Europei: non sparate sull'Italia, "buddaci"

La conferenza stampa post Germania di Antonio Conte (youtube.com)
Onestamente: siamo proprio italiani. Se volessimo applicare in maniera estensiva al Belpaese una categoria tipica del messinese, almeno calcisticamente siamo un po' tutti "buddaci". E i repentini cambiamenti d'umore e d'opinione sulla Nazionale di Antonio Conte ne sono la prova.
Onestamente: alzi la mano chi, prima degli Europei in Spagna, si sarebbe mai sognato di vedere l'Italia primeggiare nel girone, affondare il Belgio numero 1 del ranking Uefa e, negli ottavi di finale, demolire la Spagna campione in carica prima di far soffrire maledettamente nei quarti la Germania campione del mondo, inchinandosi solo ai rigori. Nessuno, anche perché una Nazionale che partiva con l'addio di Pirlo e le defezioni di Verratti e Marchisio a centrocampo (e che nella partita decisiva si è trovata anche senza Candreva, De Rossi e Thiago Motta), un attacco povero di blasone e il solo, immenso punto di forza della difesa bianconera, non poteva certamente scatenare fantasie selvaggie nei tifosi.


Quando Balotelli tirava uno "scadabagno" a Neuer spedendo l'Italia in finale agli Europei
Onestamente: al di là delle assenze e degli "angeli caduti" (non dimentichiamo che, a voler fare un discorso esclusivamente tecnico, la nostra stella agli Europei sarebbe dovuta essere Mario Balotelli), se ti presenti con quattro titolari come Giaccherini, Parolo, Eder e Candreva che solo cinque anni fa retrocedevano col Cesena - dove in precedenza aveva fatto panchina il tuo centravanti Pellè - hai bisogno di trovare dentro di te, in un gruppo solido e coeso, in un allenatore con l'ossessione della vittoria, il tuo valore aggiunto.

Onestamente: questa Italia ci è riuscita. E' stata aggressiva fino al parossismo, tatticamente perfetta per tutto l'Europeo, ha saputo soffrire di fronte a squadre tecnicamente più dotate (e sì, alla fine è stato proprio il tasso tecnico modesto a penalizzarla) e si è fatta amare dai tifosi per quella voglia di vincere, di non arrendersi, di dare tutto che è un chiaro marchio di fabbrica del suo allenatore.


Giampiero Ventura con il "Gallo" Andrea Belotti (gazzetta.it)
Onestamente: non sbaglia chi ha visto proprio nel nuovo tecnico del Chelsea il nostro fuoriclasse. E a posteriori lascia un po' di amarezza quell'addio deciso mesi fa, quella porta chiusa a un'era-Conte auspicabilmente ricca di soddisfazioni e risultati che l'Antonio è parso voler riaprire nella conferenza stampa post partita. Uno spiraglio, nulla più. Toccherà ora a Giampiero Ventura riallacciare i fili, decidere se continuare con il rinnovamento generazione o affidarsi ai "senatori" fino al Mondiale (d'altra parte, che alternativa si vede al blocco Juve in difesa?), di certo sarà un'Italia diversa anche se potrebbe comunque partire con la retroguardia a tre. Ventura ama un gioco offensivo e lancerà giovani rampanti come Belotti e Berardi, ma non sarà facile non far rimpiangere quello che i tifosi bianconeri chiamano ancora "il Capitano".


Simone Zaza e Graziano Pellè (ansa.it)
Onestamente: prendersela ora con Zaza e Pellè, o con lo stesso Conte che ha fatto entrare lo juventino proprio per tirare quel rigore, è da "buddaci". Così come dire che Insigne sarebbe dovuto entrare prima. L'Italia ha contrastato una Germania che in questa fase storica, oltre allo strapotere fisico, ha anche un tasso tecnico nettamente superiore facendo ricorso a tutte le sue armi, a tutte le sue energie. Ha lottato alla pari - lasciate fottere le percentuali di possesso palla, siamo pari come occasioni da gol e le più chiare le abbiamo avute noi - e ha perso non solo per gli errori di Zaza e Pellè, ma anche per quelli di Darmian e Bonucci che invece non hanno fatto scene madri sul dischetto. E ha perso perché, dopo gli errori di gente come Ozil e Schweinsteiger, ha avuto tre chances di vincere ma i crucchi hanno indovinato tre rigori perfetti, tutti peraltro sfiorati da un fantastico Buffon.

E allora, onestamente, diciamolo: siamo usciti dall'Europeo solo per sfortuna, il resto non conta. A parte le lacrime di Buffon e Barzagli, il dolore di Conte, l'immagine di un gruppo forse irripetibile ma che ci ha ricordato, una volta di più, che è proprio quando siamo gli "underdog" che gli avversari devono aver paura di noi. Anche i fortissimi crucchi.
Le lacrime di Andrea Barzagli (gazzetta.it)

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