesso.
Aveva, in tutta onestà, una squadra
molto buona: quintetto atletico e di talento, un go-to guy come Mays, la
scoperta Archie (scoperta di Peppe Sindoni, ovviamente) e, a mettere una pezza
quando gli americani o i giovani andavano fuori giri, un trio di “vecchioni”
terribili come Basile, Soragna e Nicevic che gli hanno risolto non poche
situazioni complicate. La squadra però ha giocato quasi sempre un buon basket,
fatto di difesa – difesa! – e transizione, ha avuto vuoti mentali praticamente
in tutte le partite ma quasi tutte le ha portate a casa. Per la disperazione
dei “soloni”. Ecco, se posso darvi un consiglio non iscrivetevi in questo
novero: non so dove possa arrivare Varese (che è una buona squadra, certamente
da playoff), ma sono pronto a scommettere che alla fine di questa stagione
tutti lo vorrete come allenatore della Nazionale, tutti vorrete che ci porti alle
Olimpiadi. Andrà così, sicuro come l'esultanza, le lacrime, le sparate. Poz è
tornato. Arrendetevi.
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