lunedì 18 maggio 2020

Catengers: Endgame, l’ultima avventura di Cathanos


Cathanos mostra il suo Guanto dell'Infinito con incastonate le gemme del Nisi
L’ultima diretta Cateno non la voleva proprio fare. Beh, c’è da capirlo: lontano dalle telecamere gli manca l’aria, si sa, non può farne a meno. Ma dopo che tutti gli avevano voltato le spalle – Giletti, la D’Urso, persino Mattino Cinque dove un «presunto giornalista» lo ha preso per cretino in fascia protetta – mentre anche il fronte dei suoi “piccoli fans” si sfaldava e perdeva adepti (che lui misura in visualizzazioni, precipitate da decine e decine di migliaia alle poco più di mille degli ultimi giorni), e soprattutto con la necessità di disintossicarsi (dallo stress, dalle critiche, dalla campagna elettorale per la Regione: cosa avevate capito?), tra le lacrime per la focaccia alla cipolla mangiata al COC, circonfuso da un’aura di luce accecante, in mezzo ai cori da chiesa dei suoi fedeli, Cateno ha concluso la sua esperienza terr..., scusate: televisiva.

Certo, prima di arrendersi Cateno ha venduto cara la pelle. Con due estremi, e quasi commoventi, colpi di reni: il “passaporto dei fidanzati” e l’ingresso al Cimitero in ordine alfabetico. In qualche modo, a qualunque costo – si sarà detto – devo tornare in tv. “Bene o male purché se ne parli”, diceva il mio maestro Goebbels (o Napoleone, o forse Oscar Wilde che però era culattone e quindi l’esempio non vale).

L'ultima invenzione di Cateno: il telo da mare rotondo
Prima, ad onor del vero, ci aveva provato con il telo da mare modificato per il distanziamento sociale: rotondo, con al centro un cerchio più piccolo nel quale il bagnante deve stazionare per restare a un metro dal resto della spiaggia. Solo che somigliava a un bersaglio e, quando ha visto avvicinarsi minaccioso e con le mitragliette armate uno dei droni di Gabriel Valentino Versaci Ferrè Renato Balestra – sì, le mitragliette di questa Duna dei cieli in realtà sono balestre – Cateno si è dato alla fuga come il signor Giancarlo della Ruota della Fortuna inseguito dalle Amazzoni. Poi, però, si è accorto che forse si era confuso.

In quel momento si è compiuto il destino di Cateno. Il nostro supereroe ha capito che il suo compito non era semplicemente fermare il Coronavirus e far diffondere il Catenovirus, un’epidemia di qualunquismo e populismo che doveva portarlo a Palazzo d’Orleans. No, il suo obiettivo non era inseguire una Renault 4 sgangherata per tutta la Sicilia, mettere in strada macchine col megafono che strilla «Dove c…o vai?» alla gente che passeggia o «Iò rustu a casa pi c...i mei» per santificare la Pasqua, atteggiarsi a Mussolini agli imbarcaderi mentre terrorizza i pendolari e fa finta di niente sugli sciatori, organizzare missioni suicide a Fiumedinisi per prendere le uova e le lattughe di mammà. Niente di tutto questo: il suo destino era quello di Thanos, e questo il suo Endgame. La resa dei conti, lo scacco matto alla città di Messina e all’universo.

Ebbene sì, ora possiamo dirlo: il piano di Cathanos era identificare le coppie di fidanzati mezzosangue (preferibilmente lui messinese e lei calabrese, come ai bei tempi dell’Università negli anni Ottanta e Novanta) e poi sterminarne la metà utilizzando il suo personalissimo Guanto dell’Infinito, che al posto delle gemme ha incastonate uova e lattughe di Fiumedinisi. A quel punto, sarebbe bastato lo snap, lo schiocco di dita, e Messina sarebbe diventata una cittadina di centomila abitanti con una quantità di case sfitte dove trasferire i baraccati, negozi liberi per incentivare l’imprenditoria, organici della Pubblica amministrazione dimezzati da rimpolpare assumendo gli amici, gli amici degli amici e i conoscenti degli amici degli amici. Ma soprattutto, Messina sarebbe diventata una cittadina di centomila abitanti senza calabresi.
Cathanos schiocca le dita e stermina i calabresi

L’unico problema è che Cathanos non voleva sterminare i suoi elettori – non si sa mai, le Regionali sono così vicine... – ma i numeri in picchiata delle sue dirette lo hanno gettato nel panico: per eliminare tutti quelli che, dopo tante sparate, non gli credono più avrebbe dovuto fare una carneficina. Il che avrebbe poi comportato assembramenti al Cimitero, soprattutto con l’ingresso regolamentato in ordine alfabetico. Dove conta il cognome del maschio, sia chiaro: che è ’sta cosa della parità? Insomma, un ultimo tentativo di ritornare sulla scena mediatica, di farsi intervistare da babbaradurso e nonègiletti, di prendere anche qualche insulto pur di riconquistare il suo elettorato al grido di «E’ un bravo sinnico e difende i suoi concittadini» (però i suoi concittadini, se è vero quanto ha affermato sulla residenza, non sono i messinesi ma i ciuminisani).

Ma non ha funzionato. Perché Tony “Iron Man” Starkonte e Nelluzzu “Thor” Musumeci hanno sfoderato le loro armi più potenti – decreti e ordinanze legittimi, un gadget al quale Cathanos ha sempre aspirato ma che non è mai riuscito a raggiungere – e lo hanno distrutto. Solo, stanco, sconfitto, ormai inutile con la riapertura vicina, Cathanos ha smesso di strillare e si è ritirato nella Valle del Nisi per ricaricare le batterie e preparare un altro attacco da lanciare con l’inizio dell’estate. Lo rivedremo? Sicuramente sì, ma non sarà più lo stesso. E fa niente se non ci mancherà.

L'account di Salvatore Sorbetto sospeso da FB (letteraemme.it)
P.S.: Prima dell’Endgame di Cathanos avevo preparato un pezzo sulla guerra impari tra il consigliere Salvatore Sorbetto e il liberticida Mark Zuckerberg, che ha sospeso da Facebook il... dolce rappresentante del popolo (non sarà un caso se in dialetto si dice duci) a causa della profusione di merdate che aveva in più occasioni spammato sui social: da Pertini alle risposte ai commenti infarcite di «suca» fino al necrologio per “Sua Eccellenza” Benito Mussolini, «il più grande statista che l’Italia abbia mai avuto» (parole sue, solo a trascriverle mi ha preso fuoco Word). Un’escalation di trollismo che gli è costata, alla fine, l’oscuramento per un mese dell’account.

Un’ingiustizia, ovviamente; un provvedimento antidemocratico che limita la libertà di espressione di un raffinato esponente politico che si è sempre segnalato per l’acribìa e l’accuratezza della sua analisi. Certo, ho sentito Bombolo affermare cose molto più sensate, ma probabilmente è perché sono comunista. (Almeno, questa sarebbe la lucida lettura del consigliere Sorbetto.) E se è vero che in principio era il San Daniele, e il San Daniele era presso Zuccarello, e il San Daniele era Zuccarello, visto che ormai il consiglio comunale è alla frutta, anzi al... dessert, un Sorbetto ci voleva proprio. E quindi Voltaire, e non la penso come te ma sono pronto a dare la vita... Insomma, tutte ’ste cazzate che ci hanno rovinato perché ora parla e straparla veramente chiunque.
Il nostro eroe imbavagliato da Zuckerberg (letteraemme.it) 

Tra l’altro, avete idea di quanto sia difficile far sospendere un account da Facebook? Io ci ho provato diverse volte, segnalando dei troll che insultavano le donne, i negri, gli ebrei, i gay, i comunisti o tutte queste categorie insieme come nell’Avvelenata di Guccini, e la risposta di casa Zuckerberg è stata sempre la stessa: «il post non viola la policy di Facebook». Apparentemente, infatti, niente al mondo può violare la policy di Facebook. Tranne la foto di una mamma che allatta il figlio neonato, s’intende.

Allora ho provato io a trollare pesantemente qualcuno, dando degli idioti agli elettori di Cateno che continuavano a difenderlo mentre il Nostro veniva sbugiardato ogni qualvolta apriva bocca: niente. Se l’è presa solo mia madre perché ho mancato di rispetto alle persone, anzi alla gggente. Come se da quelle stesse persone non avessi regolarmente ricevuto decine di insulti per le cose (vere) scritte su Cateno.

Finalmente, ho preso carta e penna (virtuale) e ho scritto personalmente a Zuckerberg: ho perorato la causa del consigliere Sorbetto e della libertà di espressione – sì, lo confesso, ho citato Voltaire e non la penso come te ma sono pronto a dare la vita... – accusando il social network di ignorare la becera propaganda dei Trump, dei Putin, degli Erdogan per prendersela con i peones come Salvatore Sorbetto, di essere forte con i deboli e debole con i forti (“tigre di carta” la definizione di Confucio), insomma ho tirato fuori tutto l’armamentario buonista e, incredibilmente, qualcosa ho ottenuto. Anche se non so se Sorbetto apprezzerà: Facebook riattiverà subito il suo account, ma per un anno lui potrà pubblicare la sua foto profilo soltanto a testa in giù.
La nuova foto profilo di Salvatore Sorbetto
CREDITS: 
© Giovanni Lupis per i fotomontaggi di Cathanos

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